«Studentesse, se un insegnante vi molesta, parlate»

La Procura di Roma ha aperto un’indagine per molestie su un insegnante del liceo Tasso, denunciato da tre studentesse, che mandava loro messaggi espliciti, con apprezzamenti e complimenti, su WhatsApp. Ne abbiamo parlato con un’esperta

Teenager upset by bullying on phone

Il mattino ascoltavano le sue lezioni di storia e di filosofia, nel pomeriggio ricevevano continuamente i suoi messaggi su WhatsApp, con apprezzamenti, complimenti, commenti sull’abbigliamento. Tre studentesse del liceo Tasso di Roma – due minorenni e una appena maggiorenne - hanno denunciato il loro insegnante, un cinquantenne, e la Procura ha aperto un’indagine per molestie: i messaggi, tutti inequivocabili, sono stati mostrati agli inquirenti. Il sospetto è che le vittime possano essere molte di più, e forse qualche altra allieva adesso potrebbe essere incoraggiata a denunciare.

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Quello del liceo Tasso non è un caso così isolato: nel 2014, in un altro liceo della capitale, un insegnante non risparmiava, alle sue studentesse, battute volgari come: «Potresti fare l’escort ad Arcore». O ancora: «Se vai in un centro anziani potresti funzionare da viagra». A Milano, un insegnante di storia dell'arte avrebbe approfittato del timore suscitato nelle alunne per palpeggiarle (e la docente di sostegno avrebbe invitato le ragazzine al silenzio). Nel 2015, un altro insegnante aveva approfittato della gita in Spagna per toccare, abbracciare e baciare le sue alunne. Anni prima, un docente, anziché le sue materie, spiegava il Kamasutra, con disegni espliciti alla lavagna, e faceva apprezzamenti alle ragazze.

In casi come questi, la molestia è aggravata dallo squilibrio di potere. «Come nel film North Country – la storia di Josey, con Charlize Theron, che interpreta la storia vera di una donna coraggiosa, vittima di soprusi – ci spiega Monica Lanfranco, formatrice sui temi della differenza di genere, che ha scritto (fra gli altri), Uomini che (odiano) amano le donne. Virilità, sesso, violenza: la parola ai maschi (Marea Edizioni) -. Lo mostrai in una classe, durante la mia attività di formazione, e un’insegnante esplose in una frase infelice: “Sai cosa ci vuole? Bastava una ginocchiata nelle palle”. L’emblema della sottovalutazione del problema dell’uso della sessualità come strumento di potere, nel lavoro, in società e anche nella scuola».

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Ma che cosa può fare una studentessa per difendersi senza rischiare ritorsioni?«Deve fare rete. La brutta esperienza della molestia può trasformarsi in vittoria, se le vittime di soprusi raccontano l’ingiustizia stanno subendo. Non è mai semplice: ci si sente soli, anche perché si sa che le altre potenziali vittime potrebbero sottrarsi. Ma si può diventare la scintilla per il cambiamento: è importante trovare il coraggio di farlo».

Con chi deve parlarne?«Con le persone di cui si fida: con le compagne, con i genitori, con un insegnante di fiducia. Bisogna fare emergere le responsabilità individuali senza vergognarsi, tenendo conto del fatto che questi problemi potrebbero riguardare chiunque. L’isolamento è l’humus dell’ingiustizia e dell’invisibilità: in ogni scuola dovrebbe esserci un punto di ascolto, possibilmente collegati con l’esterno, con realtà associative che combattono ogni tipo di violenza».

Può capitare che le alunne, temendo ritorsioni, cedano alle insistenze di un insegnante molesto?«Purtroppo sì: è un rischio concreto. Poco tempo fa ho parlato con una universitaria, una donna moderna, intelligente, che sorprendentemente si interrogava su come vestirsi agli esami: è un forte indicatore della nostra situazione culturale».

La scuola affronta il problema?«In quasi 20 anni di formazione nelle scuole superiori, dagli istituti professionali a licei, ho notato un’involuzione rapidissima della frequenza e della profondità con cui si parla di relazione e sessualità. Il risultato è che, come emerge da un’indagine che ho condotto su 1500 studenti maschi, tutti si “informano” sulla sessualità solo attraverso la pornografia. È un dato che fa riflettere sul ruolo degli adulti di riferimento. Inoltre, gli studenti intendono il loro corpo con “maggiore” rispetto a quello delle coetanee, e reputano che la loro sessualità possa essere più violenta solo perché sono maschi. Questo è un quadro in cui il problema delle molestie può essere facilmente sottovalutato».