Quando la cultura si fermava a Eboli: parla il pioniere del miracolo-Matera

Com'era Matera nel secolo scorso, decenni prima che diventasse la Capitale europea della cultura? Abbiamo parlato con Michele De Ruggeri, 88 anni, che 60 anni fa ebbe il sogno di salvare i «Sassi»
Quando la cultura si fermava a Eboli parla il pioniere del miracoloMatera

Un West italiano, dove il tempo sembra essersi cristallizzato in uno spazio primitivo e metafisico. Una specie di Terra Santa alternativa: non a caso, come è noto, proprio qui Pasolini ha ambientato il suo Vangelo secondo Matteo e, più di recente, Mel Gibson la sua Passione di Cristo. Che se tornasse a fermarsi a Eboli, per citare il capolavoro di un altro grande compagno di viaggio di questa terra martoriata e risorta, Carlo Levi, resterebbe lui stesso a bocca aperta.

Patrimonio Unesco dell'umanità dal 1994,  Matera appare oggi irriconoscibile rispetto a solo poche decine di anni fa. La città dei sassi, sotto i riflettori internazionali grazie allo status di Capitale europea della cultura 2019, non ha più nulla da spartire con quella "vergogna nazionale" che era considerata fino all'inizio degli anni Cinquanta, quando si viveva senz'acqua corrente e servizi igienici, in promiscuità tra uomini e animali. Poi arrivò la legge speciale voluta da De Gasperi, che sancì l'abbandono coatto dei sassi e la nascita di quartieri-satellite, dove si rifugiarono quasi 20 mila sfollati. E del suo splendido centro storico, unico al mondo, nessuno parlò più. Chi lo avrebbe immaginato che un giorno sarebbe diventato una delle mete più desiderate del turismo globale? Non certo gli abitanti di un tempo, alcuni dei quali tutt'ora non amano tornare ai Sassi, preferiscono non ricordarli.

Ci sono stati però uomini, intellettuali, professionisti che ci hanno creduto da tempi non sospetti e hanno tessuto pazientemente e tenacemente, nell'ombra, il filo magico di questa prodigiosa rinascita. Pionieri assoluti del miracolo-Matera, in una (lunghissima) epoca che l'aveva di fatto dimenticata. Michele De Ruggeri, che oggi ha 88 anni, è forse il più importante tra questi. Quest'anno ricorrono sessant'anni dalla fondazione del suo circolo La Scaletta, la prima associazione culturale materana a battersi per il risanamento e il recupero degli antichi rioni abbandonati, per la rivitalizzazione dei Sassi e per l'investimento nella cultura come volano sociale e turistico (con iniziative come "Le grandi Mostre nei Sassi").

È merito suo, e degli altri soci fondatori (un gruppo di visionari giovani locali di allora) che non tutti i ragazzi decisero di emigrare, che siano state riportate alla luce e restaurate tante antiche chiese rupestri, che i sassi della Murgia scavati a abitati abbiano evitato l'oblio. Abbiamo parlato con De Ruggeri, questo precursore del rinascimento materano. Nei suoi occhi, quando racconta e rievoca, si accende una luce bellissima.

«Matera era diventata una città morta. I proprietari andavano via in massa. Noi invece decidemmo di restare, e anzi, autotassandoci, raggiungemmo la cifra di 1 milione di lire e riuscimmo a rilevare Palazzo Bronzino (17 stanze, due saloni), nel Sasso Barisano. Lo restaurammo e ne facemmo la sede  della nostra associazione. Fu la prima struttura a essere recuperata nella zona dei Sassi, ex vergogna d'Italia. In quel tempo (i primissimi anni settanta) chi ereditava un immobile, lo svendeva. Il valore reale delle case e dei locali nel centro storico di Matera equivaleva a zero**. Era una città deserta, dimenticata da tutti»**.

«Ma le nostre battaglie erano cominciate già prima, nel sottoscala che ci ospitava in precedenza e che poteva contenere al massimo una sessantina di persone. Lì incontrammo i nostri primi autorevoli compagni di viaggio, che ci aiutarono a non disperarci, a tenere viva la speranza. Furono nostri ospiti il grande documentarista e scrittore Folco Quilici, il senatore comunista Umberto Terracini (antifascista e presidente dell'Assemblea costituente), il ministro democristiano e presidente del Consiglio Emilio Colombo. Non ci interessava che casacca politica portassero, ma che fossero interessati sinceramente alla causa di Matera».

