Migranti, i charter di rientro in Italia un diritto della Germania

Sancito da quello stesso trattato di Dublino che non siamo riusciti a riformare. Se vogliamo risolvere il problema dell’immigrazione anziché chiudere porti e aeroporti dobbiamo partire da lì

Adrian Paci, dal video

Non c’è più da scherzare. La strategia del ministro dell’Interno Matteo Salvini sui migranti è fallimentare sotto il profilo politico. A parte che durante l’estate gli sbarchi sono proseguiti – più di 10mila persone arrivate in Italia da quando il leader del Carroccio è al Viminale – e che i ricollocamenti strappati ai vicini europei e non solo sono in gran parte finiti nel vuoto, il punto è che il sabotaggio alla riforma del Trattato di Dublino III sta venendo al pettine. Aver lasciato tutto com’è alleandosi con i Paesi del patto di Visegrad, ma stringendo anche l’occhio all’omologo tedesco Horst Seehofer, ha precipitato il Paese in un isolamento senza precedenti. Tanto da voler ora spingere il governo a chiudere, dopo i porti, pure gli aeroporti.

La vicenda è semplice e non c’è selfie popolare alla sagra della luganega che possa nasconderlo: i cosiddetti “dublinanti”, cioè i migranti che sono stati identificati in Italia, vi hanno poi chiesto asilo ma sono riusciti ad arrivare in altri Paesi, vanno riportati indietro. Come prevedono le regole europee, al Paese di primo ingresso. La Germania ce li rimanda da sempre: secondo il ministero dell'Interno tedesco interpellato da Repubblica quest’anno ne sono rientrati circa 1.692 su quasi 11mila individuati in quella situazione. Al ritmo di uno o due voli al mese. Anche charter. Ma nei giorni scorsi si parlava di molte più persone destinate, prima o poi, a tornare in Italia.

Ora, in vista delle elezioni di domenica prossima in Baviera, dove la Csu di Seehofer rischia grosso a vantaggio di Alternative für Deutschland – il livello del confronto si è alzato. Si è infatti parlato da parte tedesca di aumentare la frequenza dei voli e il numero di persone fatte arrivare a Fiumicino e non solo, anche a Milano e Torino. La Germania può farlo e in serenità perché è nel solco di quel regolamento che Orbán e la cricca del filo spinato non hanno neanche voluto riprendere in mano. Con l’aiuto di Salvini, Mister “ciapa lì e porta a cà”. Stavolta il detto milanese usato l’altro giorno per felicitarsi della promulgazione del decreto sicurezza potrebbe rivolgerglisi contro. Sarebbe divertente immaginarlo in bocca allo stesso Seehofer.

Lasciamo stare Luigi Di Maio, che a digiuno di qualsiasi cosa non sia la demagogia turbomovimentista se n’è uscito con una frase simile: “Si sta dicendo che noi possiamo rimpatriare sub-sahariani senza nessun accordo? La Germania non può svegliarsi e cominciare i trasferimenti charter”. Vicepremier, si sono già svegliati e li hanno già iniziati. E i Paesi sub-sahariani non sono coperti dal Trattato di Dublino: non ci pare facciano parte dell’Unione. Il protagonista è sempre Salvini che continua a volare nei sondaggi ma a non fornire risposte concrete al fenomeno: “Se qualcuno a Berlino o a Bruxelles pensa di scaricare in Italia decine di immigrati con dei voli non autorizzati, sappia che non c’è e non ci sarà nessun aeroporto disponibile”.

Eppure, a prescindere da come proseguiranno le operazioni – il prossimo volo è in programma per l’11 ottobre, poi fine mese, due a novembre e così via – per paradosso, saremmo d’accordo con Salvini. I “dubliners” hanno attraversato l’Italia e spesso si sono rifatti una vita in Francia, Olanda, Svezia e appunto Germania. Per poi rimanere impigliati nella rete Eurodac, la banca dati delle impronte digitali per coloro che richiedono asilo politico e per coloro che sono entrati o soggiornano irregolarmente nel territorio dell'Unione europea. Com’è capitato anche in questi ultimi mesi sono stati rispediti senza troppi complimenti dentro i nostri confini, privi di supporto e di nuovo sradicati da quel poco che erano riusciti a seminare altrove. Obbligati a ricominciare, ancora una volta, da capo. Ci sono casi di ragazzi e famiglie che avevano iniziato una nuova vita in Germania, riportati in Italia e (ma dai?) finiti in mezzo alla strada. Alla mercé di chiunque.

Sarebbe dunque stato nell’interesse di tutti – anzitutto di quelle persone e poi del sistema di accoglienza italiano – riformare con serietà il Trattato di Dublino per ottenere che questo flusso di rientro fosse sospeso o meglio regolamentato. Eppure, fin dal Consiglio europeo di fine giugno, il governo Conte fa la voce grossa su tutto non ha portato a casa nulla . Zero sui movimenti primari, cioè sugli sbarchi, né sui secondari, tanto cari a Merkel e Seehofer.