Beppe Fiorello: «Io, eroe timido»

A un passo dai cinquant'anni, e poco prima della messa in onda del suo ultimo film, «Il mondo sulle spalle» (il 19 febbraio su Raiuno), Beppe Fiorello fa un bilancio della sua vita: a Vanity Fair racconta le cose che ha perso (la paura), quelle guadagnate (la sete di giustizia) e lancia un bel messaggio a Matteo Salvini
Beppe Fiorello Il mondo sulle spalle Raiuno

Questa intervista è tratta dal numero 7 di Vanity Fair in edicola fino al 20 febbraio 2019

A 50 anni meno un mese, li compie il 12 marzo, ci accoglie a casa sua. Con un gesto veloce Beppe Fiorello, Giuseppe all’anagrafe, spalanca la porta del suo studio, e quella del suo cuore, cominciando a raccontarsi ancora prima di sedersi: «Sto lavorando a un progetto da regista», dice. «Forse non dovrei parlarne», aggiunge. «È una storia di gioventù perduta», mentre riordina la già ordinatissima scrivania. E riavvolge il nastro dei ricordi di una vita vissuta tra i palchi, dei villaggi turistici prima, dei teatri poi, e la realtà, che fa capolino sui muri dove non si contano le foto della moglie Eleonora e dei figli, Anita, 15 anni, e Nicola, 13.In mezzo, le tante interpretazioni, al cinema e alla tv, di personaggi che hanno segnato la storia del nostro Paese: da Paolo Borsellino al sindaco di Riace Domenico Lucano. L’ultimo è l’imprenditore Enzo Muscia: nel 2012 rileva l’azienda che lo aveva licenziato, la salva dal fallimento e ridà lavoro a 35 colleghi che, come lui, avevano perso il posto. Il 19 febbraio, il suo coraggio animerà la prima serata di Raiuno con Il mondo sulle spalle diretto da Nicola Campiotti.

Beppe Fiorello ne Il Mondo Sulle Spalle

Il vero Muscia che tipo è?«Un eroe che non sa di esserlo. E un pragmatico consapevole: secondo lui il lavoro va inseguito, non aspettato».

Un po’ come ha fatto lei che, a 16 anni, ha lasciato Augusta per seguire suo fratello Rosario nei villaggi turistici. E non si è più fermato: è diventato animatore, dj, cantante, presentatore. Poi attore.«Per quanto mi riguarda parlerei di vocazione: quando c’è, anche se nel mio caso nascosta da una grande timidezza, prima o poi ti trova. E non ti molla più».

Tanti al suo posto, con un fratello già affermato nel mondo dello spettacolo, si sarebbero tirati indietro.«Io mi tiro indietro da quando sono nato. Quarto di quattro figli (Rosario, Anna, e la scrittrice Catena, ndr) non potevo che stare in un angolino, imparare dagli altri e ammirare Rosario».

Oggi è reciproco?«Lo spero! Ci sentiamo spesso, ma non parliamo quasi mai di lavoro. Però una volta…».

Una volta?«Mi ha detto che guardando la mia interpretazione di Modugno non ha visto me, ma Domenico. Il complimento più bello che si possa fare a un attore. Mi vergogno un po’ a dirlo».

La timidezza non l’ha abbandonata, quindi.«No, ma se prima mi vergognavo di vergognarmi, ora ne vado fiero: la considero una forma di sensibilità. Il processo di accettazione è un regalo della maturità».

E di un bravo psicologo?«Dallo psicologo sono andato, ma per un altro motivo. Nel 2004, sul set di Joe Petrosino, ho rischiato di morire. Prima di riprendere a lavorare mi sono rivolto a uno specialista di Emdr (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ndr): una tecnica di stimolazione oculare che ti riporta là, al momento della tragedia, e ti aiuta a superarla».

