A che punto siamo col braccio di ferro Italia-Ue sulla manovra?

Il passo indietro dell'esecutivo italiano sul rapporto deficit/Pil sarà valutato dalle istituzioni europee, ma la manovra adesso "costa" 8 miliardi in meno

(Foto: Filippo Attili/Lapresse)

LaPresseFilippo Attili

Settanta giorni dopo i festeggiamenti dal balcone di Palazzo Chigi per l'intesa trovata in Consiglio dei ministri sui saldi della manovra, la missione europea del premier Giuseppe Conte e del ministro dell'Economia Giovanni Tria – a Bruxelles per trattare con le massime autorità comunitarie Jean-Claude Junker e Valdis Dombrovskis – ha riscritto la storia recente del governo del cambiamento, ridimensionando lo sforamento del deficit a un più contenuto 2,04%.

Le reazioni dell'Unione europeaLa percentuale, che sostituisce il 2,4% fissato fino a ieri come rapporto tra deficit e Pil ricercato dal governo, equivale a un taglio di circa 8 miliardi di euro dalla manovra: una diminuzione di spesa inferiore rispetto ai 12 chiesti dalle istituzioni europee, ma comunque un importante segnale di distensione. Non è ancora chiaro se il passo indietro basterà a evitare la temuta procedura d'infrazione, ma da Bruxelles trapela ottimismo, con il portavoce di Juncker che parla di "buoni progressi" e rimanda qualsiasi decisione a un esame più attento della proposta. A smorzare gli entusiasmi ci ha pensato nella mattinata di giovedì il Commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovici, che in un'audizione davanti al senato francese ha affermato che la riduzione del deficit "è un passo nella giusta direzione, ma non ancora sufficiente".

Cosa cambieràDa parte sua il governo promette che tempi e modalità di entrata in vigore di reddito di cittadinanza e quota 100 – i cavalli di battaglia delle due componenti della maggioranza – resteranno invariati, ma a metterci la faccia per adesso sono solo Giuseppe Conte e Giovanni Tria, con i vicepremier in disparte, che hanno preferito non rilasciare dichiarazioni al termine di una cena a 5 che nella serata di ieri li vedeva allo stesso tavolo con Riccardo Fraccaro, Giancarlo Giorgetti e lo stesso Giuseppe Conte.

Il perché del passo indietroL'inversione di rotta – che secondo fonti della stampa italiana sarebbe il risultato di un'intensa attività diplomatica del Quirinale – si è resa necessaria a causa della bocciatura, lo scorso 21 novembre, della legge di Bilancio, che il governo italiano aveva rispedito a Bruxelles senza alcun cambiamento rispetto a quella già cassata tre settimane prima.

Quello che era sembrato l'inizio di uno scontro aperto tra Italia e Unione europea avrebbe condotto nella primavera del 2019 all’apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo e violazione della regola del debito a causa di una "inadempienza particolarmente grave rispetto alle regole Ue".

Il procedimento non ha alcun precedente nella storia dell'Ue e avrebbe imposto all'Italia criteri stringenti per il rientro dal disavanzo eccessivo, con la possibilità di una sanzione nel caso di insuccesso.