L’esperienza della maternità surrogata raccontata da Nicolas, diventato papà grazie a una donna speciale

Il racconto di Nicolas che ricorda il percorso per diventare padre assieme al suo compagno: dalla ricerca della madre surrogata alla nascita dei suoi bambini
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Maternità surrogata: il racconto di Nicolas

C'è Kim Kardashian, certo. E poi Chrissy Teigen e (forse) Naomi Campbell di cui la prima, solo qualche giorno, fa pubblicava su Instagram un racconto emozionato della sua esperienza con la maternità surrogata. C'è anche una persona in generale, una pancia nello specifico che ha accolto il suo quarto figlio e che lei bacia con tenerezza. Una persona, una pancia, che ha “incubato” una vita ora parte della famiglia che la Teigen ha costruito insieme al marito, John Legend. Un destino comune a quello di Naomi Campbell che ha appena annunciato la nascita del secondo figlio. La top model, 53 anni a onor del vero non ha mai rivelato la natura della sua maternità anche se ha più volte invitato le donne (anche over 50) a non rinunciare ai propri desideri. E se è vero che spesso ciò che “happens in Hollywood stays in Hollywood” è vero anche che la maternità surrogata è un'opportunità per pochi, ma non per pochissimi. E forse un giorno per molti di più. Nel frattempo ecco il racconto di Nicolas che vive molto lontano da Los Angeles ma che ha qualcosa in comune con Kim e Chrissy.

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Io e mio marito Greg ci siamo sposati nel 2013. Era il primo anno in cui la Francia legalizzava i matrimoni tra coppie dello stesso sesso. In totale stiamo assieme da 18 anni. Ci siamo incontrati a Parigi, poi ci siamo trasferiti a Londra per sei anni. Abbiamo fatto ritorno in Francia nel 2013 dove abbiamo iniziato il nostro percorso per metter su famiglia.

Ho sempre desiderato avere bambini. E mi sono sempre immaginato diventare padre. È stato qualcosa di importante da sempre per me, sin dalla giovane età. Solo che allora non sapevo in che modo sarebbe successo in quanto sapevo già di essere gay. Abbiamo cari amici che hanno intrapreso il viaggio verso la maternità surrogata nel 2011 negli Stati Uniti e ora hanno una figlia e due gemelli avuti da una madre surrogata.

Abbiamo preso in considerazione ogni opzione: l’adozione, la maternità surrogata e la co-genitorialità. Nel 2011 abbiamo provato a prendere in esame la possibilità di adottare ma la Francia non lo permetteva per le coppie gay. Avremmo dovuto mentire e dichiararci uomini single che desiderano avere figli ma personalmente non volevo avere bambini partendo da una bugia.

Anche la co-genitorialità era un’opzione difficile: sia io che mio marito desideravamo poter crescere noi i nostri figli e quindi abbiamo capito che coinvolgere altri sarebbe stato troppo complicato. Sarebbe stata già una sfida farlo noi due senza aggiungere un terzo elemento alla relazione.

Quindi abbiamo preso in considerazione la maternità surrogata. Al tempo, nel 2011, la cosa era ancora piuttosto nuova in Europa e continua ad essere illegale in molti paesi europei. Il Canada stava appena iniziando a legalizzarla e la maggior parte delle opzioni di madri surrogate veniva dall’Europa dell’Est, dalla Russia e dall’India.

A seconda di dove lo si fa, i prezzi variano in maniera enorme. Ma per noi, la scelta si è basata su dove tale tipo di opzione era praticabile da un punto di vista etico. Non eravamo disposti ad addentrarci nel sistema dell’Est Europa o dell’India dove, per essere considerati idonei, avremmo dovuto dichiararci una coppia eterosessuale o genitori single. Inoltre vi erano altre difficoltà: per esempio, in alcuni paesi, la madre surrogata doveva essere la stessa che donava gli ovuli.

La cosa più importante per noi era che fosse un’esperienza aperta e che chiunque fosse coinvolto sentisse di avere una scelta attiva nei confronti del proprio coinvolgimento. Volevamo inoltre che non fosse qualcosa di basato puramente su un bisogno finanziario. Desideravamo che i nostri bambini potessero conoscere la propria madre surrogata e la donatrice biologica di ovuli. Volevamo che potessero avere un rapporto con queste figure qualora decidessero di volerlo. Questo era l’aspetto primo e più importante dell’intero processo: che fosse un’esperienza etica e aperta.

