Il tribunale turco di Smirne ha stabilito il rilascio e il via libera all'espatrio del pastore evangelico americano Andrew Brunson, che dall'ottobre del 2016 è stato al centro di una crisi diplomatica tra Usa e Turchia e di un'odissea giudiziaria con l'accusa di terrorismo.

Un gesto di distensione, quello delle autorità turche, che mette fine a due anni di detenzione del pastore evangelico, prima nelle carceri locali e poi agli arresti domiciliari per motivi di salute, e che viene ufficialmente attribuito alla buona condotta di Brunson durante il processo e al fatto di aver già scontato parte della pena, anche se la condanna a tre anni e 45 giorni di carcere non è stata formalmente cancellata.

E sulla vicenda, a cui si erano aggiunti i recenti attriti politico-economici tra Ankara e Washington, è intervenuto ieri anche il presidente americano Donald Trump, augurandosi il rapido rientro in patria del connazionale.

Brunson, originario del Nord Carolina, viveva in Turchia da oltre vent'anni, e si è sempre dichiarato estraneo alle accuse di avere legami con i militanti curdi del Ypg e in particolare con Fetullah Gulen, il predicatore turco in esilio negli Usa, considerato dal presidente Tayyip Erdogan la mente del fallito colpo di stato.

Ad accelerare la risoluzione del caso, però, potrebbe aver influito anche il riavvicinamento tra le diplomazie americana e turca sul caso del presunto omicidio del giornalista saudita Khashoggi, misteriosamente scomparso nell'ambasciata d'Arabia a Istanbul.

(Unioneonline/b.m.)
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