Pedofilia e cardinale Pell, se la Chiesa rischia il crollo definitivo

Gli abusi sui minori rimandano al celibato ecclesiastico e alle posizione della chiesa sulla sessualità. Riuscirà il Vaticano a cambiare se stesso per cambiare in meglio?

L’ennesimo scossone al soglio che fu di San Pietro si chiama George Pell. È un cardinale. O meglio, fino a pochi giorni fa era il numero 3 della Santa Chiesa. Altro, robusto, anziano. L’ex ministro dell’Economia del Vaticano, di quella carica istituita nel 2014, è stato condannato in Australia per abusi sessuali su due tredicenni, due coristi violentati nel 1996 tra i locali della Cattedrale di San Patrizio, a Melbourne. La vicenda risale all’11 dicembre scorso, ma è stata resa nota ieri a causa di quel “suppression order”, una sorta di silenzio stampa che serve a non influenzare i giudici, chiamati a decidere su altri episodi che riguardavano Pell.

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Da un lato ci sono le vittime, anzi la vittima, l’accusatore non più adolescente di Pell. Il secondo ragazzino abusato infatti è morto di overdose nel 2014. Dall’altro lato c’è il cardinale che rischia 50 anni di carcere e che adesso verrà rinchiuso nell’Assessment Prison di Melbourne. Al centro c’è la Chiesa cattolica, c’è il Papa a cui spetta il compito di potare i rami marci senza recidere il ceppo vitale. Perché il marcio è arrivato in alto, ancora una volta. Non basterà far perdere la carica di Elettore a Pell in un eventuale conclave. Servirà a poco privare Pell dei diritti connessi alla porpora o ridurlo allo stato laicale. Perché Pell non era un prelato come tanti in un’Australia dove, secondo i dati diffusi dall’Australian Institute of Health and Welfare, tra il 2015 e il 2017, una donna su sei ha riferito di aver subito abusi sessuali prima dei 15 anni. Pell è un pezzo grosso: chiamato da Francesco nel 2013 a far parte del Consiglio cardinalizio, ovvero dei più stretti collaboratori che dovrebbero riformare la Chiesa.

Proprio come il Cardinale di Santiago del Cile, che ha lasciato il consiglio dei nove cardinali al fianco di Francesco. Pezzi da 90 come il Cardinale Donald Wueri, di Washington, che avrebbe coperto le accuse rivolte ad alcuni preti pedofili.  O come Gustavo Zanchetta, nominato nel 2017 ai vertici dell’ente che gestisce il patrimonio immobiliare della Santa Sede, e denunciato da tre sacerdoti per abusi sessuali e per reati economici. Sono solo alcuni esempi. Spesso le accuse vengono respinte ma certificano ugualmente ciò che è sotto gli occhi di tutti. Ciò che anche il nostrano Formigoni ha rappresentato: la caduta dei valori morali.

Sono tempi duri per i troppo casti. Risulta anacronistica, e forse mai attuata, quella negazione del corpo predicata. É dura, troppo, la strada dell’ascesi che in pochi riescono a percorrere. Dallo IOR alle accuse di pedofilia. La continua caduta dei valori morali e delle istituzioni della Santa Sede, in una crisi implacabile dagli anni ’90 o che forse, da un ventennio, è solo venuta alla luce, rinnovando spettri che continuano ad aggirarsi in Vaticano, fantasmi che non scappano neanche con l’eclatante e relativamente recente mossa: le dimissioni di Joseph Aloisius Ratzinger.