I creativi non bastano più. La pubblicità investe in intelligenza artificiale

Big data, machine learning e programmi per comporre gli indizi. L'industria della creatività si rivolge alle macchine per valorizzare gli investimenti

Che ne è stato delle brillanti intuizioni alla Don Draper? Nella serie tv di cui è protagonista, Mad Men, il direttore creativo è maestro nell'imbastire una campagna pubblicitaria di successo basandosi su un dettaglio, una sensazione, una sua esperienza di vita. Sul suo fiuto, insomma. Se Mad Men fosse ambientato ai giorni nostri, però, Don Draper non potrebbe affidarsi solo alla sua intelligenza. Ne avrebbe un'altra, al suo fianco, onnipresente: un'intelligenza artificiale.

L'industria della pubblicità già da tempo gioca con i big data, il machine learning e con i software che servono ad analizzare i grandi silos di informazioni raccolte sui consumatori. Niente di nuovo rispetto alle analisi di mercato che già da anni si svolgono, ma con risultati più dettagliati, approfonditi, da masse estese di dati e spesso inaspettati. “Una macchina identifica delle correlazioni che noi non potremmo vedere, perché ha qualche terabyte di rinforzo in più”, spiega Enrico Quaroni, direttore generale della divisione italiana di Sizmek, che si occupa di analizzare i dati per pianificare campagne di comunicazione.

I creativi lavoreranno sempre di più con i data scientist. Il futuro è quel tipo di integrazione. Parliamo di data driven communication (comunicazione guidata dai dati, ndr), per cui serviranno a bordo sia i data scientist, ma anche chi fa i contenuti, i creativi”, spiega Roberto Binaghi, presidente e amministratore delegato di Mindshare Italia, che fa parte dell'omonima agenzia media multinazionale. Nei giorni scorsi al quartier generale di Assago, alle porte di Milano, Mindshare ha riunito figure di punta del mondo dell'editoria e della comunicazione in una maratona di conferenze, Huddle, che aveva come filo conduttore il tema dell'intelligenza. E per molti esperti del settore, parlare di intelligenza in comunicazione ha significato parlare di intelligenza artificiale.

L'equazione è quasi automatica in un settore che deve dimostrare l'efficacia dell'investimento. Secondo la società di ricerche Juniper, entro il 2022 il 75% della pubblicità digitale userà l'intelligenza artificiale per raggiungere meglio il suo obiettivo. In questo modo si dovrebbe ridurre anche l'impatto degli ad blockers, i programmi per cancellare i messaggi pubblicitari dalla navigazione internet, perché i consumatori riceverebbero campagne più mirate e accettate. Il combinato disposto dei due fattori dovrebbe far più che raddoppiare la spesa in pubblicità digitale in cinque anni, fino a 420 miliardi di dollari nel 2022.In Italia il Politecnico di Milano calcola che quest'anno le aziende hanno speso 1,1 miliardi per l'analisi dei big data e il segmento media e comunicazione è il terzo per investimenti.

Non penso che arriveremo alla pubblicità uno a uno, personalizzata, ma con l'intelligenza artificiale troveremo più spunti e occasioni d'uso”, riconosce Binaghi. Per il manager “le piattaforme creative potranno moltiplicare le declinazioni della campagne sulla base dei dati”. È la strategia che ha adottato la banca Bnl quando ha lanciato Hello World, il magazine del suo servizio online Hello Bank. Hanno realizzato video diversi in base alle parole chiave emerse dall'analisi di altri video effettuata da Mosaicoon, startup che lavora sui video virali. Un appassionato di sport, ad esempio, riceveva un video e, quindi, un'offerta bancaria differente da chi è un amante della buona cucina.

Buzzolee utilizza l'intelligenza artificiale per collegare un marchio agli influencer che lo potrebbero meglio rappresentare sul web. Gaiia, acronimo che sta per “Growing artificial intelligence for influencer affinity”, come spiega Cristina Spinelli, si occupa di **“**profilare gli influencer, analizzare i topic, la composizione degli utenti e la localizzazione”. Sulla base di questi dati l'agenzia spiega alle aziende quale testimonial del web sia più conveniente assoldare per promuovere la propria marca.

Lo scorso 23 maggio, alla convention di marketing, Google ha presentato i suoi investimenti nel settore del machine learning. Il suo strumento Attribution, ad esempio, analizza passo dopo passo i percorsi di acquisti ed elabora modelli per suggerire in quale punto della filiera commerciale sia più conveniente investire. Anche Facebook all'incontro di Mindshare ha annunciato un programma pluriennale nel segmento dell'intelligenza artificiale.

Chi fa affari in rete, oggi, ha un problema di attenzione. Microsoft ha calcolato che la generazione Y dedica a un video online al massimo 8 secondi. I giovanissimi della generazione z non arrivano a tre secondi. Nel 2000 l'attenzione era di 12 secondi. Per chi costruisce spot la conclusione è che perfino 30 secondi sono troppi. Per questo l'obiettivo è avvicinarsi sempre di più ha chi ha l'interesse di dedicare una manciata di secondi in più del proprio tempo a quella pubblicità. I video quest'anno assorbiranno 13 miliardi di dollari, secondo Emarketer, e gli investimenti sono destinati a crescere. I big data sono la formula per arrivare all'utente che si abbina perfettamente al proprio messaggio.

Ci sono tre incognite lungo questo percorso. Il primo è che “l'intelligenza artificiale ci dice cosa avviene, ma non il perché. Non conosciamo la causalità”, osserva Quaroni. E questo è un limite, perché, prosegue, “scopriamo delle evidenze senza capirne il motivo”. La seconda variabile riguarda la qualità dei dati. “Il disordine delle informazioni è il primo grande mostro di questo settore. Meno informazioni corrispondono a più efficacia. Occorre individuare i dati utili”, prosegue il numero uno di Sizmek Italia. La premessa, oltretutto, è che le aziende abbiano in mano i dati. “Sul mercato italiano osserviamo che gli investimenti hanno un andamento costante, in lieve crescita. Quando queste tecnologie arriveranno alle piccole e medie imprese, osserveremo un aumento della spesa nella pubblicità digitale per effetto di un aumento del numero di aziende che investono”, conclude Binaghi.

L'ultima incognita è la nuova direttiva europea sulla privacy, che diventerà operativa dal maggio del 2018.La regole impongono una maggiore protezione dei dati personali degli utenti, ma per gli operatori di pubblicità non è ancora chiaro quali conseguenze avrà sul loro lavoro. “Ci sono varie interpretazioni, stiamo ragionando su come affrontare questo tema”, conclude Binaghi. Il tempo stringe.