Da cosa scappano davvero i migranti

I dati raccontano che i migranti, perlopiù, fuggono da alcune tra le zone di guerra più crudeli del mondo, abbastanza dure da motivarli ad affrontare il deserto e il Mar Mediterraneo

(foto: Carlos Gil/SOPA Images/LightRocket via Getty Images)
(foto: Carlos Gil/SOPA Images/LightRocket via Getty Images)

I migranti non affrontano un viaggio pieno di pericoli per niente. Il mondo da cui provengono è pericoloso e spietato. Combinando il dataset dell’Uppsala Conflict Data Program e del progetto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, il mondo che appare di conseguenza è spietato e spaventoso.

I dati di Uppsala e Organizzazione internazionale delle migrazioni sono georeferenziati e cercano di raccogliere quanti più episodi di un conflitto (Uppsala) e quanti più mortidispersi di migranti (Oim) siano stati documentati da più fonti di informazione possibili.

Quello che appare chiaramente è la commistione tra conflitti armati e rotte migratorie. Questo è vero soprattutto per l’Africa. Sotto il Sahara, la macchia giallastra sotto il Mediterraneo, c’è un vero e proprio muro del fuoco che spinge i migranti a lasciare il proprio Paese e a imbarcarsi in un viaggio a piedi, esposti agli elementi.

Un immigrato che parte dal Nord Est della Nigeria, infatti, deve affrontare il deserto, sperare di non morire di fame o di disidratazione e, poi, finalmente, il Mediterraneo. Ma non è finita: chi non vuole restare in Italia affronta dei viaggi ancora più rocamboleschi. I dati dell’Oim mostrano che si muore cadendo dai treni e investiti dai camion, un catalogo degli orrori quotidiano, uno stillicidio spaventoso che ricopre la periferia di Europa e Nord America.

I puntini neri della mappa permettono, in prospettiva, di ricostruire quelle che sono le rotte dei migranti. Per quanto riguarda l’Africa e il Mediterraneo, ce ne sono almeno due: una che parte dalla Nigeria e una che parte dal Corno d’Africa. I punti di partenza sono appunto il Nord Est della Nigeria, territorio di caccia di Boko Haram, terribile gruppo terrorista di matrice islamica, e il corno d’Africa dove, tra l’altro, Eritrea ed Etiopia hanno fatto i primi passi per un tanto atteso processo di pace.

Subito dopo il deserto, il posto più pericoloso per i migranti è il Mediterraneo. Secondo le stime dell’Iom, un migrante ha il 2% di possibilità di non farcela. Le peggiori stragi di migranti al mondo avvengono in mare: si muore per affogamento. A livello globale, il Mare Nostrum è il posto più pericoloso per chi decide di migrare.

Non solo, i migranti non smettono di morire nel Mediterraneo: il decesso di migranti registrato più a Nord è stato, infatti, tra Svezia e Finlandia, per ipotermia. Non solo: si muore per scossa elettrica, magari perché si è toccato il cavo elettrico di una ferrovia o per incidente stradale, come è accaduto a Calais in Francia. Ogni tanto, qualcuno muore soffocato o per il troppo caldo. Al confine tra Usa e Messico, a volte non si conosce la causa della morte di un migrante: lì, l’unica testimonianza della tragedia sono dei resti scheletrici. Da cosa scappano?

Da gennaio a luglio, per esempio, nell’area del Mediterraneo sono sbarcati 31.341 migranti. Togliendo da questo numero i migranti di cui l’Unhcr non fornisce la nazionalità (3.497) del campione restante, l’87% viene da paesi in guerra. Il gruppo più rappresentato sono i siriani, mentre ci sono centinaia di migranti che provengono da tutta l’Africa centrosettentrionale. Dove non è la guerra, è la povertà: il grafico mostra chiaramente il Pil pro-capite di Gambia, Senegal e in parte Tunisia. Dove non è la povertà, è la mancanza di libertà. Infatti, come mostrano i dati di V-Dem, lo stato di diritto e la democrazia liberale sono alcuni dei tratti condivisi dalla maggior parte dei paesi di provenienza.

Restringendo il campo all’Italia, poi, diventa chiaro, da un punto di vista statistico, come il numero di richiedenti asilo nel nostro Paese sia influenzato da quello che accade nei loro paesi di provenienza. Ci sono dei casi devianti, come la Nigeria. Tuttavia, questa deviazione è spiegabile dal fatto che è ancora relativamente facile arrivare dalla Nigeria all’Italia. Come fa vedere la cartina, in cima a questo articolo, il percorso che deve fare un afghano è molto più accidentato e, soprattutto, deve passare attraverso le montagne e i deserti iraniani per non parlare di Iraq e Siria, due paesi ancora in guerra.

Il grafico a dispersione precedente non rammentava la Siria, i cui dati non sono inclusi nel dataset che l’Uppsala Conflict Data Project permette di scaricare. A una richiesta di chiarimenti, l’Università di Uppsala, responsabile dell’istituto, non ha ancora risposto, al momento di scrivere. Prescindendo dalla Siria, i paesi da cui provengono molti migranti sono in preda a una serie di conflitti senza soluzione di continuità.

I dati sui morti, raccolti usando, perlopiù, notizie provenienti dalle grandi agenzie di stampa lo mostrano chiaramente. A dominare il grafico, i conflitti in Afghanistan, mentre, in Africa, i problemi maggiori sono in Nigeria, Sudan e Corno d’Africa.

Questi conflitti hanno molto poco a che fare con i nostri archetipi: non ci sono, in questo caso, battaglie campali o top-gun in volo. In questi casi, si tratta di conflitti a bassa intensità che, lentamente, bruciano vite umane. In Africa, gli scontri a fuoco registrati tra 2014 e 2017 hanno fatto una media di 7 vittime circa, uno stillicidio, così spaventoso da motivare più di qualcuno ad attraversare il deserto e prendere il mare.

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