Il giorno in cui ci siamo svegliati tutti fascisti, grazie a Michela Murgia

Il "fascistometro" della scrittrice doveva stabilire il grado di fascismo in noi, ma ci ha fatto capire cosa considera fascista lei: più o meno tutto. E se tutto è fascista, niente è fascista

La scrittrice Michela Murgia (Getty Images).

Valerio Pennicino

Non sapevo d’essere fascista. Michela Murgia ha inventato un nuovo format col quale indagare il nostro grado di violenza politica, è il fascistometro, un test sull’Espresso con 65 frasi da bar che sembra servire più a promuovere il suo nuovo libro Istruzioni per diventare fascisti, Einaudi, che a stabilire quanto siamo nei guai. Tra le domande ci sono frasi da bar (“loro sono i primi che rubano”; “Non rispettano le nostre tradizioni”; “E i nostri figli laureati costretti a emigrare!”), ci sono i tormentoni leghisti (“è finita la pacchia” “l’ideologia gender sta rovinando le famiglie” “li raderei al suolo e spianerei con una ruspa”), i mantra grillini (“uno vale uno” “Non sono profughi, sono migranti economici” “sono laureato all’università della vita”) e pure la quota Pd (“rottamiamoli tutti”). Ci sono anche frasi generiche, alcuni luoghi comuni che diventano tali perché effettivamente hanno un fondo di verità, frasi su cui si può discutere: ma bollare come fascista chiude le porte a qualsiasi tipo di discorso, ovviamente.

Per Murgia c'è del proto fascismo in tutti. “Il suffragio universale è sopravvalutato”, uno degli enunciati presenti nel fascistometro murgiano, è una frase che possiamo trovare in Contro la democrazia di Jason Brennan, filosofo analitico e libertario, che sostiene in questo saggio la possibilità di superare la democrazia grazie a un sistema nel quale il potere politico è ripartito sulla base della conoscenza; “il cittadino medio è come un bambino di 12 anni non troppo intelligente”, non è altro che l'esito di numerosi studi: lo scienziato politico Larry Bartels osserva che “l’ignoranza politica degli elettori americani è uno dei tratti meglio documentati della politica contemporanea”, il teorico della politica Jeffrey Friedman che “il pubblico è estremamente più ignorante di quanto gli accademici e i giornalisti che lo osservano possono immaginare” (e in Italia le cose non vanno meglio).

Ancora, proseguendo nel questionario della scrittrice, “non abbiamo il dovere morale di accoglierli tutti” non significa solo, sempre e necessariamente che non si debba prestare soccorso a chi naufraga, ma può anche assumere una prospettiva che richiede un minimo di realismo: non si può effettivamente accogliere chiunque senza una politica, dei mezzi, una certa dovuta organizzazione; “le quote rosa sono offensive per le donne”, è una frase che suona diversa a seconda di chi la pronuncia: se a dirlo sono Camille Paglia e Emma Bonino è un conto, se è MachoLatino85 su internet del tutto un altro.

La cattiva fede di chi esprime una frase ambigua non deve però screditare o portare a facili assolutismi (tipici dei regimi totalitari, peraltro): in quest'ultimo caso, il principio che si può intendere è che l’autodeterminazione femminile, per alcune femministe, passa per l’equità nel merito e non per aiuti speciali in quote percentuali. Murgia riesce anche a sostenere che se uno dice “ci vorrebbe il presidenzialismo” è un po’ fascista (Pannella si starà rivoltando nella tomba).

Non resta che chiederselo: cos’è il fascismo? Prendere a scarpate gli appunti del commissario europeo agli Affari economici, indossare una maglietta con la scritta Auschwitzland a Predappio, concedere terreni coltivabili e da bonificare alle famiglie che fanno il terzo figlio, essere conservatori sul ruolo della donna nella società, negare diritti all’aborto, alle coppie di fatto, all’eutanasia, forse. Ma forse no. Facendo di tutta l'erba un fascio (ops), in ogni caso, si rischia di svuotare la parola fascismo del suo significato: se tutto è fascismo non lo è più nulla. Una destra conservatrice, cattolica, bigotta non è necessariamente fascista. Una donna in gita a Predappio forse sarà fascista, ma è soprattutto penosa e grottesca. Non lo era di certo Renzi quando cercava il ricambio generazionale, e probabilmente non lo sono neppure i grillini. Sono qualcos’altro, e il problema è adattare lenti interpretative vecchie a fenomeni nuovi, finendo per deformare tutto.

Il fascistometro di Murgia più che stabilire il grado di fascismo in noi, qualsiasi cosa voglia dire, ci fa capire cosa considera fascista lei: più o meno tutto. Se credi nel presidenzialismo, sei fascista; se sai che l'elettorato è mediamente ignorante e vota senza cognizione, sei fascista; se dai ascolto ai dati e sai che i migranti sono soprattutto economici, sei fascista; se dai una possibilità all’epistemocrazia e pensi che la democrazia possa essere migliorabile, sei fascista. E se non sei fascista puoi diventarlo perché alcuni fascisti secondo Murgia erano democratici (forse si riferisce ai comunisti: che non erano democratici). Come manovra di marketing funziona, tutti ne parlano e si sentono in colpa, ma dal punto di vista storico e interpretativo è un ottusometro. Murgia mi ha convinto, per capire meglio il fascismo meglio i libri di Renzo De Felice, Sergio Luzzatto ed Emilio Gentile.