Nairobi de «La casa di carta»: «Quando a scuola mi chiamavano zingara»

Rampolla di una celebre famiglia di artisti in Spagna, nel mondo è diventata una star con la serie-fenomeno «La casa di carta». E così per Alba Flores è cambiato tutto. Per esempio, nessuno la discrimina più per le sue origini gitane, «ma solo perché sono famosa»
Alba Flores
Gallery12 Immagini
Guarda la gallery

Questa intervista è tratta dal numero 26 di Vanity Fair in edicola dal 27 giugno al 4 luglio 2018

Si chiama Alba González Villa, ma ha scelto di usare il cognome di sua nonna Lola, Flores, come nome d’arte. Il giorno della sua nascita, il 27 ottobre 1986, i giornali annunciavano la nuova stagione di Falcon Crest, che in Spagna diventò un fenomeno in grado di trasformare il personaggio di Angela Channing nel simbolo del male. Trentuno anni dopo qualcosa è cambiato e, per quanto anche Alba sia una stella della televisione, lo è grazie a una storia che non parla di ricchi proprietari di vigneti ma di un gruppo di persone che decide di opporsi al sistema: La casa di carta. La serie tv in cui una banda di malviventi mette sotto scacco la Zecca nazionale spagnola è diventata una delle fiction di lingua non inglese più viste su Netflix. Un successo che ha causato situazioni inedite per l’attrice: in Spagna è famosa da quando era nella culla, ma non le era mai capitato di doversi nascondere nella zona vip di un aeroporto, come le è successo di recente in Costa Rica, per mettersi in salvo da una valanga di fan che voleva l’autografo di Nairobi, la falsaria che Alba interpreta nella serie.

LEGGI ANCHE

Lo strano destino di quelli de «La Casa di Carta»: da sconosciuti a star

La prima emissione della serie in Spagna, su Antena 3, ha avuto risultati modesti. «Con Netflix è cambiato tutto e ammetto che non sono in grado di calcolare davvero il successo che ha avuto», afferma Alba, con decine di migliaia di follower in Brasile, Italia, Francia o Argentina, un Paese dove la serie ha avuto un’accoglienza così travolgente che ci sono già bimbe appena nate che si chiamano Nairobi.

Questo boom le ha portato offerte di ogni genere: diventare la ragazza immagine di marchi importanti o partecipare a eventi, ma sembra che a lei non importi molto di essere passata da 50 mila a quasi tre milioni di follower su Instagram nel giro di pochi mesi. Ammette però di aver iniziato a misurare di più le proprie opinioni: «Sono consapevole che i social network sono diventati molto permalosi», ma continuerà a parlare di «giustizia patriarcale» di fronte a sentenze come quella della Manada – il branco di cinque ragazzi accusati di aver violentato in gruppo una ragazza di 18 anni a Pamplona nel 2016, mentre si teneva la celebre festa di San Firmino.

«Mi farebbe male il cuore a stare zitta. Soprattutto perché in Spagna, fino a non molto tempo fa, esprimere le tue idee poteva costarti la vita», afferma la nipote della Faraona, la cantante Lola Flores, che durante la dittatura aveva recitato per Franco, fautore delle condanne a morte a cui si riferisce. «Su questo argomento per me prevale l’amore, e mi viene naturale difendere mia nonna, che se avesse avuto una coscienza politica avrebbe dovuto esiliarsi. Ma sono consapevole che ci furono artisti che si rifiutarono di cantare per Franco, mentre lei lo fece». **Alba è così, chiara e diretta, e sa che nei suoi 31 anni di vita la Spagna è cambiata. **

LEGGI ANCHE

«La Casa di Carta»: capolavoro o bluff? Sfida sulla serie del momento

Il giorno della nascita di Alba i telegiornali aprivano con un funerale opera dell’Eta e sui quotidiani brillava Sade, cantante nera di cui si elogiava la «bellezza esotica». Oggi non dobbiamo più contare le vittime di quel movimento terroristico, ma quelle del machismo, argomento sul quale l’attrice ha le idee molto chiare: «Il femminismo è qualcosa che mi appartiene, mi scorre nelle vene». E assicura che oggi qualcosa sta cambiando: «Noi donne ci guardiamo a vicenda per strada, ci proteggiamo, esiste una sorta di sorellanza».

In famiglia, Alba è stata educata alla diversità. «A casa nostra ci sono sempre state grandi tavolate, c’era sempre da mangiare per venti persone di diverse culture, generi, capacità, razza o sessualità». Per questo la preoccupa che una simile varietà non sia presente nel cinema, nelle serie tv o nella stampa. «Hai mai visto un attore cieco?», chiede indignata.

