Crisi Partito Democratico: le possibili alleanze, le parole di Renzi, il futuro

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(Elisabetta Villa/Getty Images)

Crisi Partito Democratico: alleanze possibili dopo il voto. Le parole di Renzi dopo l’annuncio delle dimissioni. A chi verrà affidato il futuro?

Dopo le elezioni politiche 2018 l’aria in casa Pd è tutt’altro che serena. Il partito ha ottenuto appena il 19% dei consensi, ovvero oltre due milioni e mezzo di voti rispetto a cinque anni in termini assoluti. Ieri il segretario in carica del partito, Matteo Renzi, ha annunciato le dimissioni, spiegando però di voler lasciare la carica solo una volta concluse le consultazioni per la formazione del nuovo governo. All’interno dello stesso Pd, in molti hanno criticato questa posizione, chiedendo a Renzi di farsi da parte subito. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano,leader di Fronte democratico, su questo punto è il più chiaro di tutti: “Il paese non ha possibilità di attendere lunghe trattative, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5s, augurandoci che il presidente delle Repubblica, incoraggiato da una disponibilità da parte nostra, possa pensare che sia il M5s il partito che ha maggiori probabilità di comporre un governo. E di cominciare il governo del Paese”. Dunque, mentre Matteo Salvini, dato per favorito dai bookmaker, studia da presidente del Consiglio e punta ad allargare la maggioranza, in casa dem si leccano le ferite e c’è chi lavora alla creazione di un governo col Movimento 5 Stelle.

Per approfondire

Partito democratico in crisi: le possibili alleanze dopo il voto

Ieri, l’assenza di una chiara maggioranza pronta a sostenere un governo era il tema d’apertura di tutti i principali siti e giornali esteri, che al voto nel nostro Paese dedicano oggi ampio spazio. Sin da subito l’area renziana del Pd si era detta contraria ad alleanze, spiegando che il partito deve stare all’opposizione, ma c’è appunto chi come Michele Emiliano non la pensa così e aggiunge: “Tutto questo è chiaro a tutti gli italiani, spero sia chiaro anche alla classe dirigente che a Roma vedo invece continua a muoversi in modo confuso. Questo mi addolora in modo particolare”. A chi gli chiede cosa ne pensa del no a “inciuci e caminetti” messo nero su bianco da Matteo Renzi, Emiliano replica: “Renzi si è dimesso. Quindi è inutile parlare ancora di Renzi. Renzi in questo momento è dimissionario quindi non ha più titolo per parlare di politica. Deve fare, come ha detto, il senatore del suo territorio”. Nel Movimento 5 Stelle pugliese, esultano per il “cappotto” negli uninominali e nel mirino finisce proprio Emiliano: “Il presidente Emiliano e il sindaco renziano Antonio Decaro escono sonoramente sconfitti da questa consultazione elettorale”. Nel Pd, la maretta contro Renzi non si limita al presidente della Regione Puglia: “Devi dare dimissioni vere”, avrebbe detto al segretario Pd il suo vice, il ministro Maurizio Martina. Il premier Paolo Gentiloni non avrebbe gradito alcune frasi del suo segretario: “Mi ha dato dell’inciucista, lui a me”, avrebbe sbottato. Infine Luigi Zanda: “Le dimissioni di un leader sono una cosa seria. O si danno o non si danno”. Nel frattempo, alle parole di Emiliano fanno eco quelle di Luigi Chiamparino, presidente del Piemonte a Radio anch’io, su Rai Radio1. Dopo essersi detto disposto a candidarsi alla segreteria Pd dopo Renzi, Chiamparino ha sottolineato la volontà di aprire un dialogo coi 5 Stelle: “Non ci dobbiamo sottrarre dalle responsabilità, ma non dobbiamo neanche andare a togliere le castagne dal fuoco agli altri, sono i vincitori che devono fare una proposta”. Successivamente, ha chiarito ulteriormente la propria convinzione: “Io quasi quotidianamente dialogo con la sindaca Appendino, non c’è nessun tabù da sfatare”. Tra coloro che nel Pd sono “accusati” di voler dialogare col Movimento 5 Stelle c’è anche il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che però su Facebook nega in maniera netta: “Non ho mai pensato sia possibile fare un governo con M5s e tantomeno con la destra”. Poi parla di “depistaggi mediatici”.

