Elezioni Sardegna: Salvini ha tutto l'interesse a non far cadere l'esecutivo

Doccia fredda per Berlusconi e Meloni: il leader leghista ha negato di voler far cadere il governo per allearsi con il vecchio centrodestra

Le elezioni regionali in Sardegna, dopo l’incertezza degli exit poll, si sono risolte con l’ennesima schiacciante vittoria del centrodestra. Oltre il 47% dei voti per il candidato Christian Solinas, che ha staccato di ben 14 punti percentuali l’avversario di centrosinistra, Massimo Zedda. Un risultato prevedibile alla vigilia delle elezioni, che si sono comunque portate dietro una serie di altre sorprese. Il crollo del Movimento Cinquestelle, poco sopra l’11%, ma anche una certa solidità del cosiddetto “centrodestra di opposizione”: messi insieme, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno sfiorato un 13% che è comunque superiore all’11% ottenuto dalla Lega. Un trend simile si era verificato due settimane fa in Abruzzo, influenzato anche dal fatto che il candidato di centro-destra provenisse da Fratelli d’Italia.

Foto Alessandro Tocco/ LaPresse

È proprio alla luce di questo che Silvio Berlusconi, poche ore dopo l'ufficializzazione dei risultati sardi, ha alzato la voce. “Salvini non è auto-sufficiente, il futuro del centrodestra è unito”, ha dichiarato in una nota. Per il Cavaliere le elezioni sarde hanno ridimensionato il leader leghista, che ha sì portato a casa una vittoria ma non con quei risultati schiaccianti che avevano caratterizzato le ultime tornate elettorali in giro per il Paese. Il crollo dei consensi del M5S sarebbe poi, a detta di Berlusconi, un’ulteriore spina nel fianco per Salvini, il sintomo della debolezza crescente del governo attuale. È arrivato dunque il momento di rompere l’alleanza con i grillini e formare un esecutivo di centrodestra unito, che replichi le alleanze a livello regionale e locale. Anche Giorgia Meloni è dello stesso pensiero e ha dichiarato che “dopo questo nuovo tracollo dei Cinquestelle mi sembra che la fine del governo si stia avvicinando”, alludendo alla necessità di un nuovo esecutivo di centro-destra.

Da Salvini, però, è arrivata una doccia fredda: "Io col vecchio centrodestra non tornerò mai, questo deve essere chiaro, governiamo insieme nelle regioni, nei comuni. Ma finisce lì”. E riguardo alla tenuta dell’esecutivo gialloverde, il leader leghista ha dato rassicurazioni: “Va tutto bene, andremo avanti. Ho dato la mia parola e la mia parola vale cinque anni e non cinque mesi”. Insomma, Salvini non ha alcuna intenzione di cogliere la palla sarda o abruzzese al balzo per far cadere il governo, così come non lo ha fatto sulla Tav, il reddito di cittadinanza, l’affaire Diciotti e tutti gli altri dossier di tensione con i Cinquestelle. Il motivo è semplice: non sono ancora maturi i tempi di una crisi di governo, Salvini non ha portato a termine il suo compito. Che non riguarda l’Italia, ma la sua figura e il suo partito.

Nove mesi fa il leader leghista formava il governo da una posizione di debolezza, un 17% dei voti ottenuti alle elezioni contro il 32% dell’alleato pentastellato. Oggi i ruoli si sono ribaltati, il suo consenso è alle stelle e le redini dell’esecutivo sono in mano alla Lega. Salvini sta portando nella Lega gli elettori delusi dal Movimento Cinquestelle, ma sta anche svuotando i partiti della destra moderata come Forza Italia, ex colossi ormai in rovina. Una trasmigrazione di voti che non si è ancora conclusa, come mostrano le ultime tornate elettorali. E che si aggiunge alla piena libertà di azione di cui gode il leader del Carroccio nell’esecutivo, con i Cinquestelle ormai ridotti ad attori non protagonisti, disposti a tradire battaglie pluriennali come l’immunità dei parlamentari, pur di restare fedeli a quello che ormai è indirettamente il loro leader, Salvini appunto.

In una tale posizione di forza, che va in parallelo a un consenso in costante ascesa, che senso ha far cadere l’esecutivo? La sensazione è che Salvini voglia far durare questo momento politico il più a lungo possibile, per accumulare ancora più consenso e potere. Berlusconi indica la debolezza pentastellata come sintomo della necessità di far cadere l’esecutivo, mentre è proprio questa debolezza a spingere Salvini a portarlo avanti. Gli dà più libertà di azione, gli permette di assorbire nuovi elettori. Un governo di centrodestra unito porterebbe invece a un ridimensionamento della sua figura. Dissociarsi dai Cinquestelle, spedirli all’opposizione, potrebbe dare loro una nuova ventata di consenso.

Quella attuale, insomma, è la situazione politica ideale per Salvini. Difficile duri per cinque anni ed è probabile che il momento della resa dei conti tra Lega e M5S arriverà, spianando la strada a un’alleanza nazionale Salvini-Berlusconi-Meloni. Per il leader leghista, però, non è ancora il momento giusto.