«Will e Grace», la parola a Debra Messing: «Abbiamo tutti bisogno di una buona risata»

Vent’anni dopo il debutto, arriveranno in tv i nuovi episodi dell'amata sit-com. E con loro l'attrice, pronta ad affrontare temi cruciali e a «spostare nuovi confini». Come fa nella vita, con il suo Roman
Will e Grace: il ritorno
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Questa intervista è tratta dal numero 39 di Vanity Fair in edicola dal 26 settembre al 3 ottobre 2018

«Ora che ci sono arrivata ne sono proprio convinta: i 50 sono i nuovi 30». Debra Messing ha festeggiato il compleanno il 15 agosto, sul set di Will & Grace. «Un paio di mesi fa vedevo questa spada di Damocle sulla mia testa e mi chiedevo come fosse possibile avere già 50 anni. Eppure non sono mai stata meglio e sono davvero grata per la vita che ho adesso».

I capelli rossi, sciolti, incorniciano un viso ancora fresco e mettono in risalto i suoi occhi verdi sempre sorridenti, il tono di voce è alto e argentino, da donna entusiasta della vita: Debra è in ottima forma, dopo il periodo difficile che ha seguito il divorzio dal marito Daniel Zelman, due anni fa. Da Los Angeles è tornata «a casa» a New York, sua città natale, con il figlio.

Anche la carriera procede molto bene: dopo undici anni, Will & Grace torna in tv (da ottobre in Italia su Joi), mentre dal 18 ottobre Messing sarà al cinema con Searching. Il film, premiato al Sundance, racconta una delle angosce più grandi di questo tempo: l’ansia per i nostri figli, alle prese con i pericoli dei loro computer e telefonini. Su queste fa leva il thriller, dove l’attrice è una detective che investiga sulla sparizione di una sedicenne. Del cast fa parte anche John Cho, che interpreta il padre della ragazzina scomparsa, e che forzerà le password della figlia per cercare di scoprire qualche dettaglio in grado di farla ritrovare.

Will & Grace
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Mamma single di un adolescente, Debra è molto sensibile sull’argomento: «Le paure di quel padre sono le mie paure quotidiane, le ansie di ogni genitore oggi. Aneesh (Chaganty, il regista, 27 anni, ndr) è stato bravissimo a trasformare in linguaggio cinematografico i mezzi di comunicazione che usiamo tutti i giorni e che ormai fanno parte della nostra vita. Per raccontare un classico (quante volte si è vista al cinema la storia di un ragazzino scomparso?) ha usato un linguaggio nuovo, particolarmente adatto a questa vicenda».

Il film infatti è tutto un susseguirsi di immagini di videotelefonate, sms, ricerche al computer e video di telecamere di sorveglianza. «Sebbene sia difficile recitare così, senza interazione con i colleghi, è stato bello raccogliere la sfida, fare qualcosa di nuovo e nel contempo raccontare una storia con cui posso facilmente relazionarmi», dice l’attrice.

Suo figlio Roman ha 14 anni e «credo che per il momento non corra pericoli, sta entrando molto lentamente nel mondo dei social. Non è su Snapchat, Twitter o Facebook, ha solo un account Instagram». Anche il trasloco da Los Angeles a New York ha avuto, secondo lei, un impatto positivo sulla crescita del ragazzo: «È una città diversa dalle altre, densa di esseri umani. Nessuno è speciale a New York. A Los Angeles è l’opposto: là la cosa importante è essere speciali e isolarti nella tua piccola comunità di gente speciale vivendo in una villa protetta da cancelli. A New York esci di casa e sbatti nelle persone, qui la necessità di una comunicazione virtuale fra giovani sembra sia meno importante, ci sono meno tentazioni. Essendoci più stimoli reali, è più difficile annoiarsi e rifugiarsi davanti a un computer e a Internet».

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L’importante, continua, è parlare con i ragazzi: «Spesso noi adulti siamo presi dalla vita di tutti i giorni, dal lavoro, dalle bollette, e non poniamo abbastanza attenzione alle domande dei figli. Io per fortuna con Roman ho un rapporto profondo, parliamo davvero di tutto. È bello veder crescere questo giovane uomo, vedere formarsi la sua sensibilità e la consapevolezza verso i privilegi che ha rispetto a tanti suoi coetanei. Ha opinioni su tutto. Non sempre giuste magari, ma vedere la sua mente crescere è un processo stupefacente per me».

E lei crede che saranno i millennial a salvare il mondo? «Vedo cambiamenti dappertutto e non solo fra i giovanissimi. Penso per esempio ai movimenti #MeToo e Time’sUp. I cambiamenti sono arrivati. Ora finalmente tutti, anche i potenti, sono responsabili delle proprie azioni. Adesso le donne sentono di poter parlare, di poter far sentire la loro voce quando si sentono a disagio». Ci sono momenti e situazioni nella storia di Hollywood che spostano confini, fanno andare avanti. Lo scandalo Weinstein è stato uno di questi, ma spesso i cambiamenti sono più sottotraccia, come quando in tv arrivò una serie che parlava di una ragazza e del suo coinquilino gay.

«Con Will & Grace abbiamo davvero spinto avanti il limite di ciò di cui era lecito parlare in tv e lo abbiamo fatto nel modo giusto, con grazia e senza forzare troppo la mano. Ricordo le lettere che ci arrivavano da ragazzi gay, che finalmente erano riusciti a parlare in famiglia, o da genitori che si erano riavvicinati ai figli. Quella serie ebbe un impatto sociale importante, ci rese tutti più politicamente consapevoli, più attivi e più aperti ai temi della giustizia sociale e dell’uguaglianza». E ora Will e Grace sono tornati: «La sensazione è che di nuovo sia la cosa giusta al momento giusto, che ci siano altri confini da spostare. Poi quello show mi fa ridere, abbiamo tutti bisogno di una buona risata ogni tanto, no?».

Con Will & Grace abbiamo davvero spinto avanti il limite di ciò di cui era lecito parlare in tv

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