Matteo Renzi e la crisi del Partito democratico: le parole del segretario

Ma Matteo Renzi, con un post su Facebook, assicura che le dimissioni non sono un bluff, però ribadisce anche di non essere disponibile ad alleanze con i 5 Stelle: “Le elezioni sono finite, il PD ha perso, occorre voltare pagina. Per questo lascio la guida del partito. Non capisco le polemiche interne di queste ore.
Ancora litigare? Ancora attaccare me? Nei prossimi anni il PD dovrà stare all’opposizione degli estremisti. Cinque Stelle e Destre ci hanno insultato per anni e rappresentano l’opposto dei nostri valori. Sono anti europeisti, anti politici, hanno usato un linguaggio di odio”. Ricorda Matteo Renzi: “Ci hanno detto che siamo corrotti, mafiosi, collusi e che abbiamo le mani sporche di sangue per l’immigrazione: non credo che abbiano cambiato idea all’improvviso. Facciano loro il Governo se ci riescono, noi stiamo fuori. Per me il PD deve stare dove l’hanno messo i cittadini: all’opposizione. Se qualcuno del nostro partito la pensa diversamente, lo dica in direzione lunedì prossimo o nei gruppi parlamentari”. Il segretario del partito sfida chi tra i suoi sarebbe disposto al dialogo con le altre forze politiche: “Senza astio, senza insulti, senza polemiche: chi vuole portare il PD a sostenere le destre o il Cinque Stelle lo dica. Personalmente penso che sarebbe un clamoroso e tragico errore. Ma quei dirigenti che chiedono collegialità hanno i luoghi e gli spazi per discutere democraticamente di tutto”. Renzi parla poi del suo futuro, anche di quello più immediato: “Qualcuno dice che le dimissioni sarebbero una finta, qualcuno che starei per andare in settimana bianca. Le dimissioni sono vere, la notizia falsa. Mi stupisce che certe cose diventino l’apertura dei siti, emozionino le redazioni, intrighino i giornali. Parlare di me – ancora – è inspiegabile. Sono altri, adesso, a guidare il Paese: occupatevi di loro, amici dell’informazione. Io ho già detto cosa farò: il parlamentare semplice, cercando di rappresentare al meglio quei cittadini che mi hanno onorato della loro fiducia e tenendomi in contatto con le tante esperienze belle che vivono nella nostra società. Lo farò con il sorriso e lo farò con la consapevolezza di dover dire solo grazie per questi anni bellissimi: nessuno ci porterà via i risultati straordinari raggiunti. E cercherò di fare del mio meglio per il mio Paese anche dall’opposizione”. In ultimo, l’invito a dire basta alle polemiche.

Crisi Partito democratico: il futuro nella mani del ministro Calenda?

Nel frattempo, nel Partito democratico c’è già un fatto nuovo, che però sembra aggravare lo scontro interno: il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha annunciato via Twitter l’intenzione di iscriversi al partito. Una scelta salutata da molti in maniera positiva. Gentiloni, infatti, lo ringrazia e Anna Finocchiaro commenta: “E’ molto bello ed importante che in un momento difficile ci sia chi vuole dare il proprio contributo al Pd, al suo pluralismo e al suo rafforzamento”. Maurizio Martina parla di “scelta giusta”. Soddisfatto anche Matteo Richetti, portavoce della segreteria del Pd: “Preparo il comitato d’accoglienza, si riparte alla grande”. A non allinearsi a queste dichiarazioni entusiastiche è sempre Michele Emiliano: “Il Pd ha dovuto candidare il suo ministro per il Mezzogiorno a Sassuolo e non è neanche stato eletto. Oggi inopinatamente vede presentarsi all’ipotesi di iscrizione nel Pd il ministro del disastro economico del Mezzogiorno e il ministro del disastro dell’Ilva, dell’Alitalia, della Tap. Pensa di essere il salvatore della patria. E’ evidente che questa non sia la direzione giusta”. Emiliano si appella quindi a Pietro Grasso perché si ritrovi l’unità nel centrosinistra e rilancia sull’alleanza coi 5 Stelle: “Va rilanciato l’Ulivo 4.0, una cosa nuova che non ha a che fare col passato, ma che costruisca assieme al M5S la rivoluzione italiana”. Ma la sua sembra una posizione isolata: l’accoglienza riservata a Calenda dalla quasi totalità della dirigenza del Pd per molti addetti ai lavori è un segnale evidente. Sarebbe infatti proprio il ministro dello Sviluppo economico il principale candidato per il dopo-Renzi.

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A cura di Gabriele Mastroleo

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