A letto col nemico

Alice scopre di avere sposato un pedofilo, che aveva abusato anche della loro figlia. Nonostante lui non ci sia più, a distanza di anni continua a interrogarsi sul loro passato insieme: «Credevo fosse un padre come tutti gli altri»

Un detto inglese dice: Come si fa a mangiare un elefante?Risposta: Un boccone alla volta.L’elefante di Alice pesa circa sei tonnellate ed è alto tre metri, è entrato in casa sua in un pomeriggio del 2007 con un mandato di perquisizione che dice: Pedopornografia. Fuori diluvia.

Primo boccone: L’elefante entra nella stanzaDavanti a casa ha visto la porta del garage aperta. «Dodici uomini della SWAT, la squadra speciale della polizia, avevano fatto irruzione. Da mesi seguivano le attività online di Mark, mio marito, che possedeva oltre un terabyte di materiale pedopornografico». Migliaia di immagini nascoste in quattro computer e diversi hard disk, accanto alle cartelle con dentro le foto dei figli: Grace, 4 anni, e Joseph, 10 mesi. Lei, un medico inglese di 35 anni, trasferita negli Stati Uniti per seguire la carriera militare del marito – conosciuto in un viaggio in Egitto – scopre così di aver sposato un pedofilo. «Mark non era in casa e non rispondeva al telefono. Non lo ha fatto per tutta la notte». La mattina seguente, una chiamata dell’ispettore di polizia sveglia Alice dallo stato di straniamento delle ultime ore: «Suo marito è morto in un incidente stradale, si è schiantato contro un albero». Non si è mai capito se sia stato davvero un incidente, o se Mark si sia suicidato sapendo di essere stato scoperto. «A distanza di 12 anni, preferisco pensare che si sia tolto la vita perché sarebbe l’unico segno del fatto che avesse un cuore», mi sussurra con un’espressione serena che manterrà per tutta la nostra conversazione, e che fa a pugni con la storia che racconta. All’inizio Alice è tormentata dai sensi di colpa. «Come ho fatto a non capire?», si chiede. I dettagli dell’incubo fanno presto a manifestarsi nella realtà, il primo lo svela un vicino di casa che, furioso, si scaglia contro la sua porta: «“Dimmelo”, mi urlava, “quando mia figlia veniva a giocare da voi, tuo marito era in casa?”. Ormai, nel quartiere, tutti sapevano, ma quella visita mi ha sconvolto perché ho realizzato che Mark avrebbe potuto abusare di bambini in carne e ossa, anche di nostra figlia Grace. Mi sono sentita le gambe cedere: non ci avevo ancora pensato». La conferma arriva qualche giorno dopo, proprio da Grace che durante una febbre alta, in una sorta di incubo delirante, mima i gesti della masturbazione maschile. «Ho cercato di rassicurarla, ma ero terrorizzata, e ho chiamato l’ispettore di polizia». Tra quel terabyte di abusi, c’erano anche 800 foto della piccola Grace travestita da Cenerentola e da Bella addormentata nel bosco mentre faceva cose che aveva visto nei film che suo padre la obbligava a guardare. «L’80% degli abusi sui minori avviene in famiglia o in contesti conosciuti», spiega Raffaella Visini, psicoterapeuta che conduce gruppi con pedofili e stupratori detenuti, «secondo Telefono Azzurro in Europa ci sono 18 milioni di bambini abusati e in Italia ogni tre giorni un bambino subisce una violenza sessuale».

Secondo boccone: Addomesticamento«Dovevo pensare a come proteggere la mia bambina da quello che era successo». Grace ha solo 4 anni e piange perché il papà è morto, non sa che quello che l’ha costretta a fare era sbagliato. «Mark le diceva di non dirmi nulla perché mi sarei molto arrabbiata, doveva essere il loro segreto. Ho aspettato con pazienza che lei mi parlasse». Intanto Alice organizza la sua partenza. Vuole lasciare gli Stati Uniti e tornare dalla sua famiglia in Inghilterra. «Ho buttato tutte le cose di mio marito, tranne una maglietta che mi ricordava un momento bello, un suo abbraccio». È tormentata dalle domande, si incolpa di aver scelto il padre sbagliato per i suoi figli. «Ho sempre creduto che con Grace avesse un rapporto normale: disegnavano insieme sdraiati sul pavimento del salotto, lui si divertiva a lanciarla in aria mentre lei rideva forte. Per i turni di guardia passavo molte notti in ospedale, mi fidavo di mio marito, credevo fosse un padre come tutti gli altri». Ripassa mentalmente gli istanti della vita che hanno condiviso per capire se ci fossero stati segnali che lei non avesse colto. In effetti, qualcosa trova: «Le cose tra noi andavano male. Erano mesi che Mark passava le notti chiuso in taverna, al computer. Era un uomo senza amici, molto insicuro. Mi fa senso pensare anche al fatto che, da quando ero rimasta incinta, aveva smesso di trovarmi attraente per colpa delle mie forme piene, da donna. Prima delle gravidanze avevo un fisico da bambina». «La pedofilia non conosce classi sociali. Nel 30% dei casi di abuso la famiglia non denuncia, nonostante tutti siano al corrente», spiega Visini, «non lo fanno per paura di ritorsioni e per lo stigma sociale. In Italia, per esempio, gli psichiatri e gli psicologi sono obbligati dalla legge a denunciare la persona che confida l’abuso sessuale, motivo per cui molti non chiedono aiuto». A tre mesi dalla morte del marito, Alice prende i suoi due figli e torna a casa dall’altra parte dell’Atlantico, alla ricerca disperata di riemergere dal fango in cui l’elefante li ha sommersi.

