I «crisis manager», professionisti dello scandalo

Sono dei consulenti: li si chiamano quando un singolo o un'azienda vengono travolti da uno scandalo e non sanno come gestire la comunicazione all'esterno né come salvarsi la reputazione
I «crisis manager» professionisti dello scandalo

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 14 di Vanity Fair, in edicola fino all'11 aprile.

In Pulp Fiction di Tarantino si chiamava Mr Wolf: risolveva problemi, anche ripulire una macchina dal sangue e dal cervello di un poveretto. Nella realtà è il «crisis manager» ed è un tipo particolare di consulente: lo si chiama quando un singolo – politici, sportivi, celebrity – o un’azienda vengono travolti da uno scandalo e non sanno come gestire la comunicazione all’esterno né come salvarsi la reputazione. Una figura professionale di cui, da Mark Zuckerberg a Trump, passando per Bill Clinton, in molti hanno avuto bisogno.

Dalla realtà allo schermoLa più famosa è Judy Smith: la showrunner Shonda Rhimes si è ispirata a lei per il personaggio di Olivia Pope in Scandal (nella foto, Kerry Washington, 41 anni). Tra i suoi clienti Monica Lewinsky, Wesley Snipes (accusato di frode fiscale) e la Sony, che l’ha assunta nel 2014 dopo lo scandalo delle mail hackerate. Molly Levinson è stata nominata «crisis manager of the year» nel 2017.A lei il merito di aver gestito la comunicazione dello scandalo noto come Pizzagate, la diffusione in rete di notizie false su un ristorante di Washington, Comet Ping Pong, di cui si diceva servisse da base per il traffico legato alla pedofilia in cui era stato coinvolto John Podesta, manager della campagna di Hillary Clinton.

Le tre regole d’oroLanny Davis, consulente di Bill Clinton tra il 1996 e il 1998, ha tre regole: «Primo, dire tutta la verità, ammettendo gli errori in modo specifico, scusarsi. Secondo, usare parole semplici, evitando il più possibile aggettivi e avverbi per non provocare risposte ciniche nell’ascoltatore del tipo “se è così estremamente dispiaciuto, perché l’ha fatto?”. Terzo, indicare la soluzione in modo specifico con una serie di azioni elencate per punti. Tutte cose che, per esempio, Zuckerberg non ha fatto, o ha fatto troppo poco e troppo tardi».

Il tempo è denaroPoiché il crisis manager viene retribuito su base oraria, è difficile calcolare quanto costi (dipende da quanto lunga è la «crisi»). Le tariffe all’ora vanno comunque dai 300 agli 850 dollari. Susan Tellem, che lavora a Hollywood con le celebrity e ha l’ufficio a Malibu, dice che dopo lo scandalo Weinstein il suo volume di affari è cresciuto del 70%.

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