L’Osservatore Romano: «Suore trattate come colf da alti cardinali e prelati»

La denuncia in un articolo di una delle fonti ufficiali della Santa Sede. Le religiose al servizio di uomini di Chiesa sarebbero pagate poco e senza regolarità, non avrebbero orari, sarebbero considerate come domestiche

Lavorano dalla mattina, fino alla sera, al servizio nelle case degli alti cardinali e dei prelati. A volte, nonostante siano loro a preparare i pasti, vengono lasciate a mangiare da sole in cucina. Ricevono retribuzioni irregolari e aleatorie e non hanno un orario di lavoro. Molte suore, secondo la giornalista Marie – Lucile Kubacki, vivono in queste condizioni e vengono trattate come colf: l’articolo che denuncia la loro situazione è stato pubblicato sul supplemento mensile Donne chiesa mondo de l’Osservatore romano, edito nella Città del Vaticano dalla Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, una delle tre fonti ufficiali, insieme a Radio Vaticana e Centro Televisivo Vaticano.

Una delle suore, africana, ma a Roma da più di 20 anni, racconta: «Alcune di loro, impiegate al servizio di uomini di Chiesa, si alzano all’alba per preparare la colazione e vanno a dormire una volta che la cena è stata servita, la casa riordinata, la biancheria lavata e stirata... In questo tipo di “servizio” le suore non hanno un orario preciso e regolamentato, come i laici, e la loro retribuzione è aleatoria, spesso molto modesta». La suora, che conferma che ci sono ecclesiastici che si fanno servire un pasto dalla sua suora per poi «lasciarla mangiare sola in cucina una volta che è stato servito», si chiede: «È normale per un consacrato essere servito in questo modo da un’altra consacrata? E sapendo che le persone consacrate destinate ai lavori domestici sono quasi sempre donne, religiose? La nostra consacrazione non è uguale alla loro?».

Sono in tante, però, ad avere il timore di denunciare questa situazione. Molte sono straniere e hanno, alle spalle, difficili situazioni famigliari: si sentono vincolate, in debito. «Se una di queste religiose torna nel proprio paese, la sua famiglia non capisce. Queste suore quindi si sentono in debito, legate, e allora tacciono. Tra l’altro spesso provengono da famiglie molto povere dove i genitori stessi erano domestici. Alcune dicono di essere felici, non vedono il problema, ma provano comunque una forte tensione interiore. Alcune arrivano addirittura a prendere ansiolitici per sopportare la frustrazione».

Suor Paule, che ha incarichi importanti nella chiesa, parla di consorelle «licenziate» da un giorno all’altro, o obbligate a svolgere mansioni molto diverse rispetto a quelle per cui erano state formate. «Ho conosciuto suore in possesso di un dottorato in teologia che dall’oggi all’indomani sono state mandate a cucinare o a lavare i piatti, missione priva di qualsiasi nesso con la loro formazione intellettuale e senza una vera spiegazione. Ne ho incontrato un’altra che aveva insegnato per molti anni a Roma e da un giorno all’altro, a 50 anni, si è sentita dire che da quel momento in poi la sua missione era di aprire e chiudere la chiesa della parrocchia, senza altra spiegazione».

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