Sul caso Rixi c'è in ballo la tenuta del governo

Il sottosegretario leghista rischia una condanna, per i pentastellati dovrebbe dimettersi ma dopo le elezioni europee i rapporti di forza sono cambiati

Un anno fa, di questi tempi, si stava per insediare il governo Lega-M5s. Una partnership a sorpresa, frutto di una lunga negoziazione sfociata nel cosiddetto contratto per il governo del cambiamento - la base programmatica del futuro esecutivo. Sono passati dodici mesi e di quel documento, per ora, solo un 12% di promesse sono state mantenute, secondo l’analisi fatta da Pagella Politica, sito dedicato al fact checking delle dichiarazioni dei politici. E presto, un nuovo punto del contratto potrebbe essere tradito.

Non possono entrare a far parte del governo soggetti che abbiano riportato condanne penali, anche non definitive, per i reati dolosi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (legge Severino)”. L'assunto era volto a garantire quell’onestà e trasparenza con cui il nuovo governo doveva differenziarsi da quelli precedenti. Eppure in questi giorni si sta consumando una nuova, ennesima lite tra i partner dell’esecutivo, uno scontro che ruota proprio attorno a quella norma. Il sottosegretario leghista Edoardo Rixi rischia infatti una condanna per peculato, tra quelle rientranti nella cosiddetta legge Severino, dal momento che domani il tribunale di Genova emetterà la sentenza per i 19 imputati del processo per le spese pazze in Regione Liguria. Per Rixi sono stati chiesti tre anni e quattro mesi e se la condanna sarà effettiva, vi sarebbe una violazione del codice etico dell’esecutivo. Tra i banchi della Lega sembra però non interessare l’esito del processo, dal momento che hanno fatto già sapere che “intanto ci auguriamo qualcosa di positivo, dovesse arrivare qualcosa di diverso abbiamo già detto che Rixi sta al suo posto. La Lega ha deciso”.

La Lega ha deciso. In una frase è descritta alla perfezione la situazione attuale nel governo: da una parte c’è un partito che prende le decisioni in modo autonomo, la Lega appunto, dall’altra un partito ombra che giorno dopo giorno si è trasformato nella sua stampella, il M5s. Un’evoluzione che ha raggiunto il suo apice domenica, quando il Carroccio ha riportato il doppio dei voti dei pentastellati alle elezioni europee, ufficializzando di fatto questa gerarchia di poteri che in realtà andava avanti più o meno dal primo giorno di governo. Eppure è proprio questo atteggiamento passivo e sottomesso ad aver causato l’emorragia di voti per il Movimento, che da ora dovrà intraprendere una nuova strategia di azione, cercando di fare la voce grossa. E così è stato. “Se condannato, per noi Rixi è fuori. Se il Carroccio vuole fare saltare il contratto lo dica e se ne assuma la piena responsabilità”, hanno dichiarato dai banchi pentastellati.

Il caso Rixi segue quello di Siri, su cui i due partner di governo si sono scontrati per settimane. Siri si è poi dimesso, ma stavolta la Lega non vuole cedere anche alla luce della sua rinnovata forza di governo. Anche il M5s non vuole cedere, per motivi opposti. È una perfetta fotografia dei mesi che ci attendono, se il governo dovesse restare in piedi.

Chi si trova in posizione di forza è però la Lega e Salvini non ha perso un minuto per farlo notare. Non solo salvando in anticipo Rixi, ma imponendo come urgenti nell’agenda di governo tutti i temi di stampo leghista: Tav, flat tax, decreto sicurezza. Il leader del Carroccio, che non ha avuto timore negli ultimi dodici mesi di far sentire la sua voce, ne ha ancora meno oggi. Se il governo va avanti per lui è una vittoria, perché il consenso popolare gli permette di prevalere sui partner di governo ridimensionati, per quanto la compagine pentastellata cercherà di mettersi di traverso. Se quest’ultima dovesse cedere e far cadere il governo, Salvini potrebbe allora accusarla di aver tradito il contratto, mentre sullo sfondo si paleserebbe un nuovo centro-destra unito.

Il caso Rixi è solo un anticipo di quello che ci aspetta nei mesi a venire nell’esecutivo, ma potrebbe anche essere il capitolo conclusivo di una storia nata male e finita peggio.