Le va di ritornare «là»?«Cado da una carrozza trainata da quattro cavalli. Mi piombano addosso. Sopravvivo solo perché la ruota ha creato un’intercapedine nel terreno che ha impedito al cocchio di schiacciarmi. Mi rompo naso, spalle, gambe. All’inizio, non soffro. Avverto le voci ovattate della troupe che mi soccorre, vedo i movimenti rallentati, gli sguardi di morte. Per un istante, penso che sia la fine: è una sensazione morbida, quasi bella. Poi, questo nastro lento comincia a riavvolgersi. Si fa veloce, velocissimo. Sento l’ambulanza, i cavalli, i dolori. Sono vivo. Ma traumatizzato. L’Emdr mi ha permesso di valorizzare gli aspetti positivi della vicenda, come le soddisfazioni provate durante la fisioterapia. Il passare degli anni ha fatto il resto».

I prossimi sono 50. Bilanci?«Crescendo ho perso due cose. La prima è la paura, che da giovane mi ha sbarrato tante strade. Oddio, mi ha messo anche al riparo dalle tentazioni: il solo pensiero di provocare una delusione ai miei genitori mi mandava in ansia. Invecchiando, però, vorrei essere più trasgressivo. A 70 anni proverò tutto, droghe incluse. Che senso ha presentarsi al creatore puro e immacolato? (ride, ndr)» .

La seconda perdita?«Un po’ di leggerezza. Ho conquistato mia moglie facendola ridere con l’imitazione del tipico tamarro: braccio fuori dal finestrino, musica a palla, slang coatto. Ora dice che ero più simpatico allora».

La prossima conquista?«Con un gruppo di attori stiamo avviando un tentativo di regolamentazione dei nostri diritti, per ora inesistenti. Parlo di sicurezza sul luogo di lavoro, misure per dare dignità a una professione faticosa. Sì, fa-ti-co-sa: lo dico anche se, in Italia, suona come una bestemmia».

Perché la gente le risponde che la miniera è un’altra cosa.«E lo è, per carità. Ma intanto io ho rischiato la pelle su un set. Da noi le persone si ergono a moralizzatori su questioni di poco conto, e sorvolano su faccende da brividi».

Per esempio?«La collusione della politica con il malaffare. La solita vecchia storia, non dico niente di nuovo».

E la gestione degli sbarchi?«Se ti volti, trovi la risposta».

Appesa al muro, la foto di un uomo che sorride con la testa all’indietro. Attorno a lui, un gruppo di africani. Per mano, una bambina con le treccine. L’uomo è Fiorello nei panni di Domenico Lucano, detto Mimmo, sindaco di Riace. E il quadro è la locandina del suo biopic, Tutto il mondo è paese*, che aspetta ancora una data di uscita.*

Quando verrà inserito nei palinsesti Rai?«Aspettiamo si sblocchino le questioni giudiziarie del sindaco».

Se al governo ci fosse un’altra coalizione sarebbe già stato mandato in onda?«Non lo so, è probabile. Se io fossi Salvini, invece, prenderei Mimmo per mano, lo porterei davanti alla Commissione Europea come esempio vivente dei suoi proclami: spesso l’Italia è sola di fronte alle emergenze umanitarie. Quest’uomo accoglie gli immigrati dagli anni ’90 e se ha commesso degli errori – come lui stesso ha ammesso – è perché è un contadino della politica: conosce poco il lato burocratico, a lui premono le persone. Preme dar loro una casa, un’istruzione, una speranza».

Tutte cose che non compaiono tra i primi punti dell’agenda politica della Lega.«Ma nessun partito può condurre una battaglia individuale. Lo dico a Salvini e a Lucano, perché è legittimo sostenere che gli sbarchi vadano regolamentati. Solo che bisogna trovare un equilibrio».

Suggerimenti?«Quando un motoscafo raggiunge le nostre coste, intanto che i politici decidono come smistare i migranti nei vari Paesi dell’Unione, facciamoli attraccare. Diamo loro un pasto caldo e assicuriamoci che stiano bene. Altrimenti, mentre noi chiacchieriamo, quelli muoiono».

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