Via da Scampia: i ragazzi salvati da Mascalzone Latino

I giovani allievi della scuola di vela creata dall’armatore Vincenzo Onorato per i ragazzi dei quartieri difficili di Napoli, scoprono in mare la speranza di una nuova vita
Via da Scampia i ragazzi salvati da Mascalzone Latino

Sono di Scampia, Secondigliano, Afragola, Rione Alto e Quartieri Spagnoli. Hanno dai 6 ai 18 anni, ma dei bambini e dei ragazzini hanno poco perché la vita li ha resi adulti presto. Vivono nei quartieri difficili di Napoli, in quei quartieri che noi vediamo solo in televisione, ma che loro frequentano da quando sono nati, dove la via di fuga non è contemplata, dove restare non è una scelta, ma un obbligo. Lì, tra «monnezza», siringhe, carcasse di auto abbandonate e morti ammazzati, alcuni vanno a scuola, tra banchi rotti e muri scrostati che devi stare attento che non ti crollino addosso, e quando escono, il nulla, quando va bene.  Ma se lo sguardo è già duro, già arrabbiato, sotto sotto quei bambini hanno solo bisogno di qualcuno che li porti via. Ma spesso nel male, può accadere qualcosa di inaspettato: da dieci anni a questa parte, da quando questi ragazzini sono stati presi sotto l’ala della scuola di vela Mascalzone Latino, per loro il mondo è cambiato. E anche il loro sguardo. Perché quando suona la campanella, invece di trasformarsi in prede della malavita, diventano protagonisti del loro futuro.

Mascalzone Latino è una scuola di Vela per i soli bambini delle aree a rischio della Provincia napoletana, perché, come dice il patron Vincenzo Onorato «a Napoli i circoli di vela sono circoli aristocratici dove vanno i figli di papà con la pancia piena e senza motivazione. Noi vogliamo avvicinare al mare quei bambini che nemmeno l’hanno mai visto il mare, puntando sulla loro voglia di farcela, sulla loro motivazione, che è fortissima, e incanalandola verso qualcosa di positivo».

Mascalzone Latino è un luogo sicuro che, dal doposcuola in poi, si prende cura di loro sotto tutti gli aspetti offrendogli un’opportunità di riscatto attraverso lo sport e i suoi valori più importanti come la lealtà, la forza ed il coraggio. «Io sono cresciuto qui dentro - ci racconta Matteo Tucci ormai 20 anni, quasi terminati gli studi - ho iniziato scuola di vela quando avevo 11 e ora che ho concluso i corsi di addestramento, posso imbarcarmi. Poi vorrei specializzarmi in logistica, nella gestione dei trasporti. Andare per mare è una sensazione unica, è stato un percorso che mi ha aiutato a crescere, ma a crescere sulla strada giusta. Ha tirato fuori la voglia di lottare, di non mollare anche quando l’unico pensiero che ti passa per la testa è che non ce la farai mai. E invece… Ora penso al lavoro, l’opportunità è troppo importante. Ma continuerò ad andare a vela finché potrò. Sono bravo a farlo e lo amo moltissimo. Cosa poteva succedermi se non avessi incontrato Mascalzone Latino? Non lo so, e forse non lo voglio sapere più. Ora la mia vita è questa».

La palazzina sul porticciolo del Molosiglio presa in affitto dalla Marina Militare è dal 2010 la sede della scuola di vela per 1100 bambini e ragazzi che ogni anno cercano si entrare a far parte di questa “seconda casa” la cui responsabile è l’amatissima Antonietta De Falco con cui i ragazzi hanno rapporto unico: «Sono persone speciali, nel senso migliore del termine. E’ vero arrivano da contesti familiari molti difficili, ma forse proprio per questo alcuni hanno dentro una forza incredibile. Hanno personalità fuori dal comune, spesso sono dei monelli appena arrivano, ma poi li vedi crescere e capisci quanto desiderio c’è in loro di farcela, capisci quanta energia hanno. E quanto sia importante indirizzarla sulla strada giusta. Spesso non hanno mai visto il mare e ne hanno paura, ma quando riescono ad affrontare le proprie paure, vedi quanto si sentono orgogliosi di loro».

