Come si spiega la guerra ai bambini?

Dalla Siria al Congo, sempre più spesso sui giornali, in televisione e nei social network circolano immagini che raccontano i conflitti nel mondo. Che impatto hanno sui bambini? Quando iniziare a parlare loro di guerra? È giusto mostrargli le immagini più crude? Lo abbiamo chiesto a un'esperta
Come si spiega la guerra ai bambini

C'è un bambino con gli occhi chiusi, due mani gli tengono la testa, altre due spingono una mascherina appannata sulla sua bocca. La testa è bagnata, i capelli appiccicati sulla fronte, il colorito della pelle è chiaro, sembra spento. Ma il suo viso è impegnato a respirare, è vivo. Ha la maglietta bagnata, il braccio destro fasciato con una benda bianca. Le sue mani sono chiuse, una è appoggiata sulla sua gamba nuda, l'altra tiene la mascherina. C'è un braccialetto dorato attorno al suo polso, forse il regalo dell'ultimo compleanno.

Le immagini del conflitto siriano, scoppiato nel 2011, spesso mostrano bambini. Quelli vittime degli attacchi chimici, quelli rimasti orfani dopo i bombardamenti, quelli senza vita sotto le macerie, quelli che scappano senza scarpe o vestiti, quelli che imbracciano armi più grandi di loro.

Dopo l'ultimo raid a Douma, nella Ghouta orientale, a pochi chilometri da Damasco, le immagini di bambini senza vita riempiono i social network, le prime pagine dei giornali e dei tg. Ma come si spiega la guerra ai bambini che sono davanti agli schermi? È giusto che vedano tanta violenza? Lo abbiamo chiesto a Elisabetta Rossini, pedagogista e autrice insieme a Elena Urso del libro *I bambini devono fare i bambini. *

I bambini devono essere protetti da immagini violente, dai telegiornali?«È fondamentale non esporre volutamente i bambini a immagini violente o ai continui servizi trasmessi dai tg. Anche quando ci sembra che siano distratti in realtà registrano tutto e se non c'è un adulto al loro fianco capiscono solo ciò che la loro età gli permette»

E quali sono le conseguenze?«Vengono lasciati soli in un sentimento di profonda angoscia e incomprensione che ha un impatto negativo. Perciò se ci sono i bambini in una stanza stiamo attenti alla tv, teniamolo spenta».

Quindi certe immagini vanno censurate?«È giusto anche parlarne però senza indugiare troppo. Tanto più sono piccoli meno i bambini sono in grado di capire che, per esempio, le stesse immagini ripetute più volte dai tg possono riguardare una stessa situazione».

C'è un'età per iniziare a parlare della guerra?«Prima degli 8 anni è davvero sconsigliabile. Al termine delle scuole elementari molti insegnanti avviano una collaborazione con i genitori. S'inizia a parlare della guerra, non tanto a vedere delle immagini perché non serve. Soffermarsi, far vedere bambini in mezzo alle macerie non aiuta a capire, li getta solo in uno stato di turbamento. La guerra è angosciante, un bambino di otto anni non deve essere angosciato da quello che sta accadendo perché è un turbamento senza risoluzione».

Com'è corretto parlarne?«È impossibile riuscire a tenere i bambini lontani da queste immagini o dai discorsi. Loro ascoltano e percepiscono anche la nostra paura o preoccupazione. Dobbiamo parlare con i bambini, con calma, senza ricoprirli di informazioni per toglierci un peso. Siccome si tratta di un argomento molto difficile per noi adulti da affrontare, tendiamo a dare tantissime informazioni per chiudere l'argomento e non lasciare spazio ai bambini, invece dovremmo fare il contrario».

In che modo?«Dovremmo dire poche frasi e dare il tempo al bambino di pensare e porre delle domande. Mentire dicendo "sono cose da grandi" non ha senso perché tutto può essere spiegato ai bambini con le dovute precauzioni e le dovute parole».

Può farci qualche esempio?«Si può cercare di utilizzare analogie con quello che i bambini capiscono. In età prescolare possono capire la rabbia, il litigio. Per parlare della guerra possiamo dire, per esempio, che purtroppo ci sono adulti che non riescono a trovare una soluzione e arrivano a questo. È fondamentale però inserire sempre un messaggio di speranza. In questo caso potrebbe essere che altrettanti adulti si stanno impegnando per trovare una soluzione e riportare la pace».

Il linguaggio simbolico è efficace?«Si possono utilizzare libri, fiabe, strumenti con cui i bambini possano elaborare un sentimento di ansia, angoscia, anche confusa e chiedere. È necessario però essere pronti a rispondere alle loro domande, se non ci sentiamo pronti, rimandiamo la conversazione. In ultimo ricordiamo che è davvero importante a stare attenti alle immagini che passano sul computer, in tv o sul telefono perché turbano i bambini senza portare nulla di più».

Di che tipo di turbamento si tratta?«Angoscia profonda. Se i bambini vedono immagini devastante la prima cosa che fanno è pensare di non essere più al sicuro. Per questo deve esserci sempre un messaggio di speranza da una parte, dobbiamo tranquillizzarli dicendo che loro sono al sicuro, devono sentirselo dire. Infine, non nascondiamo quello che proviamo noi, diciamo che abbiamo paura. Se mentiamo i bambini lo sentono, dichiarando le nostre emozioni legittimiamo anche le loro».

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