Martin Luther King, 50 anni dopo: il sogno, la pace e la lotta per i diritti civili

Il 4 aprile del 1968 veniva assassinato a Memphis il reverendo, leader della lotta per i diritti civili negli Stati Uniti. Dal boicottaggio degli autobus a Montgomery alla marcia di Selma, storia di un uomo che ha cambiato la vita del suo Paese e la nostra
I have a dream. La lotta per i diritti civili degli Afroamericani
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«Non ricordatelo solo per il discorso, I have dream, Martin Luther King lottava per la pace e contro la povertà nel 1968, quando fu assassinato». Nadia Venturini è professore associato in Storia e Istituzioni delle Americhe all’Università di Torino e si è occupata negli anni in particolare di storia afroamericana e del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. A lei abbiamo chiesto di accompagnarci nel racconto della vita di Martin Luther King Jr., assassinato a Memphis, in Tennessee, il 4 aprile di 50 anni fa.

«Vedeva un legame fra il fatto che il Paese stesse gettando una quantità enorme di risorse nella guerra in Vietnam e non ne trovasse invece per gli strati più poveri della popolazione». King aveva l’animo e la spiritualità del pastore quale era e andava dove il dovere e la necessità lo chiamavano (i luoghi della lotta per i diritti civili sono stati uniti in un itinerario). A Memphis dove trovò la morte a neanche 40 anni e in ogni parte del Paese.

LE ORIGINIEra nato ad Atlanta, in Georgia, il 15 gennaio del 1929, ora nel primo mese dell’anno si festeggia la giornata a lui dedicata. Suo padre Martin Luther King Sr. era il pastore della Ebenezer Bapstist Church, sua madre Alberta Williams King un’insegnante. A 15 anni si iscrisse al Morehouse College, l'istituzione universitaria dove veniva formata l'élite nera americana. Quindi la laurea in teologia. Fu a Boston che incontrò la studentessa di conservatorio Coretta Scott che divenne sua moglie nel 1953.I due si stabilirono a Montgomery, in Alabama ed ebbero quattro figli, Yolanda, Martin Luther King III, Dexter e Bernice.

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IL BOICOTTAGGIO«Martin Luther King – spiega la professoressa Venturini - arrivò alla notorietà nel 1955 con il boicottaggio dei bus a Montgomery iniziato da Rosa Parks e il boicottaggio fu uno dei fattori che lo rese noto perché fu una modalità di protesta di rottura rispetto a quelle per decenni portate avanti dagli afroamericani. Erano state azioni condotte per via giudiziaria tramite ricorsi alla Corte Suprema. Quella fu un’azione diretta e spontanea che coinvolse tutta la popolazione afroamericana e andò avanti a lungo».

Aveva 26 anni King ed era al suo primo incarico come pastore. «Non aveva, a livello personale, alcuna aspettativa di diventare un leader politico. Il fatto che sia stato scelto come portavoce a Montgomery ha cambiato il corso della sua vita e le aspettative degli afroamericani nei suoi confronti».

IL SIMBOLOPerché Martin Luther King è rimasto come simbolo indiscusso della lotta per i diritti civili? «Sicuramente la morte tragica ha contribuito, ma c’erano stati altri leader locali uccisi in quegli anni. La sua grande notorietà è legata a più fattori. Era un uomo molto colto con un linguaggio che parlava anche ai bianchi a differenza di altri leader afroamericani. I media statunitensi gli hanno subito prestato attenzione». Cosa che non avevano fatto con altri rappresentanti del movimento.

A lui si unirono personaggi del mondo religioso e anche del mondo dello spettacolo. Harry Belafonte già nel 1956 partecipò a un concerto per raccogliere fondi, ma molti si sono avvicinati anche grazie alla notorietà di King. Joan Baez, Bob Dylan sono stati fra gli artisti non afroamericani a sostenere il movimento per i diritti civili. (Alcuni sono nella gallery in alto che riporta parte delle immagini della mostra aperta alla Casa di Vetro di Milano fino al 23 giugno: «I HAVE A DREAM. La lotta per i diritti civili degli Afroamericani. Dalla segregazione razziale a Martin Luther King» con foto di Library of Congress e National Archives and Records Administration, alle 21 del 4 aprile serata-evento con fotoproiezione della mostra con il commento del curatore a 10 euro).

