Vengo dopo il Pd: le nuove vite di Matteo Renzi

Non dice #staisereno né #eallorailPd? Piuttosto Matteo Renzi pensa al suo 2019: un documentario sull’arte, uno sulla moda, un nuovo libro, una campagna ambientalista. Ecco tutte le novità del ex premier più odiato d'Italia
Vengo dopo il Pd le nuove vite di Matteo Renzi

E poi Matteo Renzi si materializza, finalmente, sotto Santa Maria Novella. È in ritardo, si scusa: «Agnese aveva il consiglio di classe, io dovevo prendere mia figlia a scuola». La normalità ha travolto l’ex presidente del Consiglio più detestato d’Italia, che ora ha una vita «divisa in tre». Prima: il senatore nel collegio di Firenze dove ha stravinto contro il leghista Alberto Bagnai. Seconda: il conferenziere, il docente o l’ospite internazionale («sto girando molto: Bruxelles, Londra, Shanghai, Johannesburg, Arlington – unico italiano, per l’anniversario dei 50 anni dalla morte di Bob Kennedy»). Terza: Matteo («sono tornato a vivere, a 43 anni mi sento benissimo»). Aggiungiamo una quarta: il debuttante in tv. Il 15 dicembre andrà in onda su Nove, alle 21.25, la prima delle quattro puntate del documentario Firenze secondo me, prodotto da Lucio Presta. Si illumina se parla di Palazzo Vecchio e di Botticelli, vorrebbe raccontare mille aneddoti come fa con gli studenti della Stanford University per cui ha tenuto il corso Europe: State of the Union, e che incontrerà dopo l’intervista. Hanno vent’anni e sono matematici, informatici, ingegneri, come lo era Kevin Systrom, l’inventore di Instagram, anni fa: «Gente che forse andrà a lavorare nella Silicon Valley e che viene a Firenze a imparare la bellezza. Io intanto miglioro l’inglese: anche perché, diciamolo, era impossibile peggiorare». Più parla di arte, più Renzi evita di parlare di quello su cui i giornali – e i candidati alle primarie del Pd da Zingaretti in poi – speculano da giorni, ossia il suo futuro politico. Insomma, tante vite.«E un’altra qualità della vita. Volevo anche preparare la maratona, non sono riuscito. In realtà dovrei dimagrire. Vorrei stare tra gli 80 e gli 85 chili, invece sono tra gli 85 e i 90. Però almeno il mio assist nella partita di calcio contro i parlamentari russi è diventato virale sui social: i piedi ancora li avrei, il problema è il resto». È vero che guadagna il doppio di quando stava al governo?«Sì: il senatore guadagna il doppio del presidente del Consiglio se questo non è deputato o senatore. In più, sommando gli incarichi in giro per il mondo, le mie finanze sono aumentate non di due, ma di tre, quattro volte. È tutto pubblico». Possiamo immaginare un Matteo Renzi che rimprovera i figli, e loro che rispondono: «E allora il Pd?»?«Il tormentone è piuttosto “Il tempo è galantuomo”. È vero su tante questioni, dalle cause per diffamazione vinte da mio padre alla sinistra in difficoltà che non era solo un problema italiano… Comunque: in famiglia siamo sportivi e lo sport preferito, ovvio, è prendere in giro me. Tipo: babbo, capisco che il tempo è galantuomo, ma puoi scendere che la pizza si fredda? Siamo ironici anche perché per lungo tempo non siamo stati una famiglia, ma una chat su WhatsApp, quando ero a Roma. Ora stiamo molto più tempo insieme, anche se Franci è fuori casa». Suo figlio grande, Francesco, che gioca a calcio nell’Udinese.«In famiglia, questo cambiamento ha avuto un impatto più grosso rispetto, per esempio, a quando sono andato via io. A me non mi ha filato nessuno, va via il bambino – che poi è alto 1,90 e ha quasi 18 anni – ed è un dramma. Ma è stata una cosa che lui si è costruito da solo e noi lo abbiamo rispettato. Negli ultimi due campionati ha realizzato una caterva di gol e nessuno può dire che è raccomandato. Lo hanno chiamato per diversi provini, adesso si gioca la sua chance nella primavera dell’Udinese». Comodo, geograficamente.«Comodissimo… Però si trova bene e quando posso vado a trovarlo. Ma devo fare il babbo: gli vorrei parlare di calcio e mi tocca chiedergli come è andata l’ultima versione di greco. Perché ovviamente la priorità rimane la scuola». La passione di Emanuele, 15 anni, invece è la chitarra. Che musica ascolta?