Le 3 volte che Salvini incitò alla disobbedienza

Il ministro dell'Interno si scaglia contro i sindaci che vogliono boicottare il dl Sicurezza: «Ne risponderanno davanti allo Stato». Ma in passato anche lui ha invitato i primi cittadini leghisti a fare disobbedienza
Le 3 volte che Salvini incitò alla disobbedienza
Salvini si prepara alla manifestazione dell'8 dicembre
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Tutti disobbedienti, con le leggi degli altri. Tutti legalitari, con i disobbedienti alle leggi proprie. Matteo Salvini in mattinata tuona contro i sindaci di sinistra che hanno annunciato di voler disattendere il suo decreto sicurezza, nella parte in cui vieta loro di iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo. «Cercano solo pubblicità», scrive il ministro dell’Interno. «Chi non rispetta il dl Sicurezza, ne risponderà davanti alla legge e alla Storia». E forse ha anche ragione, visto che come ha notato il giurista Carlo Nordio, «Orlando e gli altri sindaci hanno di fronte la legge di uno Stato democratico, approvata secondo la procedura prevista dalla Costituzione “più bella del mondo”» e sulla quale il Presidente Mattarella, l’istituzione deputata a vagliare gli aspetti anti-costituzionali, non ha avuto nulla da obiettare. Eppure dell’idea di «disobbedienza», civile o meno lo giudicherà la storia, si era infatuato anche Salvini, almeno in tre occasioni.

1)«PADANIA PRONTA A DISUBBIDIRE»Del resto, lui aveva cominciato la sua avventura da segretario della Lega brandendo l’idea di disobbedienza: «La Padania è pronta a disubbidire: abbiamo migliaia di sezioni pronte a essere centri di lotta e di controinformazione», urlò dal palco di Torino il 15 dicembre 2013 nel discorso dell’incoronazione. «Non ci fermeremo fino all'indipendenza», continuò sulle note di Va Pensiero, per poi attaccare i giornalisti«pennivendoli» e anticipare nella scelta semantica il futuro alleato di governo grillino.

2)«BRAVO!», AL SINDACO CHE DISUBBIDI'C’era qualcun altro al governo, allora, e a lui toccarono cinque anni nel più facile ruolo di oppositore. Così, nel 2016 plaudì all’atto di disobbedienza dell’allora sindaco leghista di Bondeno (Ferrara), che aveva fatto cancellare dall’albo pretorio del suo comune l’avviso della Prefettura per sondare la disponibilità di alloggi privati da destinare all’accoglienza di rifugiati internazionali. Giammai, motivò la sua decisione il sindaco, con queste parole: «Invece che sprecare risorse pubbliche nell’accoglienza, lo Stato si occupi dei terremotati». Non faceva una grinza. «Più che un gesto di disobbedienza, il nostro è un gesto di civiltà». «Bravo!», twittò Salvini. «Alla faccia dei Renzi e delle Boldrini di turno». Hashtag: #iostoconFabio.

3)«SINDACI DELLA LEGA, DISUBBIDITE»Qualche mese dopo, Salvini si fece egli stesso promotore di un’altra azione di disobbedienza (o di civiltà, come direbbe il sindaco di Bondeno), quando invitò i sindaci leghisti a non celebrare le Unioni civili: «Sindaci della Lega disobbedite». La Cirinnà «è una legge sbagliata, anticamera delle adozioni gay». La motivazione? «A questo punto perché limitarti al matrimonio tra due persone, facciamo anche quattro o cinque». Niente hashtag. E quando la sindaca leghista di Oderzo, Treviso, unì civilmente due uomini (Pasquale e Andrea, compagni da 11 anni), che fece il Capitano?Minacciò di espellerla. «Se si è prestata a questo giochino, sicuramente ha poco a che fare con la Lega». La sindaca aveva applicato la legge.

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