Trenta anni di Afterhours, Manuel Agnelli: «Dedicato a chi non ci conosceva»

Esce «Foto di pura gioia», l’antologia che celebra i 30 anni degli Afterhours (in attesa del live al Forum di Assago). «Vogliamo interessare soprattutto le persone che non ci hanno mai ascoltati», dichiara Agnelli. Tra porno e X Factor, ecco che cosa ci ha raccontato il giudice del talent
30 anni di Afterhours
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Nella vita e nelle «opere» di Manuel Agnelli, leader degli Afterhours da trent’anni e solo oggi – sì – anche giudice di X Factor ci sono molti prima e dopo. Prima le canzoni in inglese, poi in italiano. Prima – per un periodo breve - i capelli corti, poi la chioma fluente (che è diventata la sua cifra). Ma, soprattutto, c’è proprio un prima e dopo X Factor: la partecipazione al talent di Sky, cominciata nel 2016, da un lato ha scioccato i fan più ortodossi, dall’altra ha fatto conoscere, forse per la prima volta, Manuel Agnelli al «grande pubblico» (più di quanto non avesse fatto Sanremo).

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Ed è forse soprattutto a questo pubblico che si rivolge Foto di pura gioia, l’antologia in uscita il 17 novembre che celebra i 30 anni degli Afterhours e che, in quattro dischi, raccoglie 76 tracce che hanno fatto la storia del gruppo rock italiano (più un libro racconto di 150 pagine).

«Con questa raccolta vogliamo interessare soprattutto le persone che non ci hanno mai ascoltati», ha dichiarato Agnelli presentando il progetto. Agnelli, uno che prima dice «io i film porno li guardo sempre dall’inizio alla fine, ci sono trame bellissime», che ricorda di quando «mi aveva lasciato la mia ragazza e mi ammazzavo di canne», e che una frazione di secondo dopo riflette: «I social hanno dato la possibilità di dire a tutti che cosa pensano ma senza dare loro la responsabilità di quello che dicono».

Manuel Agnelli, racconti sui capelli
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Nonostante io faccia musica da trent’anni, arrivato a <em>X Factor</em> non ero nessuno, nessuno mi conosceva: non avevo mai riempito Wembley, che ca***o ci stavo a fare lì

Insomma: con lui, anche una «ordinaria» conferenza stampa per la presentazione di un album riesce a trasformarsi in un incontro interessante.

CARMEN CONSOLI. «Per rifare Bianca (il primo singolo dell’antologia uscito a fine ottobre, ndr) cercavamo qualcuno che fosse più o meno della nostra generazione, ancora presente sulla scena, e che avesse alle spalle un percorso simile al nostro. Ce n’eran tantissimi, ma Carmen avrebbe dato alla canzone un tocco di eleganza in più, tipica della sua voce: una voce “antica”, forte, riconoscibile», ha raccontato Manuel.

FOTO. Sulla copertina dell’antologia campeggia un ritratto «vintage» di Manuel Agnelli bambino, sguardo corrucciato e mani su una fondina. Sul retro, sempre Agnelli, adulto, punta una pistola. «La prima foto me l’ha fatta mio padre tornato da un viaggio in Africa. Mi regalò questo cinturone con la pistola perché ero fan dei film western e io mi misi in posa con lo sguardo da duro. L’ho ritrovata un po’ di tempo fa e mi ha molto emozionato: è la foto che ha ispirato Quello che non c’è, dove canto proprio “ho questa foto di pura gioia / è di un bambino con la sua pistola”, un disco dove vado a ritrovarmi dopo un periodo di crisi. È una foto molto importante per me. L’immagine sul retro è la sua evoluzione… o involuzione, se vogliamo. Si rifà al periodo di Germi (il terzo disco degli Afterhours uscito nel 1995, ndr), quando abbiamo iniziato a picchiare duro».

L’ITALIANO. «Non avevo mai avvertito la necessità di cantare in italiano prima di farlo. L’italiano non mi dava ispirazione. Poi quando altri hanno insistito mi sono forzato e l’ho trovato sensato. In quegli anni (prima metà dei ‘90, ndr) ci siamo resi conto che c’era un pubblico che stava cambiando ed era giusto cominciare a parlarci. Dopo avere iniziato abbiamo scoperto che era una figata».

LIVE. Il 10 aprile, al Forum di Assago, ci sarà l’evento che chiuderà i festeggiamenti dei trent’anni di carriera della band (unica data del 2018). «Durerà perlomeno tre ore, ma più che suonare tutti i pezzi cercheremo di impostare una scaletta “ragionata” che ripercorra i momenti più importanti del gruppo. Avremo molti ospiti, soprattutto ex Afterhours. Non sarà però uno spettacolo: sarà un concerto, vero, come quello che ha fatto Nick Cave pochi giorni fa a Milano. Un concerto “all’antica”, una messa blues con un contatto fisico col pubblico. E dove c’era un silenzio meraviglioso, non quel chiasso pornografico che si sente oggi ai concerti».

PORSCHE: «Cosa ci manca ancora dopo tutti questi anni? La Porsche!», ride Agnelli. «C’eravamo andati vicino, ma siamo ancora dei puzzoni…».

RADICI. «Ricordare da dove vengo è molto importante per me», racconta Agnelli. «Nella sua autobiografia, Springsteen racconta che nei momenti di crisi prende la macchina e guida verso casa di suo padre. Io pure ho sempre fatto così… già prima che lo raccontasse Springsteen. È una cosa che mi aiuta a ricordare che sono sempre esistito, anche prima del momento di crisi, che avevo un senso ed ero felice. La mia infanzia, ad esempio, è stata molto felice».

RODRIGO. Rodrigo D’Erasmo è il violinista della band da dieci anni soltanto. Eppure, lui, questo anniversario lo affronta comunque con orgoglio: «I primi due, tre anni, sì, lo ammetto, ero un po’ geloso. Quando si parlava di tour americano, di ricordi, un pochino rosicavo. Oggi non più, oggi sono solo orgoglioso: con gli Afterhours ho vissuto dieci anni straordinari, che non sarebbero mai successi senza i venti precedenti», dice.

TELEVISIONE. «Per me andare in tv è stata una scoperta», racconta Agnelli. «Per esempio, ho scoperto che la mia generazione ha passato molto poco alla generazione successiva. Nonostante io faccia musica da trent’anni, arrivato a X Factor non ero nessuno, nessuno mi conosceva: non avevo mai riempito Wembley, che ca***o ci stavo a fare lì? All’inizio è stata dura. Poi ho capito che anche esserci, lì, era un messaggio: ero la dimostrazione che si può esistere anche fuori dalla televisione. Che la vita può essere sensata anche lontano da lì. Noi, finora, siamo esistiti anche senza tv».

TRANSUMANZA. «Io ho due anime: una ereditata da mia madre, che era una profuga istriana, dunque di carattere “nomade”. E una che viene da mio padre, legato alla famiglia e alle tradizioni, ai pranzi di Natale con duecento persone. Per non diventare matto vado a periodi: un po’ sto sempre con la valigia in mano, un po’ divento stanziale. Da quando sono padre tendo a esserlo sempre di più. Ogni tanto però la mia compagna mi guarda e dice: “Basta, andiamo via”. Io penso che presto ricomincerò il periodo della transumanza… la transumanza “ degli Agnelli” (ride)».

Manuel Agnelli su Vanity Fair n.34
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