Se gli italiani non credono nell'immigrazione e gli immigrati non credono nell'Italia

Caso Diciotti: più di 50 mancano dalla struttura di accoglienza. Per Salvini l'ennesima conferma che non tutti quelli che arrivano sono “scheletrini che scappano dalla guerra e dalla fame”. No: è la conferma che non vogliono restare in Italia

Rocca di Papa, il Centro accoglienza Mondo Migliore (foto: Lapresse)

Forse non intendono precipitare nel buco nero italiano, di cui hanno avuto prova in 10 giorni alla deriva, e - come per la stragrande maggioranza dei migranti dal Corno d’Africa, in particolare quelli in fuga dalla dittatura eritrea – la loro destinazione è l’Europa del Nord. Dove hanno appoggi, parenti, amici, comunità più ampie, qualche speranza in più. Stiamo parlando dei 50 – ma senza dubbio sono molti di più – migranti che nei giorni scorsi si sono allontanati dalle strutture della Cei, fra cui il centro Mondo migliore di Rocca di Papa dove di 100 ne sono rimasti 35, e di cui si sono perse le tracce. Il governo parla di “fuga” ma le parole sono importanti: quelle strutture non sono carceri, i migranti non sono (giustamente) trattenuti ma ospitati e possono allontanarsi liberamente. Non a caso, pare che nessuno avesse fatto richiesta d’asilo, evidentemente per il rischio di vedersi precipitati in una terra di mezzo e nell’impossibilità di spostarsi altrove in base alle regole di Dublino II.

Non poteva verificarsi una situazione più propizia per chi continua a raccogliere consensi intorno a un’emergenza che, almeno nell’ultimo anno, non è esistita. Concentrarsi sul drappello di “fuggiaschi”, intortandola allo scalmanato seguito social (per la serie “vedete, in fondo non avevano poi così fame”) era irresistibile. E infatti è avvenuto con un bel tweet del ministro dell’Interno che, fra bacioni e aggiornamenti sulla sua astinenza da sigarette, ci spiega che “più di 50 degli immigrati sbarcati dalla Diciotti erano così “bisognosi” di avere protezione, vitto e alloggio, che hanno deciso di allontanarsi e sparire. È l’ennesima conferma che non tutti quelli che arrivano in Italia sono “scheletrini che scappano dalla guerra e dalla fame”.

Più di 50 degli immigrati sbarcati dalla Diciotti erano così “bisognosi” di avere protezione, vitto e alloggio, che hanno deciso di allontanarsi e sparire. È l’ennesima conferma che non tutti quelli che arrivano in Italia sono “scheletrini che scappano dalla guerra e dalla fame”. pic.twitter.com/t2NohBEA6G

— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 5 settembre 2018

Il tema, ovviamente, non ha capo né coda. Primo perché dopo le cure e dieci giorni di tranquillità anche l’ultimo degli sprovveduti sarebbe in grado di farsi due conti, capire dove è capitato, progettare le prossime mosse e soprattutto proseguire per la sua destinazione finale, spesso la più adeguata e sicura e dove troverebbe comunità più ampie in grado di sostenerlo

Secondo perché non ha senso neanche dal punto di vista politico. Il governo dovrebbe trattare sui cosiddetti movimenti secondari con l’Ue. Sigillando i confini dei Paesi l’Unione imprigiona chi ha diversi progetti e destinazioni rispetto all’Italia – come spesso accade, ribadiamolo, la nostra è terra obbligata di transito dove si rimane vittime di attese infinite – condannandolo, magari, al sottobosco dello sfruttamento o della delinquenza. Al contrario, cuoricini, like e bagni di folla alla viterbese spingono a preferire miserie verbali e a muovere le solite pance parlando di “scheletrini”.

Se ne è parlato nell’inutile summit Ue alla fine di giugno, dei movimenti secondari. Quell’incontro da cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte uscì trionfante ma che non ha mai dato alcun frutto tanto da dover telefonare al premier albanese per trovare 20 posti per la Diciotti, posti che per inciso non userà mai nessuno. Rispetto a quei movimenti la bozza di riforma del regolamento di Dublino procedeva in direzione ostinatamente controproducente per l’Italia e per i migranti, visto che proponeva di aumentare le responsabilità per i Paesi alle frontiere esterne e ribadiva il principio per cui non può essere il richiedente asilo a determinare a quale Stato presentare richiesta d’asilo.

Una follia totale che condanna flussi significativi di persone a bloccarsi in Italia quando potrebbero, con serenità, trovare sistemazione con due ore di volo o due giorni di treno nei Paesi dove hanno contatti o parenti. Il testo prevedeva addirittura obblighi e sanzioni per il richiedente asilo che si fosse spostato dallo Stato in cui era arrivato a un altro mentre Francia e Germania premevano per stilare accordi bilaterali in grado di rispedire ai Paesi di primo ingresso i migranti che sono riusciti a passare le frontiere. La strada dovrebbe essere diametralmente opposta: valutare le intenzioni e le situazioni e consentire a chi possa garantire un sostegno fondato la possibilità di spostarsi in sicurezza. Come sempre, tutto il resto è carne da social.