«Governo Pd-Cinque Stelle? L'accordo lo faccia Renzi». L'appello di Michele Emiliano
Presidente Emiliano, ci siamo.«È il momento di fare un Governo con i 5 Stelle». Roberto Fico ha ricevuto il mandato per verificare se voi del Pd ci state.«E dovremmo starci. Faccio un appello a Renzi». Mi faccia indovinare: vuole che si dimetta?«Al contrario. Voglio che guidi le trattative per conto del Pd e faccia l'accordo coi 5 Stelle».
È un Michele Emiliano più indulgente del solito, quello che parla 50 giorni dopo le elezioni. Il Presidente della Puglia, ex magistrato antimafia ed ex sindaco di Bari, è uno dei pochi esponenti del Pd apprezzati più o meno pubblicamente dai grillini. Già prima del 4 marzo sosteneva la necessità da parte della sinistra di accordarsi con i 5 Stelle. Adesso, dopo il tentativo fallito di Elisabetta Casellati e la chiusura del «forno» con la Lega, definisce un'imperdibile occasione il mandato affidato da Mattarella al Presidente della Camera Roberto Fico, incaricato di sondare una convergenza tra sinistra e 5 Stelle. Una convergenze necessaria, ripete Emiliano, «per evitare una cosa che mi ricorda l’avvento del fascismo. L'unione tra il Movimento e le destre populiste»: «Abbiamo un'occasione che si chiama Roberto Fico. A Renzi chiedo una cosa». Prego.«Visto che hai ancora la maggioranza del partito, guida tu stesso il processo per uscire dal disastro politico in cui ti sei cacciato». Molti considerano l'ipotesi alleanza come la fine del renzismo.«E sbagliano! È il contrario. Se Renzi dovesse riuscire a guidare il partito in questo accordo, risorgerebbe dalle sue ceneri e riavrebbe un ruolo politico. Ma lui le sbaglia tutte...». È generoso da parte sua.«È un gesto di chi è abituato a giocare di squadra. Io giocavo a basket. Lui a tennis, sport solitario (ride)». Ora la riconosco. Ok governare insieme, ma per fare cosa? Mi dica i primi tre punti.«Primo, questione ambientale. Bisogna negoziare la decarbonizzazione dell'Italia e programmare uno sviluppo basato anche sulle energie rinnovabili». I 5 Stelle ci starebbero. Secondo?«Spingere sulla semplificazione e sulla cultura d’impresa». Un po' vago, ma continui. Terzo?«Lavorare sulla questione meridionale. Rinnovare la classe dirigente, lottare contro la mafia e regolarizzare i flussi migratori, per garantire la sicurezza e l'uguaglianza». Premier del nuovo Governo?«Se Fico ha la fiducia, lo faccia Fico. Altrimenti, va bene anche Di Maio. Il nome non importa. I singoli, nella nuova versione del Pd e nell'attuazione delle idee, non contano niente». E cosa conta?«La buona fede di Di Maio e Renzi. E il desiderio reciproco di non vedere il fallimento del proprio partner». Impresa non facilissima, visto che i 5 Stelle hanno chiesto un Pd derenzizzato.«Metta insieme la speranza di cambiamento dei 5 Stelle con la tradizione del Pd. Avrà un mix micidiale». Quanto potrebbe durare, un anno?«Macché, potrebbe durare cinque anni». Emiliano, lei è molto ottimista. Come la mettiamo con le poltrone da dividersi? Il Pd non può sostenere un Governo formato esclusivamente dai 5 Stelle.«Ma vede, le poltrone sono più scomode di quanto si immagini. Specie in Italia. Il Pd deve essere pronto a un rinnovamente di persone e di metodo politico». La trattativa sembra una tragedia. Mattarella ha incaricato Fico.«Che, in un inquadramento tragico, potrebbe essere Ulisse. Quello che inventa il Cavallo di Troia». Fico parlerà con Martina.«Il Quarto stato, il popolo che a volte diventa protagonista». Martina non vuole Salvini.«Più prosaicamente Franti, il cattivone del libro Cuore». Salvini non vuole lasciare Berlusconi.«Il vecchio zio che è sempre un piacere incontrare per le storie incredibili che racconta». Berlusconi non è voluto da Di Maio.«Patroclo, il migliore amico di Achille». E Di Maio non vuole Renzi.«Ovviamente, Icaro». Da quanto tempo non lo sente?«Dalla notte in cui formò le liste per le elezioni, facendo sostanzialmente a pezzi tutte le candidature da me proposte». Cosa gli ha detto l'ultima volta?«Che fare le liste in quella maniera avrebbe solamente aggravato la sconfitta». Pentito di averlo sostenuto nella scalata al Pd?«Me lo sto sinceramente chiedendo. Ma in quella fase mi sembrava un'altra persona, non avrei potuto evitare l'errore. È cambiato radicalmente quando è diventato premier. Tutto ciò che esisteva si è tramutato nel suo contrario». Da allora lei è stato il suo principale avversario.«Con scarsi risultati. Si è più fatto male da solo di quanto glien'abbia fatto io». A proposito. Il sito Michele Emiliano.it riporta ancora il titolo «Candidato alla Segreteria nazionale del Partito Democratico». Non lo aggiorna?«Quello è il sito della campagna per le primarie del 2017, è rimasto come memoria storica di un momento esaltante». Magari potrà tornare utile in futuro...«Perché no, vedremo».
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