Tonya, la pattinatrice che lasciò pestare la sua avversaria Nancy

Lasciò che suo marito picchiasse con una barra di metallo Nancy Kerrigan, l'avversaria americana. Oggi, il dramma che la vede protagonista, uno dei più brutti della storia dello sport, è una commedia nera, con protagonista Margot Robbie
Tonya la pattinatrice che lasciò pestare la sua avversaria Nancy

Tonya sapeva, quella fu la sua colpa. E non fece niente per evitarlo, quello fu il crimine di cui si macchiò. Quella sera Nancy Kerrigan uscì dal palazzetto di Detroit dove si allenava e venne aggredita da un uomo, che la colpì al ginocchio destro con una barra di metallo. Era il 6 gennaio 1994.L’aggressore venne subito individuato. Si chiamava Shane Stant. Era stato pagato da un tale di nome Jeff Gillooly, l’intenzione era quella di mettere fuori gioco Nancy in vista dei Giochi invernali che si sarebbero disputati a Lillehammer, in Norvegia.

Che c’entra Tonya? Jeff era suo marito. Giurò la sua estraneità, ma ammise di essere a conoscenza dell’agguato. Tonya sapeva, e non fece niente per evitarlo. Tonya Harding, Nancy Kerrigan. Le due regine del ghiaccio negli anni 90. Amiche mai, per chi si odia come noi. Tonya era un talento, ma Nancy era la figlia che tutti gli americani avrebbero voluto avere: carina, pulita, innocente, dopo ogni volteggio restavano nell’aria brillantini di «american dream».

La loro storia era già un film, prima ancora di diventarlo. Oggi quel dramma delle gelosia a stelle e strisce è una commedia nera, un «Biopic», una «Dramedy» per la regia di Craig Gillespie (il suo miglior film, «Lars e una ragazza tutta sua» è anche quello con cui ha debuttato) e musiche di Sufjan Stevens, tirate fuori i kleenex perché con lui scatta sempre la lacrima facile. Veleni, intrighi, passione, ferite, gelosia, tormenti del cuore, scandali: tutto frullato in «Io, Tonya» (a marzo in Italia), con Margot Robbie («Suicide Squad», «Wolf of Wall Street», «Gotham City Sirens») nei panni luccicanti della protagonista, dall’infanzia - i soprusi, la madre demone, le angherie subite, la povertà - fino alla maturità sofferta, infine accettata.

Lei, Tonya. Mai nessuno si era spinto così avanti nel terreno della malvagità sportiva, mai nessuno era arrivato a volere la menomazione fisica dell’avversario. Lei, Tonya, che venti e passa anni dopo si dichiara ancora innocente. «I media mi avevano condannato ancora prima di sapere com’erano andate veramente le cose. Mi hanno dipinto per anni come una donna cattiva. Avevo sentito mio marito e un altro uomo parlare di qualcosa a proposito di Nancy e avevo semplicemente chiesto: di che diavolo state parlando?».

Lei, Tonya, che venne condannata a tre anni con la condizionale. La Federazione di pattinaggio la escluse a vita dalle competizioni. Additata, reietta, colpevole di invidia, punita, bruciata sul falò mediatico come una strega nel medioevo. Da allora sono passati tanti anni e tante vite, Tonya ha visto l’Inferno, oggi - è diventata mamma - dice che «se l’è lasciato alle spalle». Ma ai Giochi di Lillehammer Tonya riuscì comunque ad andarci, minacciando una causa miliardaria alla Federazione.

Non «spoileriamo» nulla se vi diciamo che Tonya e Nancy si trovarono di nuovo di fronte - a poco più di un mese dall’aggressione - in una gara olimpica. Quel giorno il cerchio si chiuse e andò in scena la vita, anzi no: era un film ma le protagoniste ancora non lo sapevano, era la più urticante delle commedie nere, ghiaccio bollente e relazioni pericolose per Tonya e Nancy, la cattiva e la brava ragazza protagoniste di una favola scivolosa e inquietante, come il ghiaccio quando nasconde l’abisso.