«Ho provato il razzismo sulla mia pelle, a scuola», afferma. E ricorda il giorno in cui una bambina nella mensa della scuola le chiese se era gitana e lei rispose di sì: «Corse via per dire alle altre: “Buttate il piatto, stiamo mangiando cibo da zingari!”. Vai a sapere che cosa le raccontavano a casa». Ora che è adulta non le succede più, tra le altre cose perché «se godi di una certa popolarità, nessuno bada al fatto che sei gitana», ma insiste che «la Spagna è razzista e machista, perché questa è l’educazione che ancora riceviamo».

Lei cerca di aiutare interpretando ruoli come quello di Saray in Vis a vis (serie tv spagnola ambientata in un carcere femminile, ndr), una zingara lesbica.

Quando parla, Alba sembra un po’ inflessibile, ma è solo una questione di tono, perché nella pratica lascia sempre uno spiraglio dal quale si possono generare nuove domande. Lo fa anche con le cose a lei più care, perfino con la famiglia: non prova mai a mitizzare i parenti.

Da suo padre ha ereditato la coscienza ecologista. «Non volevo fare l’artista. La mia famiglia mi è sempre sembrata molto eccentrica, tutti sempre a cantare», dice. Alba si abbandona volentieri ai ricordi, ma reagisce diversamente ogni volta che qualcuno mette nella stessa frase la parola tragedia e il suo cognome, Flores, riferendosi alla morte per overdose del padre.

Sulle sue qualità di fronte alla cinepresa parla Álex Pina, creatore della Casa di carta e di Vis a vis: «È un’attrice davvero esplosiva, e questo non fa che aggiungere carisma al suo Dna».

La Casa di Carta
Gallery8 Immagini
Guarda la gallery

Di fronte ai complimenti, lei reagisce così: pensa, sorride un secondo e poi torna alla realtà. «Gli attori sono sopravvalutati», dice sminuendosi, come se questa ragazza che ha già vinto un Premio Ondas collettivo (i prestigiosi premi assegnati in Spagna a personaggi della tv, della radio e della musica, ndr) per Vis a vis temesse di perdere la direzione. Forse è per questo che quando deve indicare qualcuno che parli di lei nomina Ana Villa, sua madre, che l’ha cresciuta da sola dopo la morte del padre Antonio. «Sono indipendente da quando avevo 19 anni, ma mia madre è fondamentale per me perché mi ricorda da dove sono partita. Mi ha insegnato a tenere i piedi per terra».

È un’attrice davvero esplosiva, e questo non fa che aggiungere carisma al suo Dna

Alba racconta poi che se prima aspirava a vivere del proprio lavoro, ora che ce l’ha fatta il suo compito principale è non perdere la propria individualità. «Abbiamo un rapporto complicato, perché abbiamo entrambe un carattere forte e per anni siamo state una famiglia di due persone», dice la figlia, ammettendo che è stata sua madre a metterle le ali. «Non mi ha mai detto cose tipo: “Non essere volgare”; né ha fatto storie quando io preferivo giocare a calcio, invece che con le bambole». A questo proposito, ricorda che quando era ancora piccola, in un’intervista ha detto di sentirsi «un po’ un bambino». «I miei amici Lgbtq hanno visto quel video e sono stupiti che io avessi già le idee così chiare e che lo dicessi con naturalezza».

Ma la franchezza è una cosa, e l’intimità un’altra. Per questo Alba considera la sua vita privata come esclusivamente sua. «Ho 31 anni e non sono mai entrata in quel mondo, perché credo che sia giusto avere una privacy e anche dei segreti: averli dà molta forza. E molta profondità».

Ora che si è fatta un nome tutto suo nel mondo artistico, Alba non viene più confusa con altri membri della sua famiglia, piuttosto con i suoi personaggi. «Ma non sono né Nairobi né Saray. Entrambe, in modo diverso, provengono da situazioni disagiate, e io non ho avuto una vita del genere. Pur non volendolo… sono un po’ borghese». Lo dice, più che con senso di colpa, come se fosse una contraddizione, e chiarisce che proprio per questo si è costruita a poco a poco una coscienza sociale.

Mentre concludiamo l’intervista, i giornali dicono che il Movimento 5 Stelle, forza antisistema, è salito al governo in Italia, che Kendrick Lamar è il primo rapper a vincere un Pulitzer e che la mozione che ha portato alla caduta del governo di Rajoy in Spagna è la prima che prospera in democrazia. «È un giorno storico», dice, prima di andarsene, Alba Flores, lasciandoci intuire in che direzione va il futuro.

LEGGI ANCHE

«La Casa di Carta»: El Profesor e quel fascino da «nerd» latino

LEGGI ANCHE

«La casa di carta», Úrsula Corberó rapisce il cuore