Pedofilia nella Chiesa, Bergoglio sfida anche i vescovi: denuncia obbligatoria

Papa Francesco ha deciso un cambiamento di passo: nuove norme e procedure vincolanti per tutta la Chiesa nei casi di violenze, in particolare quelle sui minori. Ogni diocesi dovrà aprire uno sportello
Lazione pastorale di Papa Francesco l'ha portato nelle periferie del mondo nei luoghi più remoti della Terra dove i...
L’azione pastorale di Papa Francesco l'ha portato nelle periferie del mondo, nei luoghi più remoti della Terra, dove i cattolici e le altre minoranze religiose non hanno voce, sono perseguitate e private dei più elementari diritti.

Obbligo per chierici e religiosi di segnalare molestie e violenze sessuali all'Autorità ecclesiastica. “Sportello” in ogni diocesi, che entro un anno dovrà dotarsi d'un sistema facilmente accessibile per ricevere le segnalazioni. Contemplati non solo abusi su minori e pedopornografia, ma anche quelli su religiose o su novizi e seminaristi maggiorenni. Quando ci si mette Bergoglio. Ecco la tanto attesa “svolta” di Papa Francesco nella lotta contro le violenze sessuali all’interno della Chiesa e contro la loro copertura da parte del clero. Bergoglio con la pubblicazione del Motu Proprio, dal titolo “Vos estis lux mundi”, ha stabilito un principio fino ad oggi sconosciuto: l’obbligo (interno) di denuncia delle violenze. E questa sarà la nuova legge universale che si applicherà all’intera Chiesa cattolica.

Nel documento, che arriva a due mesi e mezzo dal summit in Vaticano sulla protezione dei minori e al termine di un lunghissimo percorso di norme e comitati, di rimozioni e di processi, ma che ha senz’altro avuto un’accelerazione dopo le rivelazioni contenute nel rapporto choc della Pennsylvania lo scorso agosto, sancisce una normativa universale che si applica all'intera Chiesa cattolica: il Papa, premettendo che i «crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli», menziona la particolare responsabilità che hanno i successori degli apostoli nel prevenire tali reati. Un sistema per la prima volta codificato per far sì che cardinali, vescovi e superiori religiosi rendano conto del loro operato nel caso abbiano coperto i colpevoli. Un documento particolarmente importante perché affronta (finalmente) la piaga della pedofilia all’interno della Chiesa, fissando nuove e “vere” regole, e poi perché rappresenta anche una risposta con dei fatti agli attacchi strumentali rivolti al Papa sul delicato tema pedofilia, che scuote, come’è giusto che sia, la comunità cattolica e no.

Le novità più rilevanti

L’obbligo, per tutte le diocesi del mondo, di dotarsi entro giugno 2020 di «uno o più sistemi stabili e facilmente accessibili al pubblico per presentare segnalazioni» su abusi sessuali commessi da chierici e religiosi, l'uso di materiale pedopornografico e la copertura degli stessi abusi. L’obiettivo è che chi ha sofferto abusi possa ricorrere alla Chiesa locale sicuro di essere ben accolto e di essere protetto da ritorsioni e che le sue segnalazioni saranno trattate con la massima serietà.

L’obbligo per tutti i chierici, i religiosi e le religiose di "segnalare tempestivamente" all'autorità ecclesiastica tutte le notizie di abusi di cui vengano a conoscenza come pure le eventuali omissioni e coperture nella gestione dei casi di abusi: obbligo che, se fino ad oggi riguardava solo la coscienza individuale, d’ora in poi diventa un precetto legale stabilito universalmente. Il documento, inoltre, comprende non soltanto le molestie e le violenze sui minori e degli adulti vulnerabili, ma riguarda anche la violenze sessuale e le molestie conseguenti all’abuso di autorità. Quest’obbligo include anche qualsiasi caso di violenza sulle religiose da parte dei chierici, come pure il caso delle molestie a seminaristi o novizi maggiorenni.

Ma tra i punti di maggior rilievo c'è l'individuazione della cosiddetta "condotta di copertura" come categoria specifica, che consiste in «azioni od omissioni dirette ad interferire o ad eludere le indagini civili o le indagini canoniche, amministrative o penali, nei confronti di un chierico o di un religioso in merito ai delitti» di abuso sessuale. Si tratta di coloro che, investiti di posizioni di particolare responsabilità nella Chiesa, invece di perseguire gli abusi commessi da altri, li hanno nascosti, proteggendo il presunto reo invece di tutelare le vittime.

L’obbligo di segnalazione all’ordinario del luogo o al superiore religioso, non interferisce né modifica qualsiasi altro obbligo di denuncia eventualmente esistente nelle leggi dei rispettivi Paesi: le norme infatti «si applicano senza pregiudizio dei diritti e degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, particolarmente quelli riguardanti obblighi di segnalazione alle autorità civili competenti».

Inoltre è prevista la tutela per chi si fa avanti nel denunciare e per le vittime: coloro che riferiscono notizie di abusi, secondo quanto previsto dal Motu proprio, non possono infatti essere sottoposti a «pregiudizi, ritorsioni o discriminazioni» a motivo di quanto hanno segnalato (anche nella legislazione italiana c’è una norma di questo tipo per i pubblici funzionari). Un’attenzione anche al problema delle vittime spesso ridotte al silenzio per paura: queste norme universali prevedono che «non può essere» loro «imposto alcun vincolo di silenzio riguardo al contenuto» della segnalazione. Ovviamente il segreto confessionale rimane assoluto e inviolabile.

E, infine, altrettanto significativa la novità riguardante il coinvolgimento nell’investigazione dell’arcivescovo “metropolita”, che riceve dalla Santa Sede il mandato per investigare nel caso che la persona denunciata sia un vescovo. Sulla base delle risultanze dell’investigazione previa, la Santa Sede può immediatamente imporre delle misure preventive e restrittive alla persona indagata. Con un ruolo rafforzato, colui che è incaricato di investigare, dopo trenta giorni trasmetterà alla Santa Sede «un’informativa sullo stato delle indagini», che «devono essere concluse entro il termine di novanta giorni» (sono possibili proroghe per «giusti motivi»). In questo modo si stabiliscono anche tempi certi e per la prima volta viene richiesto che i Dicasteri interessati agiscano con tempestività.