Marzia, la bambina morta di tumore nella città dell'Ilva

Il gruppo Facebook Genitori tarantini collega il decesso all'inquinamento del capoluogo e lancia un allarme: "Fermiamo questa strage". Ma la politica ha smesso di parlare del problema

Marzia Rebuzzi, bambina di 5 anni affetta da tumore al cervello, è deceduta ieri. Sette anni fa la stessa sorte era toccata al cugino Alessandro Rebuzzi, morto a causa di fibrosi cistica. Due drammi, che diventano ancora più tragici se si considera lo scenario in cui sono avvenuti: Taranto. "Fermiamo questa strage", ha scritto su Facebook l'associazione Genitori Tarantini Ets, riconducendo i due decessi ai fumi tossici che ormai da decenni inquinano la città pugliese, con tutte le conseguenze del caso sulla salute dei suoi cittadini. Un’indagine dei periti incaricati dalla Procura ha stabilito che tra il 2004 e il 2010 sono state 11550 le morti nelle zone limitrofe alla fabbrica, la metà per malattie cardio-vascolari o respiratorie, mentre l’associazione Contramianto parla di 472 morti per mesotelioma e circa mille tumori. Il rapporto I tumori in provincia di Taranto 2017 sottolinea invece che dal 2006 al 2012 nel territorio tarantino sono stati registrati 21.313 nuovi casi di cancro, una cifra decisamente più alta delle altre province italiane. I dati degli ultimi anni non sono ancora disponibili, l’unica certezza però è che l’odissea dell’ex Ilva non è finita. Oltre alla piccola Marzia, è dello scorso mese la morte del 15enne Giorgio Di Ponzio, ucciso da un sarcoma.

Negli anni scorsi, un Movimento 5 stelle da sempre attento alle questione ambientali aveva più volte promesso che in caso fosse salito al governo si sarebbe da subito adoperato per la chiusura dell’impianto siderurgico. Anche per questo, alle elezioni del 4 marzo 2018 i pentastellati hanno riportato un sensazionale 47% di preferenze. A settembre è però avvenuto quello che molti in città hanno definito il “tradimento a Cinque Stelle”: la firma dell’accordo di occupazione tra i sindacati e la nuova proprietà dell’impianto, Arcelor Mittal, avvallato da quel Luigi Di Maio che fino a pochi mesi prima diceva di voler annullare la gara per l’acquisizione dell’Ilva vinta dal colosso franco-indiano e che, appunto, si sarebbe andati verso la chiusura dell’impianto. Il primo novembre 2018 l’Ilva ha invece cambiato definitivamente proprietà, con tanto di rimozione e sostituzione dell’insegna storica.

Mentre a livello istituzionale si discutevano accordi e contro-accordi, i fumi hanno continuato a intossicare la città. Le scuole sono state chiuse più volte durante i cosiddetti wind days, quei giorni cioè in cui il vento arriva da Nord e Ovest a una velocità ≥ 7 m/s, trasportando le polveri dell’ex Ilva in città più di quanto già non succeda nei giorni normali. E il livello di inquinamento non sembra essere diminuito, anzi. Come ha denunciato l’associazione Peacelink, analizzando i dati registrati dalle centraline di monitoraggio dell'Arpa, da quando c’è la nuova proprietà le emissioni inquinanti sono aumentate rispetto ai tempi dell’Ilva commissariata. In particolare, si sottolineano picchi di sostanze pericolose come Ipa, benzene, idrogeno solforato, pm10 e pm2,5.Valori derivano proprio dall’aumento della produzione degli ultimi mesi, dopo che per anni si stava producendo a ritmi bassi. Questo stona con le dichiarazioni di Di Maio che a settembre aveva promesso l’installazione di nuove tecnologie che avrebbero ridotto del 20% le emissioni nocive.

La sensazione è che sull’ex Ilva si sia giocata una partita puramente elettorale. Tante promesse, di quelle che la cittadinanza locale si sente fare da decenni, poi tradite sul più bello. L’annullamento della gara, la chiusura dell’impianto, è su queste direttive che il Movimento Cinque Stelle ha cercato di fare breccia nell’elettorato tarantino, consapevole però dell’impraticabilità dei suoi annunci. La settimana scorsa Beppe Grillo è stato contestato in Puglia dalla base pentastellata delusa, mentre i consiglieri comunali eletti nelle fila del Movimento Cinque Stelle al Comune di Taranto hanno rassegnato le proprie dimissioni. Oggi Di Maio, dopo i proclami degli ultimi anni, ha smesso di parlare dell’Ilva. È un argomento che non tira più, affrontarlo significherebbe dover rendere conto dei propri fallimenti. Anche nella legge di bilancio, a tante promesse sono corrisposte poche misure concrete per la città pugliese. Dove intanto si continua a morire, in un costante grido di allarme per una tragedia che va avanti da troppo tempo. Due scuole materne resteranno chiuse per tutto il mese di marzo, per controlli relativi all’inquinamento dell’area.

Nonostante gli slogan e i proclami dall’alto, Taranto resta una città in cui ai bambini viene tolto ogni diritto basilare. Quello allo studio, ma anche quello alla vita, come mostra la storia della piccola Marzia.