Elezioni europee, Facebook nel mirino: l'Europarlamento chiede norme sulle campagne online

Il Parlamento europeo chiede regole per le campagne politiche sui social network dopo lo scandalo Cambridge Analytica

TOPSHOT - European Parliament President Antonio Tajani (R) welcomes Facebook CEO Mark Zuckerberg (L) at the European Parliament, prior to his audition on the data privacy scandal on May 22, 2018 at the European Union headquarters in Brussels. (Photo by JOHN THYS / AFP) (Photo credit should read JOHN THYS/AFP/Getty Images)

JOHN THYS

Il 2018 non è stato un buon anno per Mark Zuckerberg e Facebook. Dopo il caso Cambridge Analytica, il fondatore del social network è stato ascoltato dal Congresso e dal Parlamento europeo, anche se in quella sede non ha risposto ad alcune domande molto importanti riparando con risposte scritte mandate solo successivamente dal suo team legale.

Nonostante Facebook sia corsa ai ripari, per molti quanto fatto finora non è bastato visto che gli utenti in Europa sono calati e alcuni azionisti chiedono la rimozione di Zuckerberg da ad dell’azienda.

Pochi giorni fa anche il Parlamento europeo è tornato sulla vicenda con la pubblicazione di una risoluzione sull’impatto del caso Cambridge Analytica sui dati degli utenti del social network. La risoluzione, che non è un atto vincolante ma più una raccomandazione, è stata inviata non solo a Facebook, ma anche alle altre istituzioni europee, affinché si adottino le eventuali misure nel caso in cui non ci siano i cambiamenti auspicati.

La situazioneCon la risoluzione a firma di Claude Moraes, presidente della commissione parlamentare Libe (Libertà, giustizia e affari interni), il Parlamento fa prima il punto della situazione senza sconti.

Si riporta come le società interessate, sia Facebook che Cambridge Analytica, una volta scoperto il problema, non abbiano agito in modo consono e abbiano di fatto impedito che le autorità nazionali ed europee potessero condurre un’indagine indipendente adeguata. La collaborazione non è stata ottima neanche dopo visto che Facebook, nel corso delle tre audizioni al Parlamento europeo, si è rifiutata di mandare quei senior manager che potessero fornire le spiegazioni richieste su quanto accaduto. I membri del policy team non hanno saputo spiegare con chiarezza e in modo approfondito quali fossero le misure specifiche messe in campo dall’azienda per assicurare il rispetto delle leggi europee sulla protezione dei dati.

E infatti sembra che l’azienda non abbia risolto ancora i suoi problemi di sicurezza visto che a settembre, ricorda Moares, decine di milioni di utenti sono stati vittime di un attacco. Trenta milioni di cittadini che si aggiungono ai 2,7 milioni di europei già coinvolti nel caso Cambridge Analytica. A ciò si aggiunge che Facebook non informa in modo sufficiente e trasparente come i dati degli utenti possano essere utilizzati da terze parti, cosa che li mette ancora più a rischio.

In attesa che le istituzioni europee e nazionali si muovano, dopo l’entrata in vigore del Gdpr è partita l’azione di quattro associazioni di consumatori nazionali (Belgio, Italia, Spagna e Portogallo) che hanno lanciato una class action contro Facebook. Per l’Italia Altroconsumo ha raccolto per ora oltre trentamila adesioni.

Le richieste del ParlamentoPer evitare che simili situazioni di ripetano, per Facebook e le altre piattaforme online, il Parlamento chiede maggior trasparenza sul modo in cui i dati vengono analizzati e utilizzati, sia dal settore privato che pubblico.

Visto l’attacco che le democrazie occidentali stanno subendo da forze politiche esterne all’Unione europea e vista la poca trasparenza di chi finanzia le campagne di propaganda politica online, il Parlamento chiede che gli Stati membri adottino delle leggi che regolino le campagne politiche online come quelle convenzionali, senza distinzioni tra le une e le altre su trasparenza, silenzio elettorale e limiti alla capacità di spesa.

E maggior trasparenza dovrebbe essere adottata anche dai partiti politci stessi su come spendono i soldi per le campagne politiche. Facebook dovrebbe fornire personale specializzato che possa fornire consulenza ai partiti politici spiegando in maniera chiara le regole per le sponsorizzazioni delle campagne elettorali. Dal canto suo negli Stati Uniti ha già adottato degli strumenti che rendano evidente il collegamento tra partito e finanziatore e a maggior ragione si chiede che faccia lo stesso presto anche in Europa.

Ad ogni modo, secondo il Parlamento, la profilazione del comportamento degli utenti per motivi politci dovrebbe essere impedita. Inoltre vorrebbe introdurre, in aggiunta alle sanzioni previste dal Gdpr, ulteriori multe per chi usa in modo illecito i dati dei cittadini per influenzarli politicamente nelle elezioni europee.

L’idea è che queste piattaforme non siano più dei luoghi neutri e che l’avanzamento tecnologico degli algoritmi che regolano la pubblicità e i contenuti abbia fatto fare loro un passo avanti tale da necessitare di essere regolato in modo diverso dal passato.

Si chiede poi a Facebook che il Garante europeo per la privacy e l’Enisa, l’agenzia europea per la sicurezza informatica, possano condurre delle indagini indipendenti. Allo stesso tempo si chiede che ai garanti nazionali della privacy siano fornite le risorse economiche, tecniche e umane necessarie per essere in grado di relazionarsi e indagare adeguatamente le aziende sotto inchiesta.

Preoccupazione è altaSecondo la Commissione Libe, le stesse istituzioni europee tutte, una volta accertata l’inadeguatezza di certi social network nel proteggere i dati dei loro utenti, dovrebbero cancellare tutti gli account ufficiali per non mettere a rischio i dati dei cittadini europei con cui entrano in contatto sui social.

La preoccupazione in vista delle elezioni europee di maggio 2019 è alta e per questo il parlamento conclude con un appello agli Stati Membri, ai media e alle piattaforme, di fare delle azioni di sensibilizzazione volte a migliorare la trasparenza delle campagne politiche e ad aumentare la fiducia degli elettori.