La flat tax è il nuovo terreno di scontro nel governo

Ennesima divergenza per un provvedimento voluto dalla Lega. Per il ministro del Mezzogiorno costa "60 miliardi" ed è "una promessa che non si può mantenere"

Puntuale come un orologio svizzero, anche questa settimana si è aperta con un nuovo fronte di tensione all’interno del governo. L’oggetto del contendere è la** flat tax** annunciata l’anno scorso in campagna elettorale da Matteo Salvini e ora tirata fuori dal cilindro in vista delle Europee di maggio. Il ministro dell’Interno, in visita a Melfi, ha dichiarato di voler introdurre una flat tax "per le famiglie dei lavoratori dipendenti italiani". Con l’ultima legge di bilancio, la tassa piatta era stata introdotta per professionisti e lavoratori autonomi, l’obiettivo del ministro è ora di estenderla ai lavoratori dipendenti con aliquota calcolata non sul reddito del singolo ma su quello familiare. Commentando il costo di questa operazione, Salvini ha affermato che “per la prima fase della flat tax per le famiglie servono 12-15 miliardi e sarebbe una rivoluzione epocale”. Il sottosegretario leghista alle infrastrutture, Armando Siri, ha poi dichiarato che la sua sostenibilità economica passerà da diversi tagli di spesa, tra cui gli 80 euro del governo di Matteo Renzi.

Nicola Zingaretti, segretario Pd, ha sottolineato che la proposta leghista è una “bufala da paperone”. I conti sviscerati dal ministro dell’Interno sarebbero infatti decisamente sottostimati e a confermarlo c’è una simulazione del mese scorso realizzata dal ministero dell’Economia. Essa sottolinea che la misura avrebbe un costo di 59,3 miliardi di euro, il corrispettivo di tre manovre economiche. È prevista una duplice aliquota: 15% per redditi fino a 80mila euro e 20% per redditi superiori a quella cifra. La misura dovrebbe favorire un numero di nuclei familiari pari a 16,4 milioni. Insomma, Salvini e i suoi smentiscono i dati del ministero dell’Economia, ma la frittata sembra ormai fatta: dal Movimento Cinque Stelle non sono arrivati buoni feedback sulla misura e, anzi, i toni si sono accesi. "La flat tax costa 60 miliardi di euro e il nostro Paese non se li può permettere, dunque è una promessa che non si può mantenere", ha dichiarato la ministra per il Sud Barbara Lezzi, mente Luigi Di Maio ha sottolineato l’importanza di  “non fare facili promesse alla Berlusconi, come rappresentanti dello Stato non dobbiamo mai dimenticarci di avere delle responsabilità nei confronti dei cittadini". Come sottolinea poi il Messaggero, la proposta prevede che si sposti il carico fiscale dal singolo contribuente al nucleo familiare e una sentenza della Corte Costituzionale del 1976 esclude questa possibilità.

La nuova flat tax in salsa leghista sembra perfettamente coerente con quella politica di slogan, da perenne campagna elettorale, che ha contraddistinto il partito in questi primi mesi di governo. La reale fattibilità delle promesse avanzate poco importa, la copertura economica fa meno presa del contenuto della misura. Scene simili le abbiamo già vissute, come i tagli alle accise sulla benzina che Salvini avrebbe introdotto “il giorno dopo essere salito al governo” e di cui invece non c’è traccia, l’accordo sul latte in Sardegna “entro 24 ore” all’alba delle elezioni regionali, e avvenuto invece un mese dopo con condizioni sicuramente non esaltanti per i pastori, o quei porti chiusi che in realtà non sono chiusi - a Lampedusa ci sono stati nove sbarchi dall’inizio dell’anno.

Se questa strategia comunicativa del megafono sembra fare presa sull’elettorato, come mostrano i risultati recenti, diverse sono le sue ripercussioni all’interno dell’esecutivo. Dopo gli scontri sulla Tav, sulla via della seta, sul caso Diciotti e via dicendo, la nuova proposta di flat tax ha acceso un nuovo fronte di tensione in un governo che è ormai un campo minato. Il giochino è sempre lo stesso: Salvini sa di aver ormai le redini dell’esecutivo, gli ultimi sondaggi danno addirittura il M5S allineato in termini percentuali al Pd. Questo porta il ministro dell’Interno ad andare per la sua strada, senza se e senza ma. Poco importa cosa ne pensino i suoi partner di governo. Un atteggiamento che si ripete ormai ogni settimana e che riguarda diversi temi, ma che non potrà protrarsi all’infinito. La sensazione è che più prima che poi lo strappo sarà totale.