I commandos dell’amore

Nell’ultimo mese, la Corte suprema indiana ha eliminato due vecchie leggi dell’Impero britannico, depenalizzando omosessualità e adulterio. Una conquista, che però non basta. Perché tuttora nel Paese le relazioni fra appartenenti a caste diverse sono perseguite, anche con la morte. Ma c’è chi le protegge

L’amore è natura. Chi uccide l’amore, uccide la natura e l’ambiente. È nostro dovere sostenere la natura e l’ambiente, che sono entrambi amore. Tutte le religioni parlano dell’amore. Indù, Sikh, buddisti, musulmani, cristiani… dicono tutti di voler proteggere la natura. Cioè l’amore». Inizia così, filosofeggiando disteso sul letto di un appartamento segreto, in un quartieraccio accanto alla stazione dei treni della capitale indiana, il ragionamento del fondatore dei Love Commandos. Negli ultimi otto anni, questo gruppo di volontari ha dato ospitalità a cinquantamila coppie di ventenni in fuga da parenti che volevano dividerli, anche uccidendoli, poiché appartenenti a caste, religioni o classi diverse. Quattro ragazzi ascoltano il leader carismatico seduti su un vecchio divano unto. Sono fuggiti di casa con le loro fidanzate per rifugiarsi qui a Delhi e sposarsi contro il volere dei genitori. In India, l’88 per cento dei matrimoni sono combinati. Unioni dove l’amore si spera arrivi. Matrimoni sigillati dai genitori per calcolo. E chi si ribella deve scappare. Tra i muri verdi incrostati da macchie d’olio e di caffè, la conversazione è disturbata da tre cani che gironzolano abbaiando e da telefonate al numero d’emergenza. Quadretti del Dio Shiva e di Ganesh vegliano sugli amanti in fuga. «Baba», papà, così chiamano il giornalista e militante Sanjoy Sachdev, che non ha ancora raggiunto i 60 anni, ma porta sul viso i segni di una vita complicata e fuma una sigaretta dopo l’altra, piluccando da una scatola di plastica trasparente pillole di medicine colorate «per il cuore, per il fegato, per lo stomaco…».

Arrivano Jayanthi, ragazza di 23 anni, a braccetto con il suo Kamal, 26 anni. Vengono dallo stesso villaggio a nord della capitale. Racconta lei: «Sono bramina, lui dalit, intoccabile. Appena hanno scoperto che volevo sposarlo, i miei hanno fatto una terribile sfuriata. Ho finto di chiudermi in camera, ma spiavo la cucina, dov’è arrivato mio zio poliziotto che ha versato della polvere bianca in un bicchiere di latte. Veleno. Sono sgattaiolata via. Quando mi hanno portato il bicchiere, ho finto di berne un po’. Appena addormentati, sono corsa dalla polizia a denunciarli. Ma hanno chiamato lo zio per farmi venire a prendere. Allora io e Kamal siamo scappati fin qui dai Love Commandos». Troppi politici, poliziotti e leader religiosi difendono la divisione in caste, nonostante la Corte suprema, sette anni fa e di nuovo quest’anno, abbia ordinato al Parlamento di legiferare per proteggere i matrimoni intercasta. Ma anche quelli tra religioni diverse, il famoso spauracchio della Love Jihad che spaventa i fondamentalisti indù: musulmani che sposerebbero le indù per convertirle. «Noi Love Commandos li aiutiamo con avvocati pro bono e con gruppi in tutto il mondo, perché la diaspora indiana trascina questa malattia anche in Occidente», dice Sachdev. Le famiglie si oppongono ai matrimoni d’amore perché disobbedire alla tradizione, mescolare le caste o le classi, può causare la cacciata dalla casta d’appartenenza per l’intera famiglia. Per salvare faccia e status, si preferisce un omicidio d’onore: ammazzare la propria figlia, o il suo fidanzato. Ma con la modernizzazione, in India le occasioni di innamoramenti tra ragazzi di caste diverse aumentano, tra corsi di informatica, chat online, o negli shopping mall di una società trasformata da tecnologia e commercializzazione, nel contrasto tra una tradizione repressiva e la lenta apertura sociale, ostacolata dalla virulenza del fondamentalismo. «L’India era il Paese degli assassini dell’amore, il killer degli amanti. Ma ora ci siamo noi. Pochi, semplici, poveri. Abbiamo bisogno di finanziamenti per gestire i costi di 450 rifugi in tutta l’India, case di amici e di volontari che ospitano nuove coppie. Soldi dal governo? Non li vogliamo. Le nostre Love Family sono ex amanti in fuga che ora accolgono i ragazzi bisognosi, una rete che cresce in un circolo virtuoso. Perché la chiave del progresso mondiale è l’amore. E il giorno in cui la gioventù farà la Rivoluzione d’amore è vicino. I giovani poliziotti disobbediranno agli ordini dei loro anziani. L’India s’è liberata dall’imperialismo britannico nel ’47, adesso la gioventù è pronta all’indipendenza da divisioni di caste, religioni e di razza». Arriva un vassoio con chapati e verdure. Mangiamo con le mani, sul letto sotto il freddo neon. Nel rifugio le donne cucinano, i maschi lavano piatti, stoviglie, pavimenti e bagni. Inusuale in India. Ma qui s’insegna l’eguaglianza di genere. Sachdev spiega: «Entrambi dovranno trovarsi un lavoro. Se la ragazza dovesse fare tutto, avrebbe un carico eccessivo. Così i maschi imparano a condividere».

