Come (e dove) innamorarsi della cucina indiana

I piatti indiani «integralisti» non sono adatti al nostro palato. Ma ci sono eccellenti locali dove assaggiare la versione occidentalizzata, con minori speziature e sapori più rotondi: il primo passo per apprezzare una delle più grandi cucine del mondo. Ecco dove andare e cosa provare
Come  innamorarsi della cucina indiana

Perché la cucina indiana continua a non sfondare nel nostro Paese? Eppure per ricchezza di prodotti e varietà di piatti, solo la nostra e quella cinese possono competere allo stesso livello, anche perché la connotazione regionale è fortissima. Ma ci sono una serie di ragioni per cui, nel nostro Paese, i ristoranti indiani non sono numerosi (né esaltati) come quelli cinesi, giapponesi o di fusion. In primis, una presenza limitata di indiani in Italia (in gran parte, lontano dai centri urbani). Poi, una vocazione non innata alla ristorazione, a differenza dei cinesi ma non solo. E infine, ma è l'aspetto più importante, il gusto: troppo intenso per i palati italiani, se i piatti sono preparati secondo la ricetta tradizionale.

È assolutamente normale che in un locale indiano in Italia, la cucina sia pronta a seguire un doppio binario. Per chi è abituato (pochissimi) le preparazioni seguono il copione originario, anche se va detto che determinate spezie e ingredienti  risultano difficili da trovare sui nostri mercati, persino tramite importatori.  Per la maggioranza dei clienti, ben sapendo che la versione tipica sarebbe molto i cuochi «occidentalizzano» i piatti o quantomeno diminuiscono l’intensità delle spezie che sono basilari praticamente in ogni ricetta indiana. Detto ciò, cosa ha senso assaggiare per un neofita?

Partiamo dai samosa, antipasto croccante e sfizioso: mezzaluna o triangolo di impasto a base di farina che avvolge un ripieno di ingredienti tritati e cotti in padella quali patate, cipolle, lenticchie, formaggio, ma anche, secondo i gusti, manzo o pollo. Altro snack fritto per iniziare è il pakora: una farina di ceci mescolata con acqua, verdure e spezie con tante varianti sfiziose. Essendo sconosciuta la pasta, il riso ha un ruolo importante nelle cucine indiane: l’espressione più nota è il biryani, piatto di basmati bollito a cui si aggiungono molte spezie e vari ingredienti (carne, pesce, verdure) cotti separatamente e mixati.

Imperdibile il pollo tandoori: le cosce e le sovracosce subiscono una lunghissima marinatura in yogurt, succo di limone, zenzero, peperoncino, curry, aglio tritato, chili rosso, curcuma, per poi essere cotte nel tradizionale forno d’argilla a forma di campana rovesciata o cilindrico. La temperatura – che può raggiungere i 480° – favorisce una croccantezza unica al mondo. La carne è protagonista anche del tikka masala: ne esistono almeno quaranta ricette differenti, tutte codificate per la preparazione, che hanno il capisaldo nel pollo (anche se non mancano varianti con l’agnello): deve essere tagliato in bocconcini e poi immerso in un succulento condimento a base di panna (o crema di cocco), pomodoro e un’infinità di spezie. Il masala non è altro che il termine indiano per indicare il curry: il mix – dove è preponderante la curcuma, che regala quel caratteristico colore giallo intenso – proposto nelle versioni mild, hot e very hot. Quella più utilizzato è senza dubbio la prima, meno piccante, venduta in polvere che è meno deperibile di quello in pasta.

Per chi ama i sapori forti, va assaggiato il vindaloo di manzo, quasi certamente nato dalla contaminazione tra i prodotti del posto e il pensiero dei colonizzatori portoghesi: il riso basmati bollito fa da letto a spessi bocconcini di manzo cotti (in maniera elaboratissima) in una salsa di olio, semi di cumino, peperoncini piccanti, aglio, pasta di zenzero, cardamomo, cannella, senape, aceto, zucchero di canna, coriandolo, curcuma. E questa è solo la ricetta base…Il pane? Il naan onnipresente dall’antipasto sino al dolce: cotto nel tandoori, servito più caldo possibile, è frutto di un impasto di farina, yogurt, lievito di birra e uno specifico burro chiarificato privo di acqua, il ghee. Quanto al lato dolce, il meglio è espresso dalla tradizione: i laddu, deliziose polpettine impastate con uvetta cotta nel burro, semola tostata, scaglie di cocco e zucchero, arricchibili in vario modo

Come per tutte le altre cucine etniche, quanti amano l’India e i piatti tipici sono fortunati a vivere o passare per Milano, dove ci sono anche tanti ‘negozietti’ che servono street food tipico. Non mancano peraltro ristoranti eccellenti in altre città, come si vede nella nostra selezione. Sotto la Madonnina è anche nato – e sta avendo successo – il primo ristorante indiano di contaminazione. Lo gestisce Ritu Dalmia, popolarissima in patria per i sette locali che segue come executive chef e le apparizioni televisive. 44 anni, originaria di Calcutta,  deve all’Italia il suo innamoramento per la cucina: i suoi primi viaggi nella Penisola, alla scoperta dell’enogastronomia locale, ne hanno formato gusti e personalità, oltre che a farle aprire un ristorante italiano a Delhi, il Mezza Luna.  In compenso, Cittamani – questo il nome del ristorante in Brera – non è un tempio integralista, la linea è quella di una cucina indiana contemporanea, con influenze internazionali e il ricorso a molti ingredienti di casa nostra.  Forse è l’ennesima conferma di quanto detto all’inizio... Nella gallery sopra gli indirizzi da provare

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