«Ascolta di tutto, suona di tutto. Del resto Ester, la più piccola, canta nel coro delle voci bianche e Agnese ha una bellissima voce. Sarebbero una bella band, io sono l’unico stonato. Ma amiamo molto la musica. Mi sono abbonato a Spotify e i figli mi hanno chiesto la password per ascoltare la musica senza la pubblicità. Non vado a controllare le loro playlist, loro guardano le mie e mi prendono in giro perché ascolto i cantautori: da De André a Guccini. Io invece l’altro giorno con Emanuele ho visto in tv tutto il concerto di Ultimo». A proposito di rapper: la manifestazione della Lega a Roma, l’8 dicembre, è stata annunciata con manifesti che mostravano chi non ci sarebbe stato. Oltre a lei, Fabio Fazio, Pamela Anderson e altri, anche Salmo e Gemitaiz. «Il problema non sono i manifesti, ma l’idea che sta alla base. Salvini fomenta odio: l’obiettivo non è raccontare la sua idea d’Italia, ma dividere il Paese in “buoni” e “cattivi”. Che per un politico è sbagliato, per uno che sta al governo è ingiusto, per uno che fa il ministro dell’Interno è pericoloso. Perché lui presiede anche alla mia sicurezza, a quella di Fazio o di Salmo. L’unico in Italia che non ha il diritto di parlare come fosse al Bar Sport è il ministro dell’Interno». C’è chi pensa che la chiave del successo di Salvini sia proprio questa.«Ma ora è l’uomo da cui dipende la presenza della polizia e dei carabinieri sul territorio: se scambiamo il Viminale con il Bar dello Sport non indeboliamo il Pd o favoriamo la Lega, miniamo le istituzioni. Far passare questo messaggio è difficile, nell’epoca della semplificazione di Instagram». Non c’è nessuna abilità che riconosce a Salvini?«A me di lui colpisce molto una cosa. Ha cambiato la legge sul peculato, di fatto salvando alcuni dei suoi: Riccardo Molinari capogruppo alla Camera, Edoardo Rixi viceministro alle Infrastrutture. Ha fatto un’operazione sui 49 milioni di euro, riuscendo a restituirli in 76 comode rate. Ha querelato per appropriazione indebita Belsito e non Bossi, perché poi ha paura che chiamino in causa lui. Eppure riesce straordinariamente ad apparire quello che non è delle istituzioni ma del popolo. Questo giochino secondo me è un palloncino che vola in alto e alla fine si buca all’improvviso». Sicuro?«Scommetto sul fatto che questo incantesimo di Salvini svanirà. Come direbbero i miei figli: il tempo è galantuomo». Quando legge qualche notizia sull’azione di governo che la fa arrabbiare, pensa mai: è stata anche colpa mia?«Nel modo più categorico: no. Nel senso che tutti mi spingono a pensarlo, a dire che abbiamo sbagliato tutto, che dobbiamo stare zitti. Noi abbiamo fatto tante cose e io le rivendico, non cedo all’abiura. Io penso che gli italiani abbiano sempre ragione. Punto. Se hanno scelto di farsi un giro con Salvini e Di Maio vanno rispettati». Alcuni italiani prima votavano Pd.«Sento dire “i nostri elettori se ne sono andati”. Ma che significa? È il politico che appartiene all’elettore, non il contrario. Il 40% del 2014 non erano tutti voti da sinistra. All’apice, tre giorni dopo la morte di Berlinguer, il Pci aveva il 34%. Dopodiché è evidente che abbiamo sbagliato, chi perde sbaglia sempre. Io mi sono dimesso, l’unico. Quindi adesso che cosa devo dire: che i migranti vanno fatti affogare? Che il Jobs Act è stato un errore? Non lo dico. Certo, bisogna fare di più e meglio, ma non sarò mai come Salvini, che fa lo sciacallo, postando la foto di una minorenne e aizzando i commenti contro, o come Di Maio, che fa da prestanome al padre. È la strada per prendere i voti? Pace, non li prendo». Non nomina mai il premier Conte.«Chi?». Ecco.«Conte me lo ricordo, quando ci mandava i messaggini tutto contento ed entusiasta delle riforme che facevamo, della Buona Scuola, del referendum…». Sta dicendo che simpatizzava?