McMafia ci spiega che anche la mafia, come la società, si è fatta liquida

La mini serie in otto puntate, disponibile su Amazon Prime Video, ci racconta la storia di un apprendistato al male che è fatto più di tasti digitati al computer che di grilletti premuti

McMafia è una mini serie britannica e statunitense ispirata al romanzo McMafia. Droga, armi, essere umani: viaggio attraverso il nuovo crimine organizzato globale di Misha Glenny e prodotta da Hossein Amini e James Watkins. In Italia è partita su Amazon il 2 gennaio e oggi la si può vedere per intero. Come dice il titolo, si parla di mafia, ma il termine non è più connotativo dell’onorata società, l’associazione criminale siciliana esportata in America che al cinema fu narrata più e più volte. Qui mafia è termine generico, usato per indicare il riciclo di denaro, gli spostamenti di carichi di droga da un continente all’altro, operazioni illecite che avvengono col finanziamento di fondi oscuri. Le zone d’ombra che costellano a macchia di leopardo il tessuto della finanza. Questo spostamento di denaro sporco avviene di computer in computer, di ufficio in ufficio e trova i suoi punti di snodo nelle capitali della finanza come Londra, che è anche la seconda patria di molti russi ricchi.

Russo è, difatti, il protagonista, Alex Godman (James Norton), giovane brillante, figlio di Dimitri Godman (Aleksey Serebryakov), gangster moscovita costretto all’esilio londinese. Alex cresce come un ragazzo inglese della buona società, frequentando l’università, aprendo un proprio studio di consulenza finanziaria e operando nella più stretta legalità fino a quando il suo lavoro, proprio a causa delle origini russe, in un momento di difficoltà si trova a corto di finanziatori. Questi problemi coincidono con un ritorno della violenza nel seno della sua famiglia, minacciata da quelle rivali. A questo punto, il destino di Alex si biforca: da una parte prosegue nella strada della legalità, una strada allietata dalla presenza della fidanzata inglese che lo ama anche per la sua onestà, ma adombrata dalla certezza che le sue origini lo penalizzeranno sempre agli occhi del mondo britannico; dall’altra una strada più oscura come le sue origini, quella dell’illegalità, del riciclo di denaro e del regolamento di conti della mafia russa che affonda le radici in madrepatria e allunga i suoi artigli in tutto il mondo.

Queste, senza spoiler, le premesse di una serie tv bella, dallo sviluppo lineare, teso che cattura l’attenzione del pubblico dalla prima all’ottava puntata, l'ultima. La figura di Alex non può non ricordare quella di un altro eroe (negativo) del cinema che ha indagato la criminalità organizzata: Michael Corleone, interpretato da un giovane Al Pacino. In McMafia, come nel Padrino, troviamo un eroe giovane, vergine, per così dire, al male, e allo stesso tempo ad esso predestinato perché nel male è cresciuto pur ignorandolo, dal male è stato partorito. La differenza la fanno i tempi. Se la mafia italoamericana non faticava a riconoscersi nelle atrocità che commetteva, nei nemici crivellati in auto, torturati nei retrobottega dei ristoranti e seppelliti sotto colate di cemento, quella russa o, più genericamente, la mafia contemporanea riesce a godere, almeno per un certo periodo, di un'illusione di estraneità dal crimine di cui è la causa scatenante perché quello stesso crimine passa da gesti poco eclanati e assolutamente quotidiani come digitare un tasto al computer che autorizzi il trasferimento di un fondo finanziario. Oltre alla trama, fa grande questa serie un cast di tutto rispetto in cui primeggia David Strathairn (ricordate il capo corrotto dell'FBI in The Bourne Ultimatum?) nei panni di Semiyon Kleiman, politico e affarista israeliano.

Il male, insomma, si è fatto liquido, come tutto il resto, questo ci spiega McMafia, ma ci spiega anche che per quanto spacchettato e atomzzato nella nebulosa di dat che fluisce tra un server e l'altro e ibridato con operazioni finanziarie appaentemente lecite, il male torna sempre, nella sua forma tradizionale: proiettili che tagliano l'aria, vite che vengono spezate.