5 luoghi comuni sull'immigrazione in Italia

Siamo il Paese europeo con più immigrati? Le nostre carceri sono piene di stranieri? I migranti ci contagiano con le loro malattie? Ecco qualche numero per orientarsi tra slogan politici, stime di spesa e falsi miti

(Foto: Marco Di Lauro/Getty Images)

Il tema dell'immigrazione continua ad avere un ruolo da protagonista nello scenario politico italiano. Da quando Matteo Salvini è diventato Ministro dell'interno, in particolare, giornali e social network si sono ulteriormente popolati di considerazioni e dibattiti a proposito della portata del fenomeno e del scelte politiche su come gestire il presente e il futuro dei flussi migratori.

Anche se spesso le esternazioni politiche, sotto forma di slogan da campagna elettorale, sono troppo generiche per poter eseguire un vero fact-checking, ne approfittiamo per mettere qualche punto fermo a proposito di numeri e leggi. Lo ribadiamo: le dichiarazioni uscite su televisioni, radio e giornali negli ultimi giorni non possono essere considerate bufale, se non altro perché non contengono informazioni oggettivamente verificabili o confutabili. Più semplicemente, si tratta di frasi così striminzite da poter significare più o meno qualunque cosa, dunque al più si potrebbe parlare di ambiguità o di generalizzazioni grossolane. Per questo, le presentiamo come domande.

1.Siamo il Paese europeo con più immigrati?

(Foto: Tullio M. Puglia/Getty Images)

Questa valutazione, che riecheggia spesso nei dibattiti politici, è così generica da essere contemporaneamente vera e falsa, a seconda di come viene interpretata. È falsa, ad esempio, se parliamo in numeri assoluti, poiché il nostro Paese si colloca al terzo posto nel Vecchio continente con circa 5 milioni di immigrati, dietro a Spagna (più di 6 milioni) e Germania (che sfiora i 10).

È allo stesso modo falsa se ci riferiamo al rapporto tra numero di migranti e popolazione complessiva, perché (oltre ad Andorra e Principato di Monaco, che sono fuori scala) siamo dietro ad esempio a Svizzera, Austria, Irlanda, Germania, Spagna, Svezia, Francia e Grecia.

Siamo secondi in Europa, dietro alla sola Germania, se consideriamo la percentuale del numero totale di immigrati nel mondo, dato che abbiamo una quota del 3,6%.

E siamo effettivamente primi, invece, se consideriamo il numero assoluto di immigrati giunti nel corso del 2018. I dati aggiornati al 30 aprile raccontano di 9.400 persone arrivate in Italia, seguiti dalla Grecia con 8.300 e dalla Spagna con 6.300: queste tre nazioni assorbono la quasi totalità dei nuovi arrivi. I dati più aggiornati (6 giugno) per l'Italia parlano di 13.768 sbarchi da inizio anno, di cui oltre 9mila dalla Libia.

Eravamo primi, sempre per numero assoluto di migranti in arrivo, anche nel 2017, con 120mila ingressi nel nostro Paese su un totale di 170mila in Europa. Dopo di noi, in questa classifica, c'erano sempre la Grecia (30mila) e la Spagna (22mila).

2.Per i migranti servono dei centri chiusi?

(Foto: Giovanni Isolino/Getty Images)

L'argomento è diventato di attualità in seguito alle dichiarazioni di Salvini alla stampa, in cui ha sostenuto la necessità di realizzare centri di rimpatrio "che permettano di espellere chi va espulso" e che siano "chiusi", ossia non permettano agli ospiti di abbandonare la struttura. Al di là delle valutazioni etico-politiche su questa posizione, diversi giornali hanno ribadito che questi centri chiusi auspicati dal neo Ministro dell'interno in realtà esistono già.

Con il decreto Minniti dell'anno scorso, infatti, sono previsti per legge dei Centri di permanenza (per il rimpatrio di chi deve essere espulso) che consistono di strutture completamente chiuse. Per i richiedenti asilo, al contrario, imporre la sigillatura dei centri sarebbe una violazione delle normative comunitarie, tranne che in casi eccezionali come il rifiuto da parte del richiedente asilo di farsi identificare o il fatto che sia ritenuto un pericolo per la pubblica sicurezza.

Salvini ha dunque auspicato una cosa che c'è gia o che non si può fare? Sì e no, perché - come peraltro è stato chiarito ieri in serata - l'auspicio del leader della Lega è di riuscire ad aumentare i centri per i rimpatri e di organizzarli in modo che in tutti i casi le persone ospitate non possano vagare per le città "facendo confusione".

Le dichiarazioni alla stampa derivano dal fatto che al momento sul territorio nazionale ci sono solo 5 centri per il rimpatrio (a Roma, Torino, Brindisi, Bari e Caltanissetta), mentre l'obiettivo del governo è di dare attuazione completa al decreto Minniti realizzandone uno in ogni regione. Se oggi la capienza effettiva dei centri attivi è di 500 persone, l'ambizione politica è di arrivare a 1.600, facendo partire al più presto i centri di Bologna, Iglesias, Potenza e Santa Maria Capua Vetere, i cui siti sono già stati individuati ma in cui i lavori non sono ancora partiti.

3.Le carceri sono piene di immigrati e stranieri?

