La storia del Cara di Castelnuovo, il centro per migranti che il governo vuole chiudere

Il governo ha scelto di chiudere un centro per migranti vicino a Roma considerato virtuoso e ben integrato. Salvini ha detto di voler far risparmiare agli italiani alcuni milioni di euro, ma la vicenda ha diverse ombre

Il Cara di Castelnuovo di Porto. (foto: ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)

ALBERTO PIZZOLI

A Castelnuovo di Porto, 25 chilometri da Roma, il 22 gennaio sono state trasferite alcune decine dei 500 migranti ospiti del Cara – acronimo che sta per Centri di accoglienza per richiedenti asilo. Ai migranti non è stato comunicato il motivo del trasferimento né dove verranno portati: sono stati fatti salire sui pulmini bianchi che li aspettavano all’uscita. Tra loro ci sono anche ospiti bambini, che dovranno abbandonare a metà dell’anno scolastico la scuola elementare di Castelnuovo.

Cosa sono i CaraI Cara sono i centri di accoglienza dove vengono portati quei migranti che intendono avanzare una richiesta di asilo nel paese di approdo, cioè una buona maggioranza degli sbarcati. Sono le strutture secondarie dell'accoglienza italiana, e quelle con maggiore capienza: le altre sono i Cas, centri d'accoglienza straordinaria – le strutture di primo approdo, nella maggior parte dei casi gestiti da privati – e gli Sprar, i piccoli centri gestiti da enti locali. In Italia ci sono 14 Cara, di cui 13 si trovano nel centro-sud.

Com'è il Cara di Castelnuovo di PortoIl ministro Matteo Salvini, che dopo l’approvazione del decreto sicurezza si è dato l’obiettivo di chiudere entro il 31 gennaio quello che è il secondo Cara più grande d’Italia, ha detto di essersi comportato da buon padre di famiglia degli italiani, che grazie alla sua decisione risparmieranno 6 milioni di euro all’anno.

Il sindaco di Castelnuovo Riccardo Travaglini – eletto con una lista civica, ha offerto ospitalità a casa sua a una delle migranti sfrattate - ha dichiarato a Repubblica: “In un solo giorno hanno distrutto il lavoro di anni, questi sono ragazzi che davvero erano riusciti a integrarsi”. Il centro di Castelnuovo – a differenza, ad esempio, del Cara di Mineo – era considerato un esempio virtuoso di accoglienza: il vescovo Gino Reali, che ieri ha organizzato un corteo dalla parrocchia fino ai cancelli del centro, sostiene che “dopo tanti anni d’impegno della comunità locale è assurdo interrompere progetti d’integrazione così ben avviati”. I frati di Assisi invece hanno deciso di rispondere a Salvini usando Twitter: “Padre, perdonali: non sanno quello che fanno”.

Cosa cambia con il Decreto sicurezza e la chiusura dei CaraIl centro di Castelnuovo non è l’unico che il ministro dell’Interno intende chiudere, al Viminale l’obiettivo è quello di un progressivo svuotamento di tutti i Cara d’Italia, il prossimo sarà quello di Mineo, in Sicilia, per poi dedicarsi a quelli di Bologna, di Bari e di Crotone, che in totale ospitano circa 6.000 richiedenti asilo.

Il decreto sicurezza, convertito in legge dal parlamento, ha portato a una rivoluzione del sistema dell’accoglienza, escludendo chi ha ottenuto la protezione umanitaria dalla categoria di coloro che hanno diritto di ospitalità nelle strutture dello stato. Oltre a quello dei protetti già riconosciuti, cambia anche il destino di chi è richiedente asilo, cioè in attesa di sapere se gli sarà accordata qualche tipo di tutela. Queste persone, oltre che dai Cara, venivano ospitate negli Sprar – i piccoli centri gestiti a livello locale, che fanno parte del sistema di ospitalità diffusa – da dove, adesso, dovranno andarsene. A meno che non siano minori non accompagnati, che sono 3500 su quasi 36mila ospiti degli Sprar. Infine, chi non si vede riconosciuto il diritto d’asilo non ha più titolo per rimanere in Italia, sono le persone che Salvini vorrebbe spostare nei Cpr, i Centri permanenti per il rimpatrio, che però, ad oggi, non hanno abbastanza posti.