Nike, l'ex quarterback anti-Trump e la pubblicità che si fa politica

Nella nuova campagna Nike per il trentennale del proprio claim Just do it, alza la posta e prende come volto Colin Kaepernick, ex quarterback noto per essersi inginocchiato durante l'inno

La foto di un volto in primo piano, una frase potente ("Credi in qualcosa, anche se significa sacrificare tutto quanto"), un logo e un claim (Just do it). L'ultima pubblicità di Nike uscita oggi su molti giornali americani sembrerebbe una campagna come le altre, non certo per comunicare un prodotto, bensì ciò che in gergo si chiama campagna istituzionale, cioè quella che “fa parlare il brand”. Ma in realtà è qualcosa di più grande.

Il volto in primo piano ritratto nella foto appartiene a Colin Kaepernick, quarterback dei San Francisco 49ers, o meglio sarebbe dire ex-quarterback visto che da due stagioni non gioca più nella NFL ed è in causa con la lega per averlo boicottato. Il motivo? Kaepernick è l'atleta che ha dato il via alla** simbolica protesta di inginocchiarsi durante l'inno nazionale** prima dell'inizio delle partite di football. Questa presa di posizione contro l’oppressione dei neri e delle altre minoranze etniche negli Stati Uniti suscitò le ire del presidente Trump che insultò pubblicamente lo stesso Kaepernick e tutti gli altri giocatori che si unirono alla protesta, considerando il gesto anti-patriottico.

Nike per festeggiare il trentesimo anniversario del fortunato pay-off Just do it ha deciso di prendere Kaepernick come testimonial (meglio magari chiamarlo testimone) di una campagna che quindi non è più legata alle scarpe, ma a un tema sociale e a un dibattito politico piuttosto urgente oggi negli Stati Uniti, ovvero l'ingiustizia sociale e l'oppressione nei confronti delle minoranze. Una campagna forte, netta, rilevante nei contenuti e che certo non accontenterà tutti gli amanti della marca e del football americano.

In questi ultimi tempi molta pubblicità è cambiata. Anche la cosiddetta tabellare, cioè quella che ancora vive sui giornali, in tv e nelle affissioni per strada sta rapidamente mutando. Nei contenuti e nell'approccio. Merito sicuramente della rivoluzione digitale che, ribaltando totalmente il paradigma di comunicazione (da messaggio unilaterale dall'alto verso il basso, alla relazione attraverso il web e i social con i propri consumatori), ha portato molti brand, quelli più attenti e che spesso sono anche leader di mercato, ad avere una sensibilità diversa.

Unilever-Dove , Diesel, Patagonia, Netflix  sono solo alcuni brand che hanno abbondonato il concetto di vecchio posizionamento di marketing basato su un target socio-demografico e hanno iniziato invece a **“**prendere posizione” su temi sociali nelle proprie attività di comunicazione. Ci si sposta quindi su un tema valoriale e non più solo merceologico. Oggi la nuova pubblicità sempre più deve creare una connessione emotiva con il proprio pubblico (e non più semplicemente target) e per farlo è necessario entrare su temi “sensibili”.

Come scrive il pubblicitario Paolo Iabichino nel suo libro “Scripta Volant” (Codice Edizioni) “la presa di posizione obbliga la marca a esprimere un credo, altrimenti detto brand purpose. Lo scopo ultimo della marca resta quello di vendere qualcosa a qualcuno, ma quando ci si muove nelle grammatiche dei perché i brand assumono una statura diversa perché dichiarano le intenzioni e motivazioni che li fanno stare sul mercato”.

Operazione difficilissima: se eccede nella retorica, il rischio è quello di diventare una sorta di partito politico. Ma oggi un po' tutti noi, quando scegliamo di comprare una marca valutiamo anche la sua “appartenenza valoriale”, insieme alla qualità e al prezzo del prodotto.

Tornando a Nike, gli altri testimonial della campagna sono tre atleti uomini afroamericani Odell Beckham Jr., Shaquem Griffin, LeBron James e due donne, la skater Lacey Baker e la tennista Serena Williams, ognuno dei quali sarà accompagnato da una frase forte su un tema sociale.