«Dico solo che Conte, a suo tempo, nel 2015, aveva tutta un’altra posizione sullo sforzo riformatore del governo Renzi. È legittimo cambiare idea, specie se ti offrono incarichi importanti. Io penso che le idee valgano più delle poltrone». Il Pd ora sta all’opposizione e molti hanno criticato la scelta di convocare il Congresso un anno dopo la sconfitta elettorale.«Questo è un problema che non mi riguarda più. Io mi sono dimesso da segretario del Pd, ho smesso di occuparmene. Sono stato il parafulmine ideale per tutti i problemi, ora basta». Un rapporto «complicato» con il Pd.«L’immagine di me è quella di uno arrabbiato, nervoso, rancoroso. Ma è l’opposto. Ho fatto un’esperienza meravigliosa. Solo che ho vinto due volte le primarie col 70% e dal giorno dopo mi hanno fatto la guerra. Questo non è il modo giusto per rispettare una comunità». Parla al passato: vuole ancora restare nel Pd?«Voglio fare l’opposizione a questo governo perché mi preoccupa. E per fare l’opposizione serve che tutti ci diamo una mano. Col Pd, i comitati civici, in tutti i modi. Nessuno di noi sa che cosa accadrà domani, chi dovrà candidarsi alle primarie – lo chiedono molti anche a me, di nuovo –, la sola certezza è che ci sia bisogno di combattere incompetenza, paura e odio per gli altri: tutte caratteristiche di questo governo». I suoi follower, dopo le elezioni, sono aumentati?«Poco: erano 1 milione 123 mila, ora sono 6 mila in più». Un suo partito era dato al 4%, ora sarebbe al 12%.«Il 12% che mi preoccupa è il livello di disoccupazione a cui questo governo ci porterà, con noi era sotto il 10». Esiste un algoritmo, qualcosa che calcoli quando è il momento giusto per tornare nell’arena, dopo una caduta?«Non lo so. Un romanaccio una volta mi ha detto: “Tu devi di’: il cinese che aspetta sulla riva del fiume il cadavere, rispetto a me, è un ansioso”. La trovo meravigliosa». Non suona così risolto e in pace.«Sono preoccupato per l’Italia. Persone che hanno la pelle più scura della mia, o genitori di bambini adottati all’estero, mi raccontano che c’è un clima diverso sugli autobus, sui treni, rispetto a due anni fa. È come se si fosse sdoganato l’odio: finché odiavano me stavo più tranquillo. Ho un buon carattere, reggo bene, con tutto il fango che mi hanno tirato potrei costruire la Grande Muraglia. Vado avanti». Che cosa pensa delle contestazioni dei gilet gialli a Macron?«C’è tanta rabbia in giro, troppa, ovunque. E la protesta spesso non riguarda il merito ma va oltre. Tuttavia se restiamo sul merito del provvedimento: se fai un programma sull’ambiente crei sempre problemi. Si ricorda la vicenda dei sacchetti biodegradabili per me? Il World Economic Forum stima che nel 2050 in mare ci saranno più pezzi di plastica che pesci. Intendo fare nel 2019 una grande campagna contro la plastica con alcuni volti noti». A maggio ci saranno le Europee: come vede la nuova «onda verde» in Germania, e questo elettorato europeista, ambientalista, giovane, digitale, che vuole gestire le migrazioni senza muri e si oppone al blocco sovranista a cui la Lega di Salvini ha già aderito?«Katharina Schulze, la trentatreenne che ha vinto in Baviera, ha un programma che in larga parte sottoscriverei domani mattina. Ma lei non è solo l’ambientalista, è un modello di partito nuovo che c’è in Europa. In Spagna lo è Ciudadanos, in Francia lo è En Marche di Macron, in Italia non c’è. Questo è il problema». C’è spazio anche da noi per un movimento simile?«Lo vedremo. Penso che questo sia il momento di discutere delle idee. Ho appena finito di scrivere un libro, che uscirà a gennaio, che prova a offrire una nuova visione: penso che in Europa la maggioranza sia per chi vuole più Europa non meno Europa, per chi vuole la lotta ai nazionalisti. Sono per interconnettere i Paesi, fare le infrastrutture in tempi giusti. L’aeroporto di Berlino o Firenze non può richiedere anni e anni, quando in Cina o in Qatar tirano su aeroporti internazionali in tre, quattro anni». Quindi?