Terzo boccone: L’elefante non può mai essere sepoltoIn Inghilterra ha il supporto della famiglia, ma ricominciare da zero con un bambino di un anno e una di quattro non è semplice. Dalla valigia escono anche i flashback e il disturbo post traumatico da stress. In America, l’ispettore di polizia le aveva fatto vedere le immagini di un’altra bambina abusata dal marito, una certa Lisa Marie, voleva sapere chi fosse. «Non ne avevo idea, ma non sono più riuscita a togliermela dalla testa. Avevo flashback così forti che mi è capitato di ritrovarmi catapultata nel momento in cui lui abusava di lei, come se fossi stata presente». Certe immagini arrivano inaspettate mentre guida o è al parco coi bambini, «e solo grazie alla terapia sono riuscita a gestirle, ma ci è voluto del tempo». Grace intanto cresce, ha sei anni e capita che parli con la madre di quello che prova. «Un giorno mi ha detto: “A volte quando sono a letto mi sento un po’ male e un po’ bene. Male perché ho fatto quelle cose a papà, bene perché ho provato con tutte le forze a fermarlo”. Ho cercato di rassicurarla sussurrandole che era una bambina coraggiosa e che ero molto orgogliosa di lei. Poi le lacrime hanno iniziato a scendere, senza controllo». Suo padre abusava di lei da quando aveva tre anni. «La maggioranza degli uomini che abusano negano di averlo fatto, per non perdere gli affetti», dice Visini. «Però, alcuni di quelli che intraprendono un percorso serio arrivano anche a un pentimento sincero». Alice immagina che se mai avesse potuto parlare col marito si sarebbe scagliata su di lui. «Meglio che sia andata così, se fosse vivo la nostra vita sarebbe molto più complicata».

Quarto boccone: L’ombra dell’elefanteOggi Joseph ha 12 anni ed è un ragazzino spensierato. Da piccolo idealizzava la figura del padre, ora non ne parla mai. «Non sa quello che ha fatto a Grace, ma immagina. Quando gli chiedo se vuole saperne di più, dice che va bene così». Grace ha 16 anni, ama cantare. In passato è stata seguita da degli specialisti. «Tramite la musica esprime tutta se stessa, è una ragazza resiliente. Quando si chiude o si arrabbia, mi chiedo se lo faccia perché è un’adolescente o per quello che ha subito. È una domanda a cui non saprò mai rispondere, ma che mi fa soffrire», dice Alice. «Una vittima di pedofilia non per forza avrà la vita distrutta, con un percorso di psicoterapia e degli affetti vicino, si può arginare il danno», spiega la psicoterapeuta. Alice, intanto, continua a fare il medico, da due anni si è concessa di tornare a sorridere e sta con un uomo che la ama e la rispetta. Si è concessa anche di provare solo rabbia nei confronti di Mark. C’è una cosa che la rende felice di tutta questa storia: dopo aver scoperto le attività criminali del marito, la polizia è riuscita a chiudere diversi forum pedopornografici e arrestare centinaia di uomini in tutto il mondo. Nel suo libro, Eating the Elephant (ovvero Mangiare l’elefante, Mirror Books), in cui racconta gli ultimi 12 anni della sua vita, scrive: «L’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi ci descrive come vasi rotti rimessi insieme, dalle cui crepe, però, può passare tantissima luce».

N.B. È importante ricordare che essere un pedofilo non vuol dire necessariamente avere molestato, ci sono molti soggetti che non agiscono.

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