Cosa sta succedendo a Gaza?

Oltre 59 morti nel giorno del trasferimento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Si teme per le manifestazioni del 15 maggio, il Naqba Day
Cosa sta succedendo a Gaza

Gaza brucia. Quello che gli esperti di politica internazionale avevano previsto si è avverato. La decisione presa dal presidente Donald Trump di spostare l**'ambasciata americana** da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo quindi la città come capitale d'Israele, ha riacceso con forza gli scontri lungo la barriera al confine.

Il giorno scelto per celebrare il trasferimento non è casuale. È il 14 maggio, data in cui nel 1948 fu fondato ufficialmente lo stato di Israele. Solo 24 ore dopo, il 15 maggio, ebbe inizio per i palestinesi la Naqba (catastrofe), la sconfitta nella prima guerra combattuta fra arabi e israeliani a cui seguì l'esodo di 700mila palestinesi costretti a lasciare le proprie case distrutte e a diventare così profughi a tutti gli effetti. È il Naqba Day, una data che per il popolo palestinesi simboleggio l'inizio del dolore.

Con 59 morti (tra cui un bambino di pochi mesi ucciso dai lacrimogeni) e oltre duemila feriti, il 14 maggio 2018 è stata la giornata con più morti dalla guerra del 2014.Da una parte  i copertoni delle macchine bruciati per creare confusione e disorientare i militari, i giovani in prima linea con le maschere antigas, lacrimogeni ed esplosioni. Dall'altra, a poco più di sessanta chilometri, Ivanka Trump, vestita di bianco, inaugurava la nuova sede dell'ambasciata Usa. Accanto a lei il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. «Oggi è un grande giorno per Israele», ha twittato Donald Trump dalla Casa Bianca mentre Jared Kushner, marito di Ivanka e senior advisor del presidente americano sottolineava come «gli Stati Uniti fanno ciò che è giusto».

https://twitter.com/realDonaldTrump/status/996021417622851584

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**«Quello che è successo ieri è inaccettabile e inumano» ha spiegato Marie Elisabeth Ingres, rappresentante di Msf in Palestina. «Il bilancio delle vittime fornito ieri sera dalle autorità sanitarie di Gaza è sconcertante: 55 morti e 2271 feriti, tra cui 1359 colpiti da proiettili veri e i numeri sono in aumento. È insopportabile vedere un così grande numero di persone disarmate che vengono colpite dagli spari in così poco tempo». E ha aggiunto:«Le nostre équipe mediche stanno lavorando 24 ore su 24, come accade ormai dal primo aprile, assicurando interventi chirurgici e assistenza post-operatoria a uomini, donne e bambini. Continueranno a farlo ancora oggi e fino a quando sarà necessario».

Una situazione così drammatica che gli operatori umanitari presenti sul terreno paragonano ai bombardamenti della guerra del 2014.«Questo bagno di sangue è un nuovo risultato della politica messa in atto dall'esercito israeliano nelle ultime sette settimane: sparare con proiettili veri contro i manifestanti, con il presupposto che chiunque si avvicini alla barriera di confine è un obiettivo legittimo» continua Marie Elisabeth Ingres di Msf*.*

Il mondo intero non è rimasto a guardare. La condanna degli scontri (che rischiano di essere oggi ancora più accesi) è arrivata da più parti: dall'Onu, dall'Unione Europea, dalla Francia, dal Regno Unito, dal Libano, dal Qatar, dalla Russia. Donald Trump rimanda le accuse ad Hamas, il «movimento della resistenza islamica» che ha vinto le elezioni legislative palestinesi nel 2006 e controlla quasi del tutto la Striscia di Gaza.

Di fatto il trasloco dell'ambasciata Usa a Gerusalemme è solo uno dei motivi per cui il popolo palestinese è tornato a combattere, uno su tutti l'embargo decennale d'Israele verso la Striscia di Gaza. Ma soprattutto il ritorno a casa. Quello che attendono da  70 anni, quando la risoluzione 194 delle Nazioni Unite sancì il diritto di rientrare dei palestinesi, categoricamente escluso da Israele.

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