Caro millennial, ti spiego chi erano Holly e Benji, i due che ci hanno fatto più sognare

Holly il generoso, Tom Becker l'amicone, le maniche arrotolate di Mark Lenders e la catapulta dei fratelli Derrick. Il loro ritorno in Tv è per molti di noi l'evento del 2018. Perché quelli eravamo noi, i nostri otto anni e i nostri sogni davanti a un divano
Caro millennial ti spiego chi erano Holly e Benji i due che ci hanno fatto più sognare

Caro millennial ti scrivo, così ti distraggo un po’ e ti spiego perché il ritorno in tv di Holly e Benji - tieniti forte - è l’evento del 2018.Intanto: è un cartone animato giapponese. Intanto: si parla di calcio. Intanto: andava in onda all’inizio degli anni ’80 (ne hanno fatto una riedizione quindici anni fa, ma l’originale batte tutti). Intanto: lì dentro noi - che a quei tempi eravamo bambini - abbiamo visto cose che voi umani Millennials non potete immaginare.

Abbiamo visto campi da calcio curvi (sì, curvi) e lunghissimi, che non finivano mai, erano lunghi chilometri e chilometri, come andare da Milano zona Corvetto a Vicenza, ma prendendola larga. Al terzo episodio Holly - un tipino che oggi ad «Amici» darebbe due giri di pista a tutti - faceva un tiro e quel tiro - credeteci - finiva in porta al settimo episodio. In mezzo succedeva di tutto.

Holly giocava all’attacco, era semplicemente perfetto, solare, amico di tutti, generoso, il migliore, innamorato (ricambiato) di Patty, che sposa a diciannove anni, tra una pallonata e l'altra. Holly eravamo noi, come avremo voluto essere.

Benji - non è quello di Benji e Fede - giocava in porta: parava tutto, anche l’inverosimile. La squadra si chiamava New Team. E fin qui: tutto normale.

Meno normale era la «Catapulta infernale» dei fratelli Derrick, un’acrobazia da circo Togni applicata al calcio, un Kamasutra realizzato da due ceffi con denti da castoro che saltavano uno in groppa all'altro (e noi in spiaggia si provava a replicare).

Meno normale era Bruce Harper, una schiappa che parava con la faccia, un bambino goffo che veniva bullizzato ma si riscattava giocando a calcio.

Meno normale era Tom Becker, il compagno che tutti avrebbero voluto avere: leale, onesto, probo (aveva pure un padre pittore che dipingeva paesaggi su tela e si commuoveva ad ogni tramonto: si sa, i giapponesi vanno matti per queste fandonie).

Meno normale era Mark Lenders, nemico-amico di Holly, faccia da Damiano di X Factor, infanzia difficile, tiro che buca la rete, beve solo Coca Cola, gioca con le maniche della maglia arrotolate sulle spalle e finisce per giocare in una squadra che si chiama Piemonte (indovina un po' di che squadra si tratta).

Meno normali erano i flashback dei protagonisti, sermoni che duravano tre episodi con tutti lì - compagni e avversari - ad ascoltare in religioso silenzio. Meno normale era tutta la retorica sull’amicizia, l’ambizione, il riscatto sociale. Ma è di quelle cose che hai bisogno, quando hai otto anni e sei rapito da «Holly e Benji», «Mila e Shiro», «Candy Candy» e pensi che il mondo sia fatto così.

Non era minga solo un manga, era invece un Vangelo spiegato all’ultima generazione che ha creduto a tutto, ad un pallone che prendeva mille forme e persino al fatto che i sogni si potessero avverare. Holly - partendo dalla squadra della scuola e arrivando ai Mondiali - sognava di diventare un campione. E noi con lui.

Holly alla fine della serie lascia il Giappone e va a giocare prima a San Paolo, in Brasile, e poi al Barcellona. Noi no. L’abbiamo aspettato per anni qua, davanti alla tivù. Nostalgia canaglia: nella vita di tutti ci sono tiri che cominciano a dieci anni e finiscono a quarantadue.