Liam Neeson, le dichiarazioni razziste e le antenne troppo rizzate

Un complicato episodio nella vita dell'attore ha scatenato una campagna d'indignazione irrazionale, simile a quella legata alle banane di Meghan Markle

Durante la prima serata del festival di Sanremo, Pierfrancesco Favino, peraltro protagonista di uno dei pochi momenti brillanti in una serata altrimenti piatta, ritrovatosi stretto fra i due Claudi (Baglioni e Bisio), ha detto ammiccante una cosa del tipo "Non è che mi piaccia molto come situazione": per un attimo si è temuto l'apocalisse Twitter di critiche alla presunta omofobia, per fortuna non scatenatasi. Diciamo per fortuna perché ormai basta veramente pochissimo per provocare la bufera dell'indignazione. Ne sa qualcosa, ma con colpe più gravi o perlomeno complesse, Liam Neeson, al centro in questi giorni di uno dei pr disaster più furiosi degli ultimi tempi.

L'attore, che negli ultimi anni ha ridato notevole slancio alla sua carriera grazie a un'inaspettata svolta action con film come Taken, è in queste settimane alle prese con la promozione della sua ultima fatica, Un uomo tranquillo. E in mezzo alle tante interviste, ecco che scoppia la bomba: Neeson racconta all'Independent che anni fa una sua amica gli disse di una violenza sessuale subita da un uomo di colore. La reazione che l'uomo confida fu quella di rabbia e sentimento di vendetta: "Andavo in giro per quelle zone [dove vivano le persone di colore] con un manganello, sperando di essere approcciato da qualcuno - mi vergogno a dirlo - l'ho fatto per una settimana forse, sperando di imbattermi in un [aperte virgolette con le mani] 'nero bastardo'".

A questo punto immaginiamo già agenti e uffici stampa cadere a terra svenuti. Neeson continua l'intervista dicendo: "È stato orribile, orribile, a pensarci ora. Non l'ho mai ammesso prima. È terribile, ma ho imparato una lezione". Questa seconda parte delle dichiarazioni però non l'ha considerata più nessuno: subito i titoli dei giornali hanno riportato, semplificando, la confessione dell'attore gettandolo sostanzialmente in pasto al solito cortocircuito di indignazione immediata. Come al solito, pochissimi hanno letto le dichiarazioni originali ("Tutti noi presenti sapevamo che si trattava di un'ammissione angosciata", dice la giornalista che l'ha raccolta) e tutti si sono lanciati al gioco al piattello che è il giudizio facile.

I risultati non si sono fatti attendere. La pioggia di commenti adirati sul web hanno annullato qualsiasi tipo di attenzione sul film in promozione, addirittura la produzione ha deciso di cancellare il red carpet della prima americana e di bloccare un'intervista al Late Show di Colbert. Ora ci sono delle petizioni che chiedono di rimuovere digitalmente Neeson dal suo prossimo film in uscita, l'importantissimo per ragioni commerciali Men in Black: International. Nel frattempo l'attore si è precipitato in un seguitissimo programma del mattino negli Stati Uniti, Good Morning America, per metterci una pezza: "Stavo cercando di mostrare onore e di difendere una cara amica in un modo terribile e medievale, sono abbastanza intelligente però e mi traumatizzò realizzare di aver provato quelle sensazioni terribili", si è affrettato a precisare, prima di dire che in seguito a quella rabbia improvvisa si è rivolto anche a un prete.

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Ma c'è già tutto nell'intervista dell'Independent (online c'è l'audio originale): "Sono cresciuto nell'Irlanda del Nord durante i Troubles [i conflitti per l'indipendenza nordirlandese, ndr] e comprendo la sete di vendetta, ma questa non porta altro che ad altra vendetta, ad altre uccisioni e altre ancora, e l'Irlanda del Nord ne è una prova". Quello di Neeson è dunque un confuso e goffissimo tentativo di parlare del concetto di vendetta, peraltro al centro dello stesso film di cui è protagonista: Un uomo tranquillo è la storia di un cittadino modello che s'improvvisa vendicatore dopo l'uccisione del figlio. In modo non troppo lineare, l'attore cerca di dire che d'istinto la violenza sembra una soluzione plausibile, ma ragionandosi sopra non lo è: "Tutto ciò che accade nel mondo, la violenza, ne è una prova. Ma capisco l'istinto primario", dice nella stessa intervista, forse commettendo un passo falso qui sì imperdonabile.

Ripetiamolo, nel suo modo da attore brusco e non troppo attento alle parole, Liam Neeson ha in sostanza cercato di illustrare un episodio della sua vita, peraltro drammatico, che lo ha portato a realizzare che l'odio soprattutto venato di razzismo non ha senso: ma invece di porsi come un paladino già da sempre fatto e finito, ha tenuto a precisare che ha dovuto attraversare e vincere un istinto irrazionale. Al netto della goffaggine, appunto, è una confessione così oltraggiosa da condividere? O forse tutti noi possiamo imparare qualcosa così come dai nostri errori? (Se proprio vogliamo rimproverargli qualcosa, al caro Neeson, sono i film inutiloni intrisi di antiquato machismo armaiolo.)

(foto: Getty)

Ma l'esposizione mediatica di oggi non conosce alcun tipo di misericordia: dici qualcosa di ambiguo e vieni subito ridicolizzato o ostracizzato. Un caso simile è quello delle banane di Meghan Markle: fra le tante accuse rivolte alla neo-duchessa negli ultimi tempi, anche quella di aver scritto dei messaggi ispirazionali ("You're strong", "You are special") su delle banane distribuite nei pasti rivolti a delle ex donne di strada in una comunità di recupero. Una goffaggine irrimediabile dal punto di vista dei crismi della buona comunicazione, ma forse un gesto di compassione spontanea che sono costate all'ex attrice una valanga di critiche, derisioni e insulti (come se lei stessa non fosse già oggetto di un'imponente campagna di calcolatissima e continua denigrazione).

Non ci sono conclusioni ben definite a questo discorso: sia Neeson sia Markle, dall'alto della loro rilevante posizione nel discorso pubblico, dovrebbero soppesare azioni e parole con un'attenzione ancora più alta; eppure non si può umanamente sottovalutare le buone intenzioni immediate, spontanee, irrinunciabili. Siamo talmente tutti così suscettibili e iperricettivi, sempre con le antenne rizzate pronti a difenderci dall'ennesimo sopruso, che dimentichiamo una comprensione più empatica e ragionata. Questa volta a Favino è andata bene, nell'attesa della prossima campagna d'indignazione.