A ogni corso, della durata di 4 mesi, prendono parte due gruppi di 10 allievi ciascuno, e i più promettenti entrano successivamente a far parte della squadra agonistica che gareggia nelle classi giovanile più diffuse, Optimist, Laser e 420. Altri, finite le medie vengono orientati a un istituto nautico per una carriera nella navigazione e altri ancora dopo il percorso educativo e formativo, vengono indirizzati a stage presso aziende che operano nei settori legati alla nautica, dalla veleria all’elettronica, alla navigazione commerciale alla logistica.

Come Lorenzo Angrisano, 17 anni, che dalle Vele di Scampia, oggi si sta diplomando all’Istituto Nautico e vuole diventare macchinista. I motori sono la sua passione: «Da piccolo con papà - ci racconta molto intimidito - smontavamo e rimontavamo i motori, ero bravissimo». Giocatore di calcio accanito, ha lasciato questo sport, che a Napoli è quasi una religione, per dedicarsi  alla vela: «Bè il calcio è il calcio, me la cavavo anche bene, ma quando ho scoperto la vela, a parte la paura all’inizio, il mare mi ha conquistato. Quando stai lì, tra le onde, non sai cosa può succedere, sei tu con le tue forze e basta, ma la paura si trasforma in una sfida. E poi quando sono là in mezzo, da solo, mi isolo e sai come si dice no? “Sto senza pensieri”».

Non è stato facile all’inizio vincere le resistenze dei genitori e la diffidenza della gente di questi posti dove nessuno si avvicina mai, dove le persone sono abituate a cavarsela da sole e dove pensare che qualcuno voglia darti qualcosa senza avere nulla in cambio è impossibile da credere. Ma qualcuno ci ha creduto, o almeno ci ha sperato. Maurizio è il papà di Ilaria e Christian, 14 e 12 anni, entrambi nella scuola di vela Mascalzone Latino. Quando gli chiedi se è contento… «Ma sa quanto è difficile vivere e crescere a Scampia? Altro che Gomorra, in questa terra di nessuno, se sei una famiglia onesta con dei valori dentro, come siamo noi, la vita è un inferno. E ce ne sono sa di famiglie così, non siamo mica tutti delinquenti. Andiamo avanti, non possiamo fare altro, non possiamo scegliere di andarcene, chi ce la fa con quello che guadagno. Qui la paura è quella vera e quando hai due figli la paura aumenta. Mascalzone Latino mi ha dato la speranza che per Ilaria e Christian ci possa essere qualcos’altro oltre a questo. Un’altra realtà, una vita diversa. Quando hanno cominciato avevano paura del mare, ma poi piano piano hanno tirato fuori il coraggio e lo hanno amato. Ilaria hai suoi tempi, Christian è più veloce, ma entrambi a loro modo ottengono dei bei risultati. E questo li fa sentire più forti, ogni giorno. Vanno a scuola e sono molto bravi e subito dopo corrono alla scuola di vela. Spesso si svegliano alle 6 del mattino per finire i compiti. Faranno lo scientifico, e io e mia moglie, una donna straordinaria, senza di lei nulla sarebbe possibile, faremo di tutto per dargli questa opportunità».

Vincenzo Onorato, insieme a tutta una rete di collaboratori che lo affiancano in questa avventura, nonostante le difficoltà incontrate, non ha mai desistito: «Io devo tutto al mare e ora è il momento di restituire. Non sono io che do a loro, ma loro che danno a me. Qui non c’è bisogno di reddito di cittadinanza. Non c’è bisogno di elemosina, c’è bisogno di speranza».