Papa Francesco sulla pedofilia: «Abbiamo abbandonato i piccoli»

Nel suo viaggio pastorale in Irlanda, il 25 e il 26 agosto il pontefice incontrerà le vittime degli abusi sessuali del clero. Pochi giorni fa aveva scritto una lettera per loro
Papa Francesco sulla pedofilia «Abbiamo abbandonato i piccoli»

Per Papa Francesco, la piaga della pedofilia da parte del clero è un problema terribilmente serio: durante il suo viaggio pastorale in Irlanda, il 25 e il 26 agosto, dedicherà uno spazio significativo a chi ha subìto gli abusi. Il direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke, ha confermato che il pontefice incontrerà le vittime: «Per il Papa è importante ascoltarle». Non ha rivelato altri dettagli sull’incontro, ma ha spiegato che è «molto probabile» che Francesco dedicherà una riflessione al dramma degli abusi sessuali e una preghiera alle vittime nella cattedrale di Saint Mary, dove c’è una lampada dedicata a loro.

Pochi giorni fa, il Papa aveva scritto una «Lettera al Popolo di Dio». «La pedofilia è un crimine che genera profonde ferite di dolore e di impotenza, anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nell'intera comunità», ha scritto. «Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi.

Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità. Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l'anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità.

Oggi siamo interpellati come Popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito. Se in passato l'omissione ha potuto diventare una forma di risposta, oggi vogliamo che la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente, diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura, in un ambito dove i conflitti, le tensioni e specialmente le vittime di ogni tipo di abuso possano trovare una mano tesa che le protegga e le riscatti dal loro dolore. Tale solidarietà ci chiede, a sua volta, di denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l'integrità di qualsiasi persona. Solidarietà che reclama la lotta contro ogni tipo di corruzione, specialmente quella spirituale.

Negli ultimi giorni è stato pubblicato un rapporto in cui si descrive l'esperienza di almeno mille persone che sono state vittime di abusi sessuali, di potere e di coscienza per mano di sacerdoti, in un arco di circa settant'anni. Benché si possa dire che la maggior parte dei casi riguarda il passato, tuttavia, col passare del tempo abbiamo conosciuto il dolore di molte delle vittime e constatiamo che le ferite non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità, come pure a concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte. Le ferite non vanno mai prescritte.

Proviamo vergogna quando ci accorgiamo che il nostro stile di vita ha smentito e smentisce ciò che recitiamo con la nostra voce. Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli».

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