«Dopo la pubblicazione, nel 1945, del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, la «capitale contadina» lucana divenne oggetto di visita di parecchi artisti e intellettuali. attratti dalla sua aura di centro sospeso dal mondo e dalla storia. «A proposito di Carlo Levi. Qui era di casa. L’ho portato in giro spesso sulle nostre strade dissestate, in macchina. Era un uomo magnifico, di una levatura e cultura eccezionali. Senza nessuna spocchia. Era un grande amico, tornava spesso a trovarci. Pier Paolo Pasolini non l’ho conosciuto invece di persona purtroppo, perché in quel periodo facevo il pendolare con Roma, prima per studio e poi per lavoro. Ho conosciuto molto bene Mel Gibson:** **l’Ultima Cena l’ha girata al Monastero. Ricordo anche benissimo episodi cinematografici molto più lontani nel tempo, come La Lupa, film che Alberto Lattuada venne a girare qui nel 1953 in un clima di pieno "scandalo nazionale". La prima pellicola realizzata dalle nostre parti. Disse Lattuada: "Per due mesi io ho vissuto a Matera per fare un film che non c’entra niente con Matera… certo nulla di quello che ho visto qui, e mi ha commosso, entrerà nel film… tutto qui è straordinario e soprattutto la paziente resistenza alla vita difficile di ogni giorno». Un nostro amico, tra i fondatori de La Scaletta, si diede molto da fare sul set, tant'è che sua moglie si ingelosì, temendo un suo flirt con l'attrice protagonista, la prorompente algerina Kerima. Il fotografo di scena e aiuto-regista, bravissimo, di Lattuada, Federico Patellani, tra i padri del fotogiornalismo italiano, concluse le riprese, rimase a vivere un altro mese a Matera, scattando foto che abbiamo presentato poi in una mostra memorabile».

«Pasolini ha svelato un aneddoto sulle ragioni della sua scelta di ambientare a Matera il suo capolavoro. Era stato ad Assisi, e i frati che lo avevano ospitato gli lasciarono un Vangelo sul comodino. Lui cominciò a rileggerlo, e gli venne l'idea di farne un film. Andò in Palestina per un sopralluogo sui luoghi santi, ma gli sembrava tutto ormai irrimediabilmente moderno, costellato di autostrade. Tornato a Roma, incontrò un nostro grande amico, il poeta e scrittore di origine campana Alfonso Gatto, che avrebbe recitato nel Vangelo di P.P.P. Gatto era stato a Matera, aveva tenuto una conferenza proprio nel nostro circolo. Fu lui a suggerirgli di ricreare da noi le atmosfere della Terra Santa».

Michele De Ruggeri continua a scorrere per noi l'album dei suoi ricordi d'autore. «Ricordo il grande antropologo Ernesto De Martino, autore di uno dei libri più importanti del novecento, "Sud e Magia". Allora non esistevano strutture ricettive a Matera, giusto un alberghetto, o meglio, un convitto nazionale. De Martino era amico di mio padre, e toccò a me il compito di accompagnarlo al cosiddetto "hotel". Un'altra figura che ha lasciato il segno è stata quella di Adriano Olivetti. L'industriale-umanista riuscì a coinvolgere nel problema del risanamento dei Sassi l'organizzazione apposita delle Nazioni Unite. Nacque così il borgo della Martella, un quartiere nuovo concepito per i contadini che avevano dovuto abbandonare le loro insane caverne nei Sassi».

«Un giorno mi chiamarono al telefono. C’era una cerimonia in prefettura. "Dobbiamo presentarti un amico", mi fecero. Sapete chi era questo amico? Un certo Henri Cartier-Bresson. In seguito ci siamo incontrati altre volte. Ricordo un uomo di somma educazione e finezza, diametralmente opposto all'immagine dei paparazzi invadenti e petulanti. Un incrocio tra un fantasma e un serpente: camminava sempre molto attento a non farsi notare, con la sua Leica  al collo, ma non appena scorgeva una qualsiasi scena-madre, come un fulmine scattava e fissava l’attimo. E nessuno si accorgeva di niente. Per assurdo, Cartier-Bresson non voleva essere immortalato per nessuna ragione al mondo. Un giorno gli tendemmo un bello scherzo: io e altri amici della Scaletta, conoscendo ormai i suoi movimenti, ci appostammo e lo fotografammo».

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