Gianluigi Paragone, un ritratto del prossimo presidente della commissione banche

Leghista, giornalista e infine frontman dell'esperienza governativa del Movimento 5 stelle. Le mille vite dell'eterno ribelle che ha preso il posto di Beppe Grillo nel cuore degli attivisti

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Foto di Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images[/caption]

Cattolico ma contrario alle politiche di accoglienza, giornalista in servizio permanente effettivo contro il sistema dell'informazione, conduttore Rai in quota Lega folgorato dall'utopia di Casaleggio, fustigatore della casta politica, ora politico a sua volta. In appena 47 anni di vita Gianluigi Paragone è stato tante cose, e quasi sempre anche il loro esatto opposto. La sua prossima sfida, stando a quanto ha annunciato Luigi Di Maio a Porta a Porta, sarà presiedere la Commissione parlamentare d'inchiesta che promette di “fare pulizia” nel sistema bancario italiano, lui che i processi alle banche li ha sempre fatti in tv.

Gli esordi

L'ascesa professionale di Gianluigi Paragone parte dalla roccaforte leghista di Varese, seggio d'elezione del Senatùr Umberto Bossi e governata dal Carroccio per 23 anni quasi ininterrotti. È qui che il giovane Paragone muove i primi passi nel giornalismo, tirato su da un cronista di razza come Mino Durand – già caporedattore del Corriere della Sera – e introdotto gradualmente negli ambienti che contano, definizione che in una provincia leghista dei primi anni Novanta significa solo due cose: Fininvest e il Partito.

In poco tempo Paragone conquista le simpatie di Bossi e inizia a collaborare con Il Giornale di Berlusconi, una combinazione che tra il 2005 e il 2006 gli vale la chiamata a dirigere La Padania, l'organo stampa della Lega Nord. Ma Paragone al tempo è tutto fuorché un attivista e l'idillio dura poco, stroncato da un editoriale non esattamente positivo nei confronti di Calderoli, che da ministro delle riforme si presentò al Tg1 con una t-shirt anti-Islam che irrideva il profeta Maometto.

La carriera da conduttore

Scontata la fatwa di Calderoli, Gianluigi Paragone continua a orbitare negli ambienti vicini alla Lega Nord, circostanza che gli permetterà di entrare in Rai dalla porta principale – quella figlia della lottizzazione – e di scalarla fino a diventarne vicepresidente. È in questa fase che il giornalista inaugura la lenta marcia d'avvicinamento che lo porterà al Movimento 5 stelle, grazie alla conduzione del talk show politico di seconda serata L'ultima parola, un concentrato di quello che diventerà l'universo di riferimento del Paragone parlamentare: retorica anti-establishment, inchieste sul sistema bancario e un nemmeno troppo velato alone di complottismo.

L'esperienza in Rai gli porta in dote un bel po' di proposte, la più convincente delle quali di Urbano Cairo, che gli offre la conduzione di un programma in prima serata. È l'inizio di quel surreale concentrato di umanità che oggi conosciamo come La Gabbia, il talk show che diventa il punto di contatto tra il mondo leghista e quello pentastellato con almeno un lustro di anticipo sul contratto di governo gialloverde.

È al salotto buono e un po' punk del giovedì di La7 che dobbiamo il battesimo di personalità che ancora oggi rimbalzano da uno studio televisivo all'altro, come Diego Fusaro, **Antonio Rinaldi, Claudio Messora **e Paolo Barnard, mentre altri, tra cui Claudio Borghi e Alberto Bagnai, sono riusciti a spiccare il grande salto e oggi ricoprono ruoli di responsabilità nel governo del paese. Tra i punti più alti della trasmissione ricordiamo un servizio dedicato alla sostituzione etnica e al fantomatico (e distruttivo) piano Kalergi, imputato all'allora presidente della Camera Laura Boldrini. La firma è quella di Francesco Borgonovo – in arte Nessuno, nel programma – ex firma di Libero, oggi rampante giornalista de La Verità e presenza costante dei palinsesti tv.

La politica

Come tutte le cose belle, però, anche su La Gabbia cala il sipario. L'irreparabile avviene nel 2017, con l'arrivo di Andrea Salerno alla direzione di La7, che prende il posto di Fabrizio Salini dopo il successo televisivo di Gazebo, su Rai3.Paragone grida alla censura, ma intanto prepara l'avventura politica, che lancia conducendo Italia 5 Stelle*, *la kermesse pentastellata di Rimini che incorona Luigi Di Maio capo politico del partito. Da qui all'arruolamento ufficiale tra le fila del Movimento 5 stelle la strada è breve, e infatti Paragone la percorre di corsa, annunciando la sua candidatura alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, in cui verrà eletto al Senato nel listino proporzionale.

Il carisma di Paragone è magnetico e il suo stile scanzonato da servitore dell'informazione senza padroni conquista la base, che in meno di un anno lo elegge per acclamazione vero frontman del partito di governo, concedendogli quel posto nel pantheon che una volta era riservato solo a Beppe Grillo e Alessandro Di Battista. Lui lo sa, ringrazia e conclude i raduni del suo popolo con dissacranti invettive anti-casta, acclamato come una rock star – o come succedeva al fondatore del Movimento 5 stelle fino a qualche anno fa.

Paragone è tra i pochissimi a poter gestire in autonomia la sua agenda mediatica e il suo passato nella galassia leghista lo rende uomo di raccordo essenziale tra le due anime del governo, fornendogli agibilità politica e un ruolo di spicco su entrambi i fronti. È grazie a quel credito che oggi è riuscito a strappare la presidenza della commissione parlamentare, superando i veti di Mattarella e del presidente del Senato Alberti Casellati, così da poter concludere una parabola – quella del giornalista-politico al servizio dei risparmiatori truffati – che ha attraversato tutte le sue mille vite e identità.