Perché l'Europa vuole difendersi dalle bici elettriche made in China

Il Dragone ha il 70% dell'export straniero nella Ue e vende con prezzi stracciati. Per questo i produttori europei chiedono misure di difesa

Nel giorno in cui l'Europa decide in che modo frenare la richiesta della Cina di essere trattata come un'economia di mercato, quindi senza misure di protezione nei commerci internazionali, l'Associazione europea dei produttori di biciclette (Emba) invita la Commissione a prendere provvedimenti contro “l'inondazione” di bici elettriche dal Dragone al Vecchio continente. Solo nei primi sette mesi di quest'anno gli importatori europei hanno venduto 800mila bici elettriche made in Cina, un risultato che già supera il totale dello scorso anno. D'altronde, le e-bike cinesi hanno prezzi inferiori del 70%-80% rispetto ai corrispettivi esemplari europei. “Una buona bicicletta elettrica in Europa può costare a prezzo di fabbrica tra i 1.000 e i 2.000 euro. I cinesi la offrono a 500-800 euro”, spiega Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo di Confindustria Ancma (l'associazione nazionale del ciclo e motociclo).

Emba ha calcolato che in Europa la produzione di bici elettriche dà lavoro a 90mila persone, tra impiegati diretti e indotto. L'anno scorso le imprese del vecchio continente hanno sfornato un milione di esemplari, a fronte di investimenti in ricerca e sviluppo per un miliardo di euro. Nel 2016 la Cina ha prodotto 51 milioni di e-bike, ma il mercato interno ne ha assorbite 28 milioni. Il resto è finito sulle piazze estere.

I produttori del Dragone hanno aggredito l'export e hanno il 70% delle quote delle vendite degli operatori extraeuropei nel Vecchio continente. “Quello dell'Europa è un tentativo di impedire che la Cina diventi monopolista”, osserva Nigrelli. E aggiunge: “Le importazioni frenano un aumento della produzione interna”. L'anno scorso in Italia sono state vendute 124.400 bici elettriche (dati Ancma), il doppio rispetto al 2015.Tuttavia, 108mila sono state importate. “Quelle cinesi sono almeno il 70% dei modelli in vendita”, chiosa il responsabile di Ancma.

Per questo i produttori europei hanno proposto alla Commissione di imporre barriere ai cinesi. “Siamo contrari a tutto ciò che è concorrenza non leale”, incalza Nigrelli. L'industria della bici non è sola. Siderurgia, mobili, meccanica, ceramica premono perché la Ue non arretri sulle misure di difesa dalla Cina. L'industria europea contesta ai concorrenti cinesi sovvenzioni dallo Stato, costi del lavoro troppo bassi, prezzi dell'energia agevolati. E questa serie di aiuti si rispecchia sul prezzo finale: troppo basso perché gli altri possano competere.

La Cina pretende di essere riconosciuta come economia di mercato. L'anno scorso sono terminati i suoi quindici anni di anticamera all'interno della World Trade Organization. Pechino ritiene di avere il diritto di ottenere un titolo che smonterebbe tutte le misure protezionistiche dietro cui si sono trincerati in questi anni Stati Uniti, Giappone ed Unione europea. Al contrario, per le grandi potenze economiche la Cina non rispetta ancora i criteri che identificano un'economia di mercato, di conseguenza sono legittimi i provvedimenti di difesa nei suoi confronti.

E questo vale anche per le bici elettriche. “In quest'ultimo periodo, per aumento dell'interesse verso le e-bike, sono emerse evidenze clamorose di dumping. La vendita avviene a un costo inaccettabilmente basso, rispetto a valori di processi e materia prima, che non giustificano il prezzo”, insiste Nigrelli. La Cina si è accaparrata un mercato, con “modelli e tecnologia differenti dalla nostra”, spiega il responsabile di Ancma. “Soddisfano il mercato dei modelli con il motore nel mozzo, con un sistema semplice di elettronica per gestire motore e batteria e per un utilizzo più urbano”, aggiunge l'esperto. I prezzi, però, stanno facendo terra bruciata in Europa. Sul motore elettrico e, più in generale sulla mobilità pulita la Cina vuole giocare nel ruolo di punta. Risolve così un problema interno, quello di muovere milioni di persone in metropoli tentacolari, e ci guadagna all'estero Si sta intestando il primato nel settore dell'auto elettrica, aumenta le quote nel segmento e-bike. A Milano i due operatori privati di bike-sharing, Mobike e Ofo, sono cinesi. E l'unico servizio di car sharing con auto elettriche, Share'n'go, adopera modelli made in China.