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Prateek, elettricista 26enne di Sultanpur, Uttar Pradesh, ama Shiva, insegnante di hindi, casta dei guerrieri Rajput. Lo zio li ha rapiti e picchiati, poi ha bruciato i documenti anagrafici di lei, per impedire il matrimonio. «I miei mi pestavano e rinchiudevano», racconta la dolce Shiva. «Mi hanno obbligata a lasciare il lavoro, ma hanno concesso che andassi a scuola a prendere le mie cose. Così ho detto a Prateek di aspettarmi lì». Prateek spiega accigliato d’aver scritto subito su Google: «Ho bisogno di aiuto/coppia di caste diverse». È saltato fuori il link ai Love Commandos. «Era proprio il giorno di San Valentino. Ci hanno detto di prendere un treno per Delhi. Ho lasciato l’attività di impianti elettrici. Ma ricominceremo da capo dove non ci conosce nessuno. Non c’è alternativa. I suoi ce l’hanno giurato: se vi sposate, vi uccidiamo!». «L’India siede su un vulcano demografico che può esplodere in ogni momento», dice Baba Sachdev. «Siamo più di un miliardo e 300 milioni. Il 65 per cento della popolazione ha meno di 35 anni. E nel cuore di questi giovani c’è l’amore. Che vivano in metropoli, villaggi, nelle foreste o in montagna, vogliono tutti la stessa cosa: il diritto di amarsi. Ci sarà una guerra generazionale. E vinceranno i giovani». Sembra pronto alla battaglia anche il malinconico Sumit, agricoltore di 24 anni, figlio del sindaco di un villaggio dell’Haryana. Dov’è la sua Prya, bramina ventunenne? Erano riusciti a scappare fin qui e a sposarsi, ma lei s’è lasciata manipolare dai pianti della madre. «Al telefono mi hanno giurato che l’avrebbero lasciata tornare da me», racconta. «Invece, appena arrivata, le hanno tolto il cellulare e l’hanno sequestrata. Sto facendo causa per rivederla. Ma non posso tornare ai miei campi. Mi ucciderebbero». Le cose si fanno a volte ancora più pericolose. Lo racconta Ketan Patadya, 24 anni, scappato dal Rajkot, nel Gujarat, con la coetanea Sonal Charada. Entrambi dalit, ma lui viene dalla sottocasta dei facchini, lei dei lattai. Abbastanza per creare una tragedia. I genitori e parenti hanno scoperto dove si nascondevano. Sono arrivati qui con un contingente di poliziotti del Gujarat e hanno affrontato in una gara di spintoni la polizia di Delhi, che è riuscita a cacciare gli agenti gujarati, in flagrante extraterritorialità. Ricatti. Minacce. Violenze. Tutto in nome della tradizione. «Ma quale tradizione?!», sbotta Baba Sachdev. «Il nostro Dio Shiva veniva da una casta umile, mentre la Dea Parvati era una bramina. Shiva era povero, Parvati figlia di re. Lei scappò di casa. Arrivò alla grotta di Amarnath sull’Himalaya, dove Shiva meditava. Accanto alla sacra cascata ghiacciata, con uno scambio di collane di fiori, Shiva sposò la Dea che amava. Questa è la nostra vera tradizione. Una tradizione di amore uccisa nel nome del cosiddetto onore. Se il nostro Dio si può sposare per amore, perché noi no?».

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