Andrea Scanzi: «Care donne, dietro ogni piacione c'è un bambino insicuro»

Il giornalista più onestamente narciso che c'è (in libreria con un racconto dei politici italiani) non è sempre stato così: «Ero un pacioccone, bruttino e sempre single». Poi ha scoperto le donne («E i loro piedi»), la cura del corpo («Vado una volta l'anno nella stessa clinica di Berlusconi») e se stesso: tanto da andare all'Università indossando una maglietta con il suo numero di cellulare...
drea Scanzi «Dietro ogni piacione c'è un bambino insicuro»

Quando in riunione di redazione ho detto che avrei intervistato Andrea Scanzi, due colleghe mi hanno suggerito un approccio piuttosto deciso: «Distruggilo». «Infatti, io lo odio». Come prima cosa ho ritenuto giusto chiedere al diretto interessato, giornalista del Fatto Quotidiano e volto televisivo autoattribuitosi «un ego che fa provincia», a quali motivi ricondurre tale suggerimento editoriale: «Due. O le tue colleghe sono del Pd o mi reputano un maschilista».

Propenderei per la seconda.«E sbagliano, sono più femminista di certe femministe».

Le rimproverano alcune affermazioni di dubbio gusto sul corpo delle donne.«Sono un edonista, mi interesso all’estetica. Agli occhi delle boldriniane e murgiane è un peccato. Io scrivo che mi piace fare sesso, che guardo volentieri una donna per me bella, che mi piace il tacco 12».

A proposito di tacco, rimane famigerato l’articolo in cui invitava le donne con piedi brutti a non indossare scarpe aperte.«Molte non colsero l’ironia di quella confessione feticista. Altre mi hanno confessato: “Dopo quel pezzo ho cominciato a indossare le scarpe chiuse”».

Addirittura?«Le dico di più: delle donne ancora oggi mi inviano mail con allegate le foto dei loro piedi. E alcune politiche, di destra e di sinistra, mi chiedono consigli su quale scarpe indossare prima di andare in Tv. Sì, ho fatto da loro consulente estetico».

Spesso nei suoi pezzi indugia sui difetti estetici delle persone che ritrae.«È il rischio di fare satira. Sono un po’ urticante e perfido con i politici che mi piacciono poco. Talora mi viene bene, altre no».

Non si pente di nessuna frase?«Sì: una battutaccia sul corpo di Michela Murgia, che aveva stroncato un mio romanzo. Fu una cosa brutta, sgradevole, che non rifarei».

Mai ricevuto querele?«Qualcuna. Questa settimana devo ritirarne una: riguarda un articolo tutto dedicato ad alcuni personaggi 5 Stelle deludenti, tra cui Laura Castelli. Sono quasi contento, almeno la smetteranno di dire che sono grillino».

Non lo è?«No. Li ho capiti prima di tutti, li ho votati nel 2013, li continuo a seguire. Ma alle Europee propendo per l’astensione».

Nel suo nuovo libro, La politica è una cosa seria (Rizzoli, 132 pagine, € 16), ritrae 11 politici del presente e del passato, da Berlinguer a Salvini, per capire come la cosa pubblica si sia svilita. Tra i protagonisti non c’è neanche un 5 Stelle.«Perché non riesco a fotografarli. Alternano cose buone a cose cattive».

Di Maio non meritava un profilo?«Ancora no. Se il governo cade a giugno, rischia di essere una meteora».

Tra i politici attuali, si occupa di Salvini«Il più furbo. Un’anguilla mediaticamente geniale».

Bersani.«Una bellissima persona».

Berlusconi.«La causa maggiore del degrado politico degli ultimi anni».

D’Alema.«La mia più grande delusione. Il politico in cui ho creduto di più. Avevo 18 anni».

Scanzi dalemiano. Era piacione già allora?«Iniziavo ad esserlo».

Approfondiamo.«Sono stato un bambino molto timido. Detestavo il Carnevale perché c’era troppa gente, e in generale odiavo i luoghi con troppe persone. Ero pacioccone, bruttino, irrisolto. Soprattutto insicuro. Alle medie vedevo i miei compagni fidanzarsi, e io restavo solo. Persi la verginità a 15 anni, ma all’inizio non ebbi molti rapporti con le donne. Poi ho recuperato».

Che cosa è successo?«All’Università ad Arezzo ho scoperto l’egocentrismo. Ho iniziato a piacermi e a scoprire che piacevo. Cominciai a provarci con le ragazze: nove su dieci, a sorpresa, accettavano di venire a cena con me».

Superò la timidezza.«Di più. Diventai anche rappresentante della Facoltà di Lettere. Il primo anno andai in assemblea indossando una maglietta bianca con il mio numero di cellulare stampato sopra, e la scritta: “Donne, chiamatemi”».

Funzionò?«Sì, ma ancora oggi qualche amico mi prende per il culo».

Perché Lettere?«Perché da grande volevo fare lo scrittore, o almeno il giornalista».

Come inizia?«Scrivendo per la fanzine dell’Università, Zonedombra. Poi lavorai come collaboratore per Il Mucchio selvaggio e come il telecronista dell’Arezzo per Teletruria».

Negli anni ha scritto per La Stampa, Il RiformistaLa Stampa.«Sono un narcisista, ma non uno stronzo. Faccio squadra con tutti, la sfido a trovare un collega che ha lavorato fianco a fianco con me e che parli male di me. Sto antipatico a chi voglio restare antipatico, ma ho un rispetto sacro di chi lavora con me».

Sul Fatto scrive di tutto: donne, motori e persino vino.«L’unico mio vizio. Non pippo, non mi faccio canne, non fumo e corro 10 chilometri al giorno».

Un salutista.«Da 18 anni sono vegetariano. All’inizio per seguire la mia ex moglie, e anche perché volevo evitare i grassi e gli affettati. Poi, per amore degli animali».

Ha animali?

«Certo. Il libro l’ho dedicato a Tavi e Zara, i miei due Labrador, madre e figlia. La prima è morta a maggio scorso, dopo 15 anni. L’ho portata io a farla sopprimere. Ho pianto per un mese».

Nella sua autobiografia scrive che è un assaggiatore di formaggi.«Non più, sono diventato intollerante al lattosio».

Ma è sempre stato così attento?«No, la svolta è arrivata a inizio 2018.Avevo finito il tour di Renzusconi, mi ero sparato 100 mila chilometri in un anno, tra presentazioni nelle librerie ed eventi in teatro. Ero stressatissimo. Un giorno l’amministratrice del Fatto, Cinzia Monteverdi, mi incrocia in corridoio e mi vede con la faccia sconvolta: “Vai qui, ci vado anch’io, ti farà bene”».

Dov’era?«Il centro-benessere a Merano di Henri Chenot».

Il resort dove va Berlusconi?«Quello là. Ci vado una volta l’anno, a marzo, da solo, per ricaricarmi».

Un giornalista del Fatto nella clinica di Berlusconi…«Mi serve. Faccio una dieta detox, un sacco di esami, trattamenti di idro-fangoterapia, misurazione della massa grassa».

Ha paura di invecchiare, Andrea Scanzi?«No, al massimo di veder invecchiare i miei genitori, e di veder morire chi mi sta vicino: il mio cane, i miei amici, la mia compagna».

Chi è?«Sara, una collega de L’Espresso pazza quanto me».

Grazie Scanzi.«A lei. E mi saluti le sue due colleghe».