Abbiamo fatto le nostre ricerche e abbiamo trovato un’agenzia negli Stati Uniti. È una delle più grandi in circolazione e si occupa di tutto, dal creare il nostro profilo ad aiutarci ad incontrare potenziali madri surrogate e donatrici all’individuare cliniche della fertilità. C’era tantissima burocrazia da compilare, controlli legali e contratti da firmare. Ma almeno sapevamo esattamente cosa stavamo facendo. E in tal modo potevamo essere sicuri che tutte le parti coinvolte fossero protette. Poi, finalmente, nel 2015, abbiamo incontrato la nostra madre surrogata e poco dopo abbiamo trovato una donatrice di ovuli.

Sia io che mio marito avevamo fatto congelare campioni di spermatozoi. Una volta prelevati diversi ovuli dalla nostra donatrice, la metà è stata fertilizzata utilizzando gli spermatozoi di mio marito, e l’altra metà utilizzando il mio campione. Poi abbiamo preso un embrione proveniente dalla mia metà e uno proveniente dalla metà di mio marito e sono stati entrambi trasferiti nella madre surrogata. I restanti embrioni sono stati invece congelati. Nove mesi dopo nasceva il nostro figlio più grande. Sono quasi certo al 99% che sia nato dal mio embrione in quanto mi assomiglia molto.

Tre anni dopo, abbiamo preso l’embrione con le probabilità di impianto più alte tra quelli congelati, e anche quello che secondo i dottori aveva maggiori chance di successo (uno dei miei) ma non ha attecchito. Avevamo ancora un embrione disponibile, uno di quelli di mio marito e ha funzionato! Nove mesi dopo nasceva il nostro figlio più piccolo. Non che sia importante ma è davvero meraviglioso poter riconoscere sia me che mio marito nei nostri due figli.

Alla fine, quella che abbiamo vissuto è stata un’incredibile storia di umanità. Abbiamo incontrato la madre surrogata e la sua famiglia. È una madre felice con tre figli, è sposata ed è davvero una persona meravigliosa. Lavora come infermiera pediatrica con bambini con bisogni educativi speciali e ha sempre saputo che il suo desiderio era aiutare la gente ad avere bambini. Non si tratta di un bisogno finanziario. Sia lei che il marito hanno lavori stabili, hanno una casa e ci hanno accolto nelle loro vite. Gli andiamo a far visita ogni anno e sua sorella verrà a trovarci il prossimo mese. Inoltre, abbiamo conosciuto i suoi genitori, i cugini, le sorelle, e gli zii.

Al terzo mese di gravidanza la siamo andati a trovare per due settimane e ci siamo tenuti in contatto tramite FaceTime e i social media. Prima che nascesse il nostro figlio maggiore, abbiamo trascorso con lei sei settimane; abbiamo preso in affitto una casa vicino alla sua e abbiamo fatto vita condivisa. Eravamo al suo fianco al momento della nascita che è stata una delle esperienze più belle di tutta la mia vita. Anche la sua famiglia era presente, il che significa che abbiamo potuto condividere tutti assieme questo momento. E abbiamo ripetuto il tutto una seconda volta, alla nascita del nostro figlio più piccolo.

Con la donatrice le cose sono un po’ diverse. Parliamo, siamo in contatto e sappiamo che i nostri figli le assomigliano ma non fa parte della nostra vita, e questo per scelta sua.

Il nostro figlio maggiore sa di essere cresciuto nella pancia della sua madre surrogata e le è molto affezionato. Sa che anche il fratello è cresciuto nella sua pancia ma non usiamo i termini “madre” o “madre surrogata”. Alla fine è stata lei a sceglierci. Ci saranno sempre più genitori alla ricerca di madri surrogate piuttosto che il contrario. Inoltre è colei che ha portato in grembo i nostri figli, quindi era fondamentale che si sentisse a suo agio con noi e che sentissimo di condividere gli stessi valori e le convinzioni. Siamo stati davvero fortunati: ora abbiamo una famiglia allargata e due splendidi bambini.