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Quarto potere e quella realtà filtrata dai media

A 83 anni dalla sua uscita il film di Orson Welles torna nei cinema in versione restaurata grazie a I Wonder Pictures
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Orson Welles nei panni di Charles Foster Kane in Quarto PotereBettmann

Considerato praticamente all’unanimità uno dei film più belli e significativi della storia del cinema - basti pensare alle liste stilate nel corso degli anni dall’AFI e da Sight and Sound, Quarto potere è un monumento la cui eco è indissolubilmente legata a quella del suo regista e interprete, un venticinquenne Orson Welles reduce dalla radio e dal teatro alla sua prima esperienza dietro alla macchina da presa. Anche se sono in molti a sostenere che la genialità del progetto sia dovuta a quel Herman J. Mankiewicz che David Fincher ha voluto omaggiare nel suo Mank. Tuttavia questo è un altro aspetto di questa storia.

Dal 24 marzo, I Wonder Pictures regala la possibilità di rivedere Quarto Potere sul grande schermo, in versione restaurata

Il crollo del Sogno Americano

Ispirato alla figura dell’imprenditore William Randolph Hearst, noto per aver costruito un imponente impero editoriale, il film racconta la vicenda del magnate dell’editoria Charles Foster Kane (Citizen Kane è il titolo originale di Quarto Potere) che muore abbandonato da tutti in una residenza vuota dall’esotico nome di Xanadu pronunciando un’enigmatica parola “Rosebud”. Mentre un gruppo di reporter indaga su cosa o chi possa essere Rosebud, il film si sviluppa in lungo flashback che ripercorre la vita di Kane: dalle umili origini, all’improvvisa ricchezza dopo che la sua famiglia eredita una miniera d’oro, fino alla creazione di impero dell’informazione che lo renderà sempre più solo e assetato di potere.

Criticando e allo stesso tempo allineandosi a quel possibilismo rooseveltiano, con il suo Neal Deal carico di speranze e illusioni, Welles costruisce la parabola di un uomo che rappresenta tutte le ambiguità del Sogno Americano: un ideale impossibile che cerca di risanare il sistema senza in realtà trasformarlo davvero. Ecco quindi che lo stesso impero costruito da Kane nasce viziato, scricchiola già prima di toccare il suo apice poiché inquinato da quell’egoistica ricerca di potere che mina la società stessa.

Oltre la Hollywood Classica

Per raccontare una storia che parla di potere e di come la realtà possa essere distorta dai media Orson Welles scelse inoltre di andare oltre certi stilemi del linguaggio cinematografico. Perché se da una parte - almeno sul piano convenzionale, si tende a mettere la parola fine alla Hollywood Classica con Via col vento (1939) è altrettanto vero che ci sono voluti altri due anni perché arrivasse un visionario disposto a giocare col mezzo, attirando su di sé critiche anche piuttosto feroci.

Grazie anche alle intuizioni di Welles, Gregg Toland, considerato uno dei primi grandi direttori della fotografia, introdusse in Quarto Potere una grande profondità di campo che permise al regista di mettere a punto uno stile tanto compositivo, quanto narrativo facendo un uso del montaggio per l’epoca innovativo. Qualcosa che rende, ancora oggi, il linguaggio di Quarto potere tecnicamente ineccepibile. Altro aspetto quello della colonna sonora, composta tra l’altro da un genio come Bernard Herrmann, che non solo enfatizza l’immagine ma vive anche di luce propria. Un’attenzione maniacale quella nei confronti del sonoro che, senza alcun dubbio, Welles aveva sviluppato a seguito della sua esperienza in radio.

Qual è la realtà più reale?

Se quindi Orson Welles riempie gli occhi dello spettatore di suggestioni visive e sonore, di riflessioni attualissime sull’ambizione e sul potere, oltre che sulla parabola di trionfo e di caduta di un uomo c’è un aspetto di Quarto potere che, soprattutto oggi, parla di noi. Se infatti, come abbiamo detto, il film è un racconto a ritroso, un tentativo di catturare l’essenza di un uomo che - fino alla fine resterà un mistero, a distanza di ottantatré anni Welles ci invita a riflettere su quanto lo storytelling delle nostre vite sia viziato in un’epoca, la nostra, in cui i media sono molto più presenti rispetto al 1941.

Qual è la realtà più reale: quella che ci viene mostrata, che decidiamo di mostrare e che quindi va a rappresentare l’altro e noi stessi oppure quella che rimane celata agli occhi del mondo? Chi siamo davvero: chi diciamo di essere al mondo oppure quello che raccontiamo a noi stessi? Probabilmente l’essenza più profonda di ogni individuo è destinata a rimanere un puzzle - come quello che tenta di comporre la moglie di Kane, un enigma irrisolvibile agli occhi del mondo e in parte, anche a noi stessi.