(Foto: Alessandra Benedetti/Getty Images)

Secondo i dati dell'ultimo quinquennio, nelle carceri italiane è detenuto un numero di persone compreso tra 55mila e 60mila, di cui grossomodo 20mila sono stranieri. La percentuale di carcerati stranieri è del 32%-34%, contro una presenza nella popolazione complessiva di poco superiore all'8%. Dunque sì, in carcere ci sono - in proporzione - più stranieri che italiani.

Occorre però aggiungere qualche precisazione. Anzitutto è molto bassa la presenza di stranieri con regolare permesso di soggiorno, che sono appena il 3% dei carcerati, ossia meno degli italiani in proporzione alla presenza demografica complessiva. Inoltre i numeri andrebbero corretti tenendo conto che - a parità di reato -  uno straniero è più spesso incarcerato come misura preventiva rispetto a un italiano: per i nostri connazionali, infatti, spesso si opta per gli arresti domiciliari. Infine, statisticamente gli stranieri sono più spesso soggetti a controlli e fermi, e per i reati economici si è visto che tendono a diminuire drasticamente per i migranti regolarizzati.

4.Per l'accoglienza spendiamo 5 miliardi di euro l'anno?

(Foto: Marco Di Lauro/Getty Images)

Anche in questo caso il quesito sorge sulla base delle ultime dichiarazioni di Matteo Salvini sul tema dell'accoglienza: "Vorrei dare una bella sforbiciata a quei 5 miliardi di euro, che mi sembrano un po' tantini", ha annunciato alla stampa. Anche in questo caso la frase si presta a più interpretazioni. Nel Documento di Economia e Finanza (il Def) per il 2018 c'è effettivamente una voce da circa 5 miliardi di euro relativa alla gestione dei migranti, e per la precisione la ragioneria di Stato ha eseguito per l'anno in corso due stime di spesa, pari rispettivamente a 4,648 e 5,047 miliardi.

Tuttavia, in quel capitolo di spesa sono incluse anche voci non strettamente ricollegabili alle procedure di accoglienza, e che in particolare riguardano le procedure di soccorso in mare, l'istruzione e le spese sanitarie. Queste ultime tre costituiscono nel complesso il 31% circa della spesa, e dunque per l'accoglienza vera e propria la spesa è stimata dalla Ragioneria di Stato in 3,4 miliardi di euro (3,2 miliardi secondo altre fonti).

5.I migranti ci contagiano con le loro malattie?

(Foto: Tullio M. Puglia/Getty Images)

La risposta a questa domanda è** no**. Nel corso degli ultimi anni sono state molte le patologie che, in qualche modo, si è tentato di associare all'arrivo dei migranti. Qui su Wired avevamo già discusso la falsa teoria della malaria causata dalle migrazioni, poiché la trasmissione avviene attraverso una zanzara del genere *Anopheles *e gli scienziati ritengono più probabile che l'attraversamento del Mediterraneo da parte di questo insetto sia avvenuto a bordo di un aereo che di un barcone. Ossia, il dito andrebbe puntato contro il turismo più che contro i migranti.

Qualcosa di analogo riguarda il rischio ebola: oltre al fatto che i timori di un'epidemia di ebola in Italia di quattro anni fa non si sono concretizzati, risulta improbabile che un malato possa giungere sulle nostre coste. Come mai? Perché il viaggio migratorio dai Paesi dove ebola si è diffusa maggiormente all'Italia richiede di solito più tempo di quello necessario per l'incubazione e il progredire della malattia. Anche in questo caso, dunque, il rischio maggiore è rappresentato da chi si muove rapidamente da un Paese all'altro, come per esempio tramite viaggi aerei.

Altra patologia spesso chiacchierata è la tubercolosi. Secondo le statistiche dell'Istituto Superiore di Sanità, l'incidenza di questa malattia in Italia è calata drasticamente nell'ultimo mezzo secolo, e anche in questo decennio stiamo assistendo a un ulteriore calo del numero di casi di circa l'1,8% all'anno. Ogni anno vengono registrati circa 4mila casi, contro i 12mila del 1955 e i 4.418 del 2008.Attualmente si stimano grossomodo 300 decessi all'anno, e ad ammalarsi sono soprattutto gli stranieri, che coprono il 62% dei casi totali.

In aumento in Italia sono invece i casi di scabbia, una malattia della pelle che colpisce ogni anno alcune migliaia di persone (le stime parlano circa di 6mila) e che è imputabile perlopiù alle scarse condizioni igieniche. Nonostante sia vero che il 10% circa dei migranti sbarcati in Italia è affetto da scabbia, fortunatamente si tratta di un'infezione semplice da curare e che quasi sempre si risolve senza conseguenze applicando una pomata. Se l'associazione scabbia-migranti ha comunque un fondamento statistico, più della metà dei casi registrati in Italia riguarda comunque i nostri connazionali.

Infine, la questione meningite. La correlazione migranti-meningite è una bufala che non richiede nemmeno particolari approfondimenti, perché i casi registrati in Italia e in Europa riguardano i ceppi di meningococco B e C, mentre in Africa i meningococchi più diffusi sono A, W-135 e X. Dunque gli episodi di meningite nel nostro Paese non possono in alcun modo essere ricondotti ai migranti.