Maturità, l'amicizia secondo Aristotele

La versione scelta per la seconda prova del liceo classico è un passaggio preso dall'ottavo libro dell’Etica nicomachea di Aristotele. Parla dell'amicizia. Ma che cos'è oggi l'amicizia? L'abbiamo chiesto al filosofo Umberto Galimberti
Maturità l'amicizia secondo Aristotele

«È una virtù o s’accompagna alla virtù» ed è «necessaria per la vita». La versione scelta per la seconda prova del liceo classico alla maturità di quest'anno è un passaggio preso dall'ottavo libro dell’Etica nicomachea di Aristotele: tratta dell’amicizia, della φιλία (filìa) come si dice in greco.

Chissà che i ragazzi, leggendo questo passaggio, scritto più di duemila anni fa, possano recuperare qualcosa di quell'idea di amicizia, che, nel tempo, sembra essersi offuscata, quanto meno cambiata.

È il filosofo Umberto Galimberti, grande esperto di quello che fu il mondo greco, a raccontarci affinità e infinite differenze.

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Che cosa si intendeva per «amicizia» nell'antichità?

«L'amicizia era considerata sotto due profili: un profilo politico, per cui la città sta in piedi solo alla condizione che ci sia φιλία, amicizia appunto: nessuno può vivere prescindendo dagli altri. Aristotele dice che se uno pensa di entrare in una città e fare a meno degli altri, o è una bestia o è un dio e anche fosse un dio non sarebbe felice perché comunque solo. L'amicizia è il collante della città e la città, per i greci, è più importante dell'individuo. Poi c'è un significato, come dire, più ragionato, legato alla filosofia: ovvero, quando si discute, è importante discutere in un clima di amicizia, perché lo scopo della discussione è quello di cercare la verità insieme, senza competere con l'avversario, senza voler prevalere sull'altro. Così la filosofia si distingue dall'eristica dei sofisti, il cui unico fine è invece quello di confutare la tesi altrui mediante la retorica, indipendentemente dalla volontà di raggiungere la verità».

E oggi, che cosa è rimasto di questa amicizia?

«Rifacendoci al primo significato, quello politico, sicuramente noi occidentali abbiamo perso il concetto per cui prima viene la città e poi l'individuo. D'altra parte anche per il Cristianesimo la cosa più importante è salvare l'anima e la si salva individualmente, non collettivamente. Per il nostro mondo capitalistico e borghese, l'amicizia è una composizione di interessi: andiamo a una colazione di lavoro e dividiamo lo stesso pane in funzione dei reciproci interessi, non perché vogliamo stare insieme, non perché siamo davvero amici. L'amicizia è diventata qualcosa intorno a cui costruire affari. Oggi funziona solo l'eristica, come se non importasse la ricerca della verità. Se io la sparo grossa e questo mi crea consenso, vedi Matteo Salvini, va bene, indipendentemente dal fatto che non ci si stia muovendo nella verità. Non serve spiegare, non serve capire e andare avanti insieme: si punta solo a battere l'altro, a prevalere».

E allora speriamo che questi diciottenni abbiano ben letto Aristotele e possano imparare dal passato.

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