Il sogno di Zahra Lari, la prima pattinatrice col velo

E' l'unica atleta del circuito a scendere sul ghiaccio con l'hijab: non è riuscita a qualificare gli Emirati Arabi alla prossima Olimpiade, ma la sua è comunque una vittoria: «Insegui ciò che ami e niente potrà fermarti»
Zahra Lari, la prima pattinatrice col velo
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Quando il tabellone del Nebelhorn Trophy di Oberstdorf, in Germania, mostra i punteggi e la classifica finale, a Zahra Lari sfugge un mezzo sorriso. La giovane pattinatrice degli Emirati Arabi non è riuscita nell’impresa di qualificare per la prima volta il suo Paese alle Olimpiadi Invernali, ma solo il fatto di averci provato la rende orgogliosa. D’altronde essersi divincolata con successo nella delicata ragnatela che intreccia politica, religione e sport, è già di per sé una grande vittoria.

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Zahra, infatti, è l’unica pattinatrice sul ghiaccio del circuito femminile a scendere in pista con l’hijab, il velo che le copra la testa. Una scelta coraggiosa, che porta avanti nonostante sui social riceva spesso critiche da alcuni suoi connazionali: «Mi dicono che è contrario alla mia cultura, che non è concesso dalla mia religione», ha raccontato. «Sono persone con la mente chiusa che non conoscono il vero significato dello sport. O semplicemente non capiscono che non c’è niente di sbagliato».

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Nata ad Abu Dhabi nel 1995, Zahra ha ricevuto da subito il sostegno della mamma, Roquiya Cochran, originaria del Nord Carolina e sua manager: «Ciò che fa mia figlia non è solo per gli Emirati Arabi, ma spero sia d’esempio anche per tutte quelle ragazze musulmane che inseguono un sogno». Anche papà Fadhel, manager nelle telecomunicazioni, dopo un iniziale scetticismo ha deciso di appoggiare la causa, tanto che insieme alla moglie hanno aperto la prima società di pattinaggio degli Emirati Arabi.

Studentessa universitaria di salute e sicurezza ambientale, ha iniziato a pattinare a 12 anni dopo aver visto «Ice Princess», film targato Disney del 2005.Si allena tre volte al giorno nei buchi tra una lezione e l’altra, alternando i pattini ai libri. E i risultati sono arrivati, tanto che la Nike l’ha scelta come testimonial per il lancio di un «hijab-pro», specifico per chi fa sport: «E’ bello che un brand forte aiuti la battaglia delle donne in Arabia», ha dichiarato spazzando via le polemiche.

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In molti, infatti, avevano accusato l’azienda americana di sportswear di alimentare le differenze tra uomo e donna che esistono in alcuni paesi. In realtà la creazione di una «velo sportivo» non obbliga le donne a metterselo: ci sono atlete che, per motivi religiosi, scelgono di indossarlo. Come Ruqaya al Ghasara, la velocista del Bahrein che nel 2004 fu la prima a portarlo su una pista olimpica, oppure la sciabolatrice Ibtihaj Muhammad, prima nazionale americana a partecipare ai Giochi con l’hijab.

Zahra, in testa, ha tutt'altro: «Quando sono in pista penso solo a pattinare. Perché ho capito che se insegui ciò che ami, niente potrà fermarti».

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