GLI ANNI DELLE CONQUISTESolo con King, premiato con il Nobel, nel 1964, la questione dei diritti civili assunse rilevanza internazionale. Gli anni successivi furono quelli della notorietà di King, ma anche dell’evoluzione del movimento. «King non si può vedere come estraneo a un movimento che già esisteva e che trova con lui un portavoce che riesce ad attirare l’attenzione dei media. Il movimento si rafforza, trova maggiore attenzione politica e trova anche la collaborazione dei gruppi dei sit-in studenteschi guidati da John Lewis fra i protagonisti di Selma e tuttora alla Camera dei rappresentanti statunitensi».

La via scelta è quella del non violenza, della disobbedienza civile, delle marce come a Selma nel 1965, della manifestazione a Washington del 1964 in cui Martin Luther King, arrestato appena l’anno prima a Birmingham, pronunciò, davanti a 250 mila persone, il suo discorso più famoso: «I have a dream», io ho un sogno. Proprio in quel 1964 venne approvato il Civil Rights Act, la legge che poneva fine alla segregazione tra bianchi e neri negli Stati Uniti. Dell’anno dopo il Voting Rights Act che garantiva il diritto di voto a tutti i cittadini afroamericani.

IL 1968Il 1968 americano è violento, tragico. Il 16 marzo Robert Kennedy aveva annunciato la sua decisione di correre per le primarie democratiche (morì assassinato quella stessa estate) e il 31 il presidente Lyndon Johnson aveva detto che non si sarebbe ricandidato. King aveva detto che c’era bisogno di un nuovo esecutivo per porre fine alla guerra in Vietnam. A 4 giorni dalla sua morte c’era un clima di tensione, ma lui era in rotta con la politica da tempo.

«Esattamente un anno prima dell’assassinio aveva fatto un sermone contro la guerra che aveva portato a raffreddare i rapporti con il partito democratico. Era costantemente sorvegliato dall’Fbi che aveva infiltrato una persona fra i suoi collaboratori. Parlava della morte negli ultimi mesi e temeva per la sua vita».

Stava organizzando una campagna contro la povertà che doveva partire il 22 aprile. A Memphis da febbraio c’era uno sciopero dei netturbini, la fascia di lavoratori afroamericani più discriminati della società, partito dopo la morte di due operai. L’intervento di King venne chiesto quando il sindaco della città rifiutò ogni contatto con i sindacati. «Tutto il lavoro ha una dignità» è uno dei discorsi fatti nei due viaggi a Memphis. La vertenza fu risolta solo un mese dopo la morte di King pare addirittura con l’intervento del presidente Johnson.

L’ASSASSINIOFu ucciso da un colpo di fucile. Aveva 39 anni. Erano da poco passate le 18 del 4 aprile del 1968 e lui era sulla terrazza della stanza 306 del Lorraine Motel. Ad essere accusato del crimine fu James Earl Ray, quarantenne in fuga dalle prigioni del Missouri. Confessò il delitto e fu condannato a 99 anni di reclusione, poi ritrattò. La famiglia King ha sostenuto che l'omicidio fosse stato frutto di una cospirazione.

La persona che aveva sparato non fu fermata subito. «Non furono fatti subito posti di blocco, tutta l’attività della polizia venne incentrata al bloccare possibili rivolte che non ci furono a Memphis, ma in altre città quando arrivò la notizia della morte di King». Washington, Baltimore, Chicago furono messe a ferro e fuoco. Ci furono 39 morti. I funerali si svolsero ad Atlanta. Il feretro fu trasportato in un carretto di legno trainato da due muli della Georgia, un tributo alla lotta contro la povertà a cui stava dedicando l'ultima fase della sua vita.

COSA CAMBIA DOPO KING«Questa tragicità del ‘68 – spiega la professoressa Venturini - con la morte di King e Kennedy segna una svolta nella visione degli anni Sessanta che era inclusiva e progressista. Il contesto generale (il presidente eletto è Nixon) dopo il ‘68 penalizza il movimento e lo penalizza ancora di più la morte di King riferimento comune a livello alto. Negli anni Settanta cresce però il movimento a livello base. Crescono le organizzazioni delle donne, la sindacalizzazione. Un caso famoso è quello delle infermiere sottopagate perché di colore. Non è più un movimento di massa, ma è radicato sul territorio».

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Un movimento che non ha ancora finito di lottare perché tuttora gli afroamericani hanno condizioni economiche peggiori rispetto ai bianchi. Un movimento che è ancora esempio perché le marce dei giovani contro le armi delle passate settimane hanno il carattere di quelle di Martin Luther King Jr., la cui vita è in immagini nella gallery qui sopra insieme ad alcuni dei ricordi che gli sono stati dedicati.

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