Immaturi, Nicole Grimaudo: «Ridateci la libertà di essere donne»

Una carriera cominciata a 14 anni e, con la serie «Immaturi», la possibilità di tornare sui banchi di scuola. L'attrice, nella fiction Mediaset, è Francesca, uno chef affetto da sesso-dipendenza. «L'eredità di Ambra Angiolini? Non la sento»
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«Le prime sigarette, rollate con il tabacco. Un cornetto integrale, le mie sorelle. Roma e l’esame orale». Nicole Grimaudo, della maturità, ricorda la bellezza. «È stato un periodo divertente», racconta, il sorriso sognante, mentre nell’Aula Magna del Liceo Parini di Milano passano le immagini di Immaturi – La Serie. «Questa fiction mi ha permesso di tornare sui banchi di scuola, riviverne le emozioni», prosegue l’attrice, una carriera cominciata quando, adolescente, avrebbe potuto godersi il liceo.

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«Non me ne sono mai pentita, eppure da madre troverei difficile sostenere una scelta analoga», racconta la Grimaudo che nella serie, trasposizione televisiva del film omonimo, è Francesca, uno chef di successo intento a combattere la propria dipendenza da sesso.

«Mi sono documentata, sa, prima di iniziare le riprese della serie (in onda su Canale 5 ogni venerdì). Ma Immaturi, come il film diretto da Paolo Genovese, resta una commedia. Non c’è dramma nelle otto puntate».

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Nella serie, lei è Francesca, personaggio che negli Immaturi versione cinematografica è stato di Ambra Angiolini. Com’è stato ereditarne il ruolo?«Per la verità, non ho percepito il peso di un’eredità. Questa serie è altro dal film, ne è distaccata al punto da avermi consentito di non riguardarlo. Ho letto la sceneggiatura e interpretato Francesca per come io l’ho vissuta».

Di Ambra, fece le veci anche in Non è la Rai.«Infatti, la casualità del ritorno, la bellezza di un nuovo progetto a legarci, questa sì, l’ho percepita».

Vi siete sentite con l’Angiolini?«No, mai».

Francesca, nella serie, è una donna affetta da sesso-dipendenza. Come è affrontato il tema?«La sesso-dipendenza è un tematiche seria, che riguarda una miriade di persone. Tuttavia, Immaturi è una commedia, cosa questa che ci ha dato la possibilità di creare momenti divertenti, di giocare sugli equivoci. Una sana leggerezza pervade la serie».

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Com’è stato tornare ai propri diciotto anni?«Emozionante. Immaturi ci ha regalato un gettone per un altro giro di giostra, il secondo. Ci ha permesso di rivivere la scuola, i suoi odori. Il suono della campanella. Il dito che scorre sul registro, a cercare un nome da interrogare. Ha riportato alla memoria una delle fasi più intense della vita umana».

Lei, però, quella fase l’ha spesa lavorando. Sente mai d’essersi persa qualcosa?«Sì, probabilmente qualcosa mi è mancato. La leggerezza, forse. Iniziare a 14 anni, con una cosa complicata come il teatro, mi ha però dato la misura di quanto importante sia questo lavoro, di quanta dignità abbia. Potessi tornare indietro, rifarei tutto allo stesso modo».

Da madre, accetterebbe mai che i suoi figli, adolescenti, le chiedessero di lavorare?«Sarebbe difficile sostenere la loro scelta, così com’è stato difficile per i miei genitori. Mi dovrebbero dimostrare di essere in grado di farcela. Un figlio, in una certa misura, deve guadagnarsela, la fiducia dei genitori».

Lei ci riuscì.«Io ero una ragazzina abbastanza matura, con una bella testa. Magari, le cavolate le ho fatte più avanti. Ma a 14 anni ero molto equilibrata».

S’è mai dovuta confrontare con una realtà simile a quella descritta da tante sue colleghe, all’indomani dello scandalo Weinstein?«Personalmente, no. Ma credo che le donne dovrebbero avere più libertà. Di movimento, di scelta. Vorrei che tutte noi potessimo presentarci ad un appuntamento in gonna senza perciò essere scrutate. Vorrei che ci ricordassimo quanto è bello poter essere donne e poter essere femminili. E vorrei che gli uomini ci dessero nuovamente questa possibilità».

Tempo fa, ha lamentato la mancanza di ruoli da protagoniste per le attrici. La pensa ancora così?«Credo che in America questo non valga. Là, hanno una scuola straordinaria, fatta di ruoli femminili strepitosi. In Italia, invece, potremmo fare di più».

In che modo?«Penso che la donna per troppo tempo abbia interpretato solo la moglie e l’amante, penso che sia stata una spalla. Importante, forte se vogliamo. Ma sempre un passo indietro rispetto all’uomo. Oggi come mai c’è bisogno che siano, invece, raccontate storie di donne indipendenti».

Nel suo futuro ce ne sono?«C’è una fiction per RaiUno con Alessandro Preziosi. Si intitola Figli e racconta il mondo dell’ndrangheta calabrese, la volontà di dare ai figli degli ‘ndranghetisti la possibilità di vivere una vita nuova, nonostante la terribile eredità che si trovano addosso».

Nella sua carriera ha fatto tutto: cinema, tv, teatro. Cos’è meglio?«Io vengo dalla televisione, e sono stata sempre contenta di farla. Anche quando c’era grande snobismo nei confronti di questo mezzo. Per me è stata una scuola. Credo che quello che ti dia la tv, la possibilità di recitare per ore, di esercitare la memoria ed essere in una certa misura registi di se stessi, sia impagabile».