«Dobbiamo avere uno sguardo globale, un progetto globale. Il mondo è cambiato. L’Europa è più o meno 500 milioni di persone, gli Usa 300 milioni, ma il resto del mondo viaggia a un’altra velocità: l’Africa passa da 1 a 2,5 miliardi e conta 50 megalopoli. Bisogna dire che il futuro non può fare paura. Dobbiamo educare le nuove generazioni a giocarsela. Poi se non ce la fai ti do un paracadute, ma ti invito a muoverti, non a poltrire. Non ti dico stai sul divano con il reddito di cittadinanza che almeno non rischi. Quello che abbiamo avviato in tre anni di governo è una rivoluzione della politica italiana – abbiamo portato in politica una nuova generazione, e le donne – che le elezioni non hanno bloccato. Le rivoluzioni durano più che un’elezione, tornerà il nostro tempo. Magari verrà fuori una giovane donna». Ha in mente qualcuno in particolare?«No. Magari è una che oggi sta frequentando il liceo o l’università». Nell’attesa, va in tv. Come mai?«È un desiderio che si avvera grazie alla disponibilità di Lucio Presta e di Discovery. Ho chiesto a mia moglie se se la sentiva di rinunciare alle ferie, ha acconsentito, quindi siamo stati tutto agosto a Firenze. Giravamo di notte o all’alba per evitare i turisti. Volevo raccontare la mia città, ma non è una guida turistica, né il programma divulgativo di Alberto Angela, che è più bravo di me – anche se mi hanno detto che gesticolo troppo. Volevo lasciarmi andare, fare battute in continuazione, mi hanno sconsigliato di farlo». Se non è un semplice documentario, che cos’è?«Volevo far vedere come la mia città insegna qualcosa non solo per l’arte. È una storia che parla oggi, forte e chiara. La visita agli Uffizi parla anche della strage di mafia di via dei Georgofili. La Porta del Paradiso del Ghiberti ha ispirato le misure antiterrorismo prese dal mio governo dopo il Bataclan». Parla anche di lei, quindi.«Qualcosa. Il giardino di Boboli è anche il luogo in cui, da ragazzo, si andava a “forcare” la scuola. Ora si può dire, è caduto in prescrizione. La Madonna del Cardellino di Raffaello, col piedino del bambino che cerca quello della mamma, mi fa effetto, penso ai miei figli, è un momento di tenerezza». Ha tralasciato qualcosa?«La moda, su cui voglio fare un altro documentario. Le madonne fiorentine, i preti che ricevevano le bustarelle dai commercianti per dire durante le omelie che bisognava vestirsi in modo sfarzoso, il ruolo di Giovanni Battista Giorgini e l’alta moda italiana...». Quindi il nuovo partito è solo una delle tante cose che ha in mente.Ride. «Ho un sacco di idee, anche troppe. Ma tutte sono legate da uno scopo: voglio combattere l’ignoranza. A me dà noia l’atteggiamento dei Cinque Stelle che fa passare il messaggio che non importa studiare. Il mondo di oggi se studi, se fai fatica, ti dà risultati». Non è un’operazione di automarketing, per diventare più popolare?«A me di essere simpatico non frega niente, credo si sia capito, voglio migliorare le condizioni di vita delle persone. Eravamo antipatici ma l’Italia andava meglio, adesso aumentano i like della pagina Facebook di Salvini ma diminuiscono i posti di lavoro». Chi spera lo veda?«Più persone possibile, anche all’estero. C’è però solo uno che avrei tenuto lo vedesse: Lucio Dalla. L’ho conosciuto incontrandolo per caso fuori da Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia, dove lavoravo: di fronte a me, mi trovo un omino strano tutto peloso, con un colbacco. Mi chiede: sai che cos’è questa? Indicando un quadro. E io: certo, è la Madonna di Filippo Lippi, ma non sapevo nulla di più. Mi ha insultato, ma così è nata la nostra amicizia». Che cosa risponde a chi dice: speriamo abbia una lunga carriera tv e smetta di fare politica?«Rido. Per me farlo è stato un sogno. Non capisco tanto odio: io non odio loro, spero facciano il bene del Paese. Secondo me non lo stanno facendo, così cerco di combattere le fake news e l’ignoranza. A chi fa polemica anche su questo, dico: datevi tregua ragazzi. Relax». State sereni.«Questo non lo posso più dire, ormai».