Emanuela Orlandi, Il Vaticano apre l'indagine su una tomba

Secondo il fratello della ragazza scomparsa nel 1983 è una svolta storica. Saranno fatte indagini su una tomba all'interno del cimitero teutonico

Un mese fa la denuncia della famiglia Orlandi, ora l’apertura di un’indagine interna in Vaticano. La prima su caso. Il Vaticano ha autorizzato l’apertura di indagini sull’antica tomba al cimitero teutonico dove si ipotizza possano essere sepolti i resti di Emanuela Orlandi, la giovane romana scomparsa nel 1983.Questa era stata la richiesta dell’istanza dei parenti della ragazza dopo aver ricevuto una lettera che avanzava l’ipotesi che la tomba fosse la sepoltura della giovane («Cercate dove indica l’angelo» diceva con la foto di una delle tombe).

È stata Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, a rendere noto il fatto e a specificare che gli accertamenti sarebbero legati a controlli su una tomba del cimitero teutonico. Il fratello di Emanuela, Pietro, sarà interrogato nell’ambito della nuova indagine del promotore di Giustizia Emanuele Milano proprio sulla possibilità che in una delle tombe del cimitero teutonico ci siano i resti della ragazza.

«Noi abbiamo presentato al Vaticano una serie di istanze, compresa quella relativa alla tomba nel cimitero teutonico in Vaticano, ma non solo quella», ha spiegato il fratello di Emanuela Orlandi, «tra le istanze quelle legate alle incongruenze sulla vicenda, alle rogatorie non andate a buon fine, e poi la possibilità di sentire alcuni cardinali, la richiesta di sentire Giancarlo Capaldo, il magistrato che ha indagato sulla scomparsa di Emanuela, che nel 2012, dopo essere stato contattato dal Vaticano, si recò ad incontrare un autorevole prelato per una sorta di “trattativa” sul caso...Per la prima volta, dopo 35 anni di mancata collaborazione abbiamo la sensazione che qualcosa possa finalmente muoversi».

La tomba è appoggiata a una parete con la statua di un angelo che tiene un foglio con la scritta in latino «Requiescat in pace», «Riposi in pace». La lastra in terra una lastra porta i nomi della principessa Sofia e del principe Gustavo von Hohenlohe, nel 1857 nominato arcivescovo da papa Pio IX. Non è la prima sepoltura a essere esaminata. Un nulla di fatto era arrivato dal ritrovamento, sotto il pavimento della sede della Nunziatura apostolica a Roma, di uno scheletro qualche mese fa. I resti non erano della Orlandi, ma molto più antichi.

Il caso di Emanuela è aperto da 35 anni. O meglio è stato riaperto più volte negli anni passato dalla scomparsa. Era mercoledì 22 giugno 1983 quando la 15enne figlia di un cittadino Vaticano sparì senza lasciare traccia. Anziché prendere il bus con le amiche dopo la lezione di musica, aspettò il successivo più vuoto fra Sant’Apollinare e la fermata di corso Rinascimento. Da quel momento di lei non si sa più niente.

Si scartò quasi subito l’ipotesi dell’allontanamento volontario mentre la città era tappezzata di cartelli con la foto della ragazza. Restò aperta e lo è ancora adesso l’ipotesi del rapimento con un’inchiesta che sale e scende, che scompare e riappare con telefonate alla famiglia, notizie e falsi ritrovamenti, anche di ossa, soprattutto con il silenzio del Vaticano e la presenza, mai chiara, della Banda della Magliaia, che al tempo aveva il controllo criminale sulla città.

Cittadina del Vaticano e figlia di un uomo vicino a Giovanni Paolo II, Emanuela Orlandi è spesso apparsa come mezzo per colpire altri. Wojtyla stesso fece un appello durante l’Angelus perché «chi la trattiene la lasci andare». Avvalorando la tesi del rapimento, ma ufficializzata. Negli anni la famiglia si è più volte appellata alle autorità ecclesiastiche per scoprire la sorte della donna. Nel giugno del 2017 la madre ha mandato l’ennesima lettera al sostituto della segreteria di Stato Angelo Becciu per «sapere dov’è sepolta Emanuela, vorrei portarle un fiore. Ogni giorno, vorrei